RUGGERO MASTROIANNI BLOCK NOTES DI UN MONTATORE ( archivio film)

ASSISTENTE AL MONTAGGIO

 

1953 : GIORNI D’AMORE  regia di Giuseppe De Santis

In un paesino del Basso Lazio due giovani poveri contadini, Angela e Pasquale, rimandano continuamente le nozze non avendo i mezzi per sostenere le spese che una cerimonia di matrimonio comporterebbe. Le due famiglie, molto amiche tra loro, dopo aver discusso di un eventuale matrimonio e fatti un po' di conti spingono Pasquale a rapire Angela in modo che la ragazza diverrebbe compromessa e fosse a quel punto necessario il classico matrimonio riparatore, evitando così una fastosa cerimonia nuziale. Durante la fuitina però le cose si complicano, le due famiglie che dovrebbero far finta di litigare litigano veramente e Angela non ha intenzione di concedersi a Pasquale. Alla fine però il piano ideato si concretizza e i due giovani innamorati si sposano.



1957: LA LEGGE E’ LEGGE regia di Christian – Jacque

Nel paesino immaginario di Assola, letteralmente diviso a metà dal confine del dipartimento francese delle Alpi Marittime e della provincia italiana di Cuneo, vivono il contrabbandiere napoletano Giuseppe La Paglia ed il doganiere francese Ferdinand Pastorelli. Nel giorno della festa cittadina della parte francese, Ferdinand arresta Giuseppe recandosi con lui all'Albergo delle due frontiere, il motel cittadino avente la curiosa attrazione turistica d'esser stato edificato proprio in corrispondenza della frontiera italo-francese. Una volta lì, Giuseppe scopre che Ferdinand è nato da padre ignoto e da madre italiana nella cucina del ristorante che si trova nella parte italiana dell'albergo. Dunque, seppur registrato al municipio francese, il doganiere sarebbe in realtà italiano e pertanto impossibilitato a esercitare la professione. Effettuando una successiva verifica presso il comune di Assola, Ferdinand viene a sapere che chi denunciò la sua nascita, Gaspard Donadieu, proprietario dell'Albergo delle due frontiere, avrebbe dovuto farlo al municipio italiano e non a quello francese. Lo stesso Donadieu rivela a Ferdinand di essersi recato al municipio francese perché quel giorno pioveva a dirotto ed era più vicino all'albergo rispetto a quello italiano.

Rischiando di perdere il lavoro, Ferdinand, su consiglio proprio di Giuseppe, si fa accompagnare da quest'ultimo al municipio italiano per richiedere la carta d'identità italiana, propedeutica a una successiva naturalizzazione francese. Tuttavia, secondo l'onorevole Bonnefonde, deputato transalpino di Assola e amico del suocero di Ferdinand, l'essere divenuto cittadino italiano a tutti gli effetti gli impedisce di riottenere la cittadinanza francese e inoltre comporta i reati di usurpazione di identità, falso e uso di falso. Di conseguenza, viene a cadere il suo secondo matrimonio con Hélène, e il figlio avuto insieme a lei diventa automaticamente di padre ignoto. Vedendo arrivare a casa i gendarmi francesi, e temendo di essere arrestato di lì a poco, Ferdinand scappa prima che questi possano consegnargli il permesso di soggiorno in territorio transalpino.

Nel frattempo, i carabinieri italiani vengono inviati su ordine della Prefettura di Cuneo da Giuseppe, chiedendogli qualunque notizia possibile su Ferdinand. Inizialmente titubante, il contrabbandiere, in cambio dell'anonimato, svela ogni elemento riguardante l'amico che infatti viene puntualmente posto in stato di fermo. Con lui anche la prima moglie Antonietta, ora coniugata con Giuseppe: secondo la legge italiana, che all'epoca non prevede il divorzio, i due risultano infatti ancora sposati e dunque Antonietta è colpevole di bigamia. Dopo indicazioni ricevute dalla Prefettura, il maresciallo dei carabinieri Marozzi acconsente alla liberazione sia di Antonietta che di Ferdinand, ma il doganiere viene poi nuovamente trattenuto poiché, avendo combattuto durante la guerra per i francesi anziché per gli italiani, risulta disertore. Tornato in camera di sicurezza, vi trova Giuseppe fattosi arrestare per non lasciare la moglie da sola in cella con l'ex-marito. Punto nell'orgoglio nel sentirsi definire disertore, Ferdinand tenta il suicidio ma viene convinto a desistere da Giuseppe, e infine è nuovamente liberato da Marozzi, il quale ha riesaminato la pratica scoprendo che Ferdinand non è un disertore: avendo infatti svolto servizio militare all'estero senza autorizzazione del suo Governo, è automaticamente decaduto dalla nazionalità italiana.

Ricondotto al confine per essere rimandato in Francia, in quanto non italiano, si vede tuttavia bloccato dal maresciallo Malandain, capo della Gendarmerie, perché è senza documenti e, perciò, non può rientrare in Francia: Ferdinand è a tutti gli effetti un senza patria. Ormai esasperato e in preda alla follia, fugge sulle montagne armato del suo fucile e, da tiratore scelto quale è, attua la sua vendetta sparando contro obiettivi ben precisi, preannunciati in una lettera inviata a Giuseppe poche ore prima. L'italiano, pur non essendo tra le vittime designate, rischia di finire nella lista qualora non dovesse portargli del cibo, e difatti si reca a tal proposito da Donadieu. Nella cantina di costui, scopre tuttavia sull'etichetta di alcune vecchie bottiglie di vino, chiamato per l'appunto "vino delle due frontiere", che nel 1919, anno di nascita di Ferdinand, la linea di confine non tagliava in due l'albergo bensì passava per una sua piccolissima parte. E la cucina, dove era nato Ferdinand, si trovava in territorio francese. È stato dunque Donadieu a spostare la frontiera per fini puramente turistici, con lo scopo di attrarre avventori. Chiarito l'equivoco, Giuseppe si reca subito da Ferdinand per annunciargli il lieto fine della vicenda, ma questi, vedendolo arrivare non distante da gendarmi e carabinieri, pensa a un tranello ordito dallo stesso Giuseppe e gli spara addosso, senza fortunatamente ferirlo. Provata la buona fede del suo amico-nemico, Ferdinand può riavere la cittadinanza francese e il suo posto di doganiere. E ricomincerà il suo duello personale e quotidiano con Giuseppe.




1957: IL MEDICO E LO STREGONE regia di Mario Monicelli

Il giovane medico Francesco Marchetti arriva a Pianetta, un paesino sperduto tra i monti, dove deve vedersela con la concorrenza di don Antonio, il 'guaritore' del posto, un ciarlano in cui tutti lì ripongono la massima fiducia. I cittadini rifiutano di sottoporsi alla vaccinazione antitifica e Francesco non riesce ad ottenere neanche l'appoggio del sindaco, che non ha il coraggio di prendere alcuna posizione. Inoltre, don Antonio è molto furbo e fa in modo che l'arrivo del giovane medico non danneggi la sua fama. Però, quando un filtro d'amore venduto da Scarafone - l'assistente di don Antonio - a una ragazza innamorata del medico, per poco non lo avvelena, Francesco ha una prima rivincita. Purtroppo, però, non ci sono prove che riconducano la pozione al guaritore e, sconfitto per l'ennesima volta, il medico si prepara tornare in città. Sarà proprio don Antonio, però, a fermarlo e a chiedergli di salvare la vita a sua figlia Clamide, che ha tentato di avvelenarsi per amore di un soldato. E forse, anche Francesco scoprirà di avere un motivo per rimanere a Pianetta, la bella Mafalda, a cui il guaritore ha dato per anni false speranze sul suo amore perduto...




1957: LE NOTTI BIANCHE regia di Luchino Visconti

Mario, un giovane impiegato dalla vita ordinaria, si trova a vagare di notte per le strade di Livorno, dopo una gita passata con la famiglia del suo capoufficio. Passeggiando alla ricerca di qualche evento fuori dall'ordinario, si imbatte in una ragazza bionda, straniera, che se ne sta da sola affacciata a un ponte che dà su un canale; la situazione incuriosisce subito Mario, il quale fa di tutto per conoscere la ragazza, che si chiama Natalia, nonostante lei si mostri inizialmente molto schiva e diffidente. Ad ogni modo, i due finiscono con l'incontrarsi la sera successiva, e così per altre ancora. Mario, che inizia a provare un sentimento profondo per la ragazza, viene a sapere da Natalia del perché la ragazza si rechi ogni notte in strada: questa, infatti, sta aspettando il ritorno dell'uomo di cui è innamorata, che le aveva promesso di tornare da lei entro un anno, dopo averla abbandonata in circostanze non del tutto chiare. Mario, condizionato dai suoi sentimenti per la ragazza, non crede nel ritorno dell'uomo; tuttavia non vuole distogliere Natalia dai suoi sogni e dalle sue aspettative, e accetta di consegnare una lettera con una richiesta di appuntamento all'uomo, che è tornato in città. Tuttavia, Mario non riesce a consegnare la lettera, e preso da rabbia e tristezza, la strappa e la getta via: questo gesto, però, lo fa sentire molto in colpa e la sera successiva cerca di evitare Natalia, che invece è ansiosa di passare del tempo con lui mentre aspetta con ansia di recarsi all'appuntamento con l'uomo di cui è innamorata. Mario cede all'entusiasmo della ragazza, e insieme vanno a ballare; insieme si divertono molto, e Mario si illude di averla distolta dalle sue speranze assurde; tuttavia, Natalia si precipita nel luogo dell'appuntamento non appena sente scoccare le dieci, ma non trovando il suo uomo, viene presa da una crisi isterica. Mario le dichiara il suo amore, ma viene respinto, così si allontana e, vagando per vicoli e ponti, viene coinvolto in una rissa. Mentre si rinfresca a una fontana, incontra Natalia, alla quale confessa il suo gesto chiedendole perdono; Natalia si mostra ormai decisa a dimenticare l'uomo dei suoi sogni, e offre a Mario la speranza di amarlo, col tempo. Egli è al settimo cielo, e la conduce per Livorno parlandole d'amore e di giorni felici da trascorrere insieme. Ma durante la loro passeggiata, sotto un'insolita nevicata, Natalia vede finalmente l'uomo che tanto aveva aspettato. Presa da un'incontenibile gioia, gli si precipita incontro e, dopo un frettoloso e desolato saluto a Mario, abbraccia il suo grande amore. Mario, rimasto di nuovo solo, torna a vagare per le strade di Livorno, insieme a un cane randagio.


1958: UN MALEDETTO IMBROGLIO regia di Pietro Germi

In un antico palazzo di Piazza Farnese avviene un furto nella casa del collezionista d'arte commendatore Anzaloni, su cui indaga il commissario Ingravallo, dedito con tutte le sue energie al proprio lavoro a costo di trascurare la vita privata. Viene sospettato Diomede, fidanzato di Assuntina, domestica della vicina di casa dell'Anzaloni Liliana Banducci; il giovane però si scagiona mostrando un valido alibi. Una settimana dopo la Banducci è assassinata nel proprio appartamento. Ingravallo viene incaricato di indagare anche su questo caso, che sospetta collegato con l'episodio precedente e dove appare ambiguo il comportamento del marito della vittima Remo Banducci, escluso dall'eredità, e quello del cugino falso medico Massimo Valdarena, che ha scoperto il delitto. I gioielli rubati all'Anzaloni vengono recuperati, ma i responsabili del furto risultano estranei all'omicidio, mentre la confessione del Banducci a proposito di una relazione con la ex cameriera di casa minorenne Virginia porta solo alla scoperta una sordida storia di ricatti, non collegata col delitto. Quando il caso sta ormai per essere archiviato, Ingravallo scopre casualmente che la chiave che Assuntina gli ha dato per entrare nella casa della vittima è una copia recente,[2] realizzando che l'originale deve trovarsi nelle mani di Diomede, il quale confessa di essere stato sorpreso dalla Banducci durante un tentativo di furto e, riconosciuto da questa, di averla uccisa preso dal panico. Il commissario fa arrestare l'assassino ma salva Assuntina dall'accusa di complicità, impietosito dalla giovane in attesa di un figlio.




1958: RASCEL MARINE regia di Guido Leoni

Nel luglio del 1944, due sottomarini statunitensi e giapponesi si trovano nelle vicinanze di una sperduta isoletta dell'Oceano Pacifico e i due sergenti impartiscono l'ordine di conquistarla. Spediscono pattuglie di sette componenti e, durante l'esplorazione, si accorgono che l'isoletta in realtà è abitata da un indigeno, che vive lì con le sue giovani figlie, il quale indica a ciascuno strade diverse per giungere alla cima dell'unica montagna. I due caporali, senza saperlo, arrivano insieme a conquistare la vetta ma, una volta che si accorgono della presenza reciproca, inizia un conflitto a fuoco che in breve degenera in un bombardamento che distrugge la capanna dove vive l'indigeno. Le due pattuglie trovano rifugio in una grotta e, costrette loro malgrado a fraternizzare, una volta terminato il bombardamento vengono obbligate dall'indigeno a costruire una nuova capanna. Durante i lavori, però, entrambi i caporali si innamorano delle due fanciulle, ricambiati; dopo aver celebrato un doppio matrimonio con rito e usanze locali cominciano schermaglie e invidie tra gli altri soldati, che rischiano di generare ulteriori conflitti e incomprensioni. La cosa rischia di protrarsi a lungo con una guerra ancora da combattere, ma sarà proprio lo scaltro e astuto indigeno a trovare la soluzione per accontentare tutti. Quando arriva la notizia che la guerra è finita, prenderanno una decisione. Anni più tardi le due delegazioni americane e giapponese arrivano all'isoletta per una commemorazione credendo i loro soldati tutti scomparsi: senza farsi notare, e commuovendosi, gli stessi soldati protagonisti di quell'avventura, che hanno trasformato quel luogo in un posto pacifico, osserveranno con le loro mogli la cerimonia in loro ricordo.

 

 


1959: IL BELL’ANTONIO regia di Mauro Bolognini

 l giovane catanese Antonio Magnano torna a casa dei genitori dopo aver studiato e vissuto a Roma. Bello ed elegante, Antonio è assai ambito dalle ragazze; per di più la sua famiglia ha fama di avere componenti molto "virili". Il padre chiede al figlio Antonio, prossimo ai trent'anni, di abbandonare la vita da scapolo e di prender moglie, indicando Barbara, la figlia del notaio Puglisi, quale donna ideale in quanto "ben fatta, onesta e ricca". A una festa suo cugino Edoardo gli mostra per la prima volta la fotografia di Barbara Puglisi: Antonio viene immediatamente conquistato dalla sua bellezza. Tornato a casa, Antonio sveglia i genitori e annuncia loro immediatamente la sua intenzione di sposarla. I genitori, soprattutto il padre Alfio, si congratulano per la scelta di una ragazza seria e di buona famiglia. Un ruolo di prima importanza per questo matrimonio, combinato dalle famiglie, è lo scambio di favori tra le due parti, che siano legali oppure no. Dopo le nozze, nei primi mesi gli sposini si dimostrano grande affetto, anche se non vanno oltre baci appassionati, ma dopo un anno dal matrimonio si presenta a casa Magnano il padre di Barbara, che si lamenta con don Alfio del fatto che la figlia sia ancora vergine. Incredulo, il cavaliere lo scaccia e subito telefona al figlio per sincerarsi che quelle del consuocero siano solo basse insinuazioni. Antonio conferma da parte sua che le cose vanno bene. La famiglia di Barbara era venuta a sapere parecchi mesi prima che il matrimonio non era stato consumato, ma non aveva ritenuto opportuno intervenire. Solo in un secondo tempo, quando si presenta l'occasione di combinare un matrimonio finanziariamente più vantaggioso, il padre di Barbara, senza che né Antonio né la sua famiglia sappiano niente, procede presso la Sacra Rota per far annullare il matrimonio perché non consumato, per di più con il consenso di Barbara, per la quale si è anche trovato un nuovo pretendente di ricca famiglia, il Duca di Bronte. Antonio è in collera con il suocero e ora si trova respinto anche dalla moglie, che gli rivela che non lo considera più suo marito. Sconvolto, non può far altro che sfogarsi con Edoardo, suo cugino nonché migliore amico, al quale rivela le sue prime infelici passioni a Roma, vanificate dall'impotenza, che un tempo non si verificava, però, accompagnandosi con donne che non amava; con Barbara, di cui si era subito innamorato, era convinto che le cose avrebbero funzionato. Arriva comunque il giorno in cui il legame sponsale viene annullato e Barbara sposa il ricco duca, lasciando Antonio nello sconforto e Alfio nella rabbia, che lo porterà, per orgoglio virile e familiare, ad accompagnarsi la sera stessa con una prostituta, morendo d'infarto. Poco tempo dopo Santuzza, la giovane servetta di casa Magnano, rimane incinta e la madre di Antonio, interrogandosi su chi possa essere il padre, si volta verso il figlio, e lui le lascia credere quello che desidera. Rosaria, colma di gioia, annuncia le prossime nozze del figlio con la ragazza, anche e soprattutto per ristabilire l'onore della famiglia (è questa una vicenda che non trova riscontro nel libro). Antonio è ancora innamorato di Barbara e non può che vivere nel suo struggente ricordo. L'ipotesi più probabile è che il padre del nascituro sia il cugino. Si tratta di una gravidanza che arriva al momento opportuno: la servetta avrà un marito, il figlio avrà un padre, Antonio e la famiglia godranno di un improvviso salvataggio del loro onore di fronte alla società.






MONTATORE

1959 VENTO DEL SUD regia di Enzo Provenzale

Antonio, un giovane operaio siciliano appena rientrato dal servizio militare, che lavora nelle saline trapanesi, dopo aver appreso della morte del padre ufficialmente avvenuta in circostanze misteriose, ma in realtà a causa di un regolamento di conti (dopo essere stato legato e stordito viene investito da un trattore), è incaricato dalla mafia di eseguire l'omicidio di un nobile del luogo, il marchese Macrì. Il pretesto è un guasto alla centralina elettrica che fornisce luce alla villa; mentre la ripara, gli viene fornito un fucile e, quando il marchese compie la consueta passeggiata serale, si apposta per adempiere al suo compito, ma all'ultimo momento viene preso da scrupoli di coscienza e non spara

Dopo aver distrutto l'arma, conosce la figlia del marchese, Grazia, che vuole sfuggire all'atmosfera opprimente della casa; sua sorella Deodata, dopo avere letto furtivamente il suo diario, la accusa apertamente di averle soffiato il fidanzato col quale era in procinto di sposarsi. Entrambi fuggono a Palermo, e Antonio si presenta al suo padrino con l'intenzione di sistemarsi, mentre Grazia si sistema presso una coppia di baroni suoi cugini.

Le notizie dello sgarro compiuto da lui e il matrimonio mancato di Deodata raggiungono presto le orecchie degli interessati. Pertanto, cercano di prendere una nave per arrivare alla penisola, ma per alcune circostanze non riescono nell'intento. Grazia si innamora di Antonio, e passano la notte insieme in una pensione di second'ordine. Il mattino seguente il giovane viene presto scoperto dai sicari e, per non rivelare alla ragazza di essere implicato nella losca vicenda, è costretto a dirle una bugia (che non le vuole bene) e la lascia da sola.

Deodata, avvisata dal barone, arriva in città decisa a riportare Grazia indietro per paura di compromettersi in uno scandalo ma lei, rimasta in sottoveste e distrutta dal dolore di essere stata abbandonata, decide di suicidarsi gettandosi giù dalla tromba delle scale della pensione. Quando Antonio viene a sapere dell'accaduto, accusa apertamente i suoi persecutori della morte della ragazza ma viene ucciso con alcuni colpi di pistola nel mezzo di una piazza. L'inchiesta viene chiusa frettolosamente: i mandanti risultano ignoti.

 




1960 I DELFINI regia di Citto Maselli

In una cittadina di provincia dell'Italia centrale, i cosiddetti "delfini" (dal titolo ereditario del Regno di Francia) sono i giovani figli della ricca borghesia industriale, che trascorrono oziosamente le loro giornate, tentando di sconfiggere la noia fra futili divertimenti, in attesa di iniziare a lavorare nelle floride imprese familiari e condurre la stessa vita dei genitori. Fra loro, spicca la raffinata contessa Rita Cherè, la cui ascendenza risale ai tempi della fondazione della città, poco più vecchia degli altri e modello di comportamento. Il narratore della storia, Anselmo, l'intellettuale del gruppo, è l'unico che sembri desiderare di più dalla propria vita e rifiutare quel mondo ipocrita e vuoto di valori. Quando la sua compagna, Marina, dopo l'ennesima festa ad alta gradazione alcolica ha una crisi che richiede un intervento medico ed un periodo di disintossicazione in una clinica svizzera, capisce che è il momento di cambiare. Gli altri componenti del gruppo sono la sorella di Anselmo, Elsa, dal comportamento spregiudicato, ispirato a quello della madre, il suo fatuo compagno Guglielmo, che sembra non prendere nulla sul serio. C'è poi l'arrogante Alberto, che vive pensando che ogni cosa gli sia dovuta.

Il malore di Marina li mette in contatto con il serio dottor Mario Corsi, il nuovo medico che viene dalla città. La contessa Cherè ne rimane affascinata e quando, invitatolo ad un festa, lui si presenta accompagnato dalla bella Fedora, figlia della sua affittacamere, Alberto sprezzante scommette di riuscire a sedurla quella sera stessa e riesce nell'intento: Fedora, che ha sempre guardato da lontano i "delfini" con ammirazione ed invidia, soccombe subito all'aggressivo fascino del giovane rampollo, conosciuto fino ad allora solo per il caratteristico rombo della sua Ferrari. Mario, ferito nell'orgoglio, finisce per avere una relazione con la Cherè, di breve durata perché ancora innamorato di Fedora, la quale nel frattempo ha potuto assaporare sia i pregi dell'appartenenza a quella élite privilegiata che i pesanti difetti caratteriali di Alberto. Quando tenta coraggiosamente di lasciarlo, lui le rinfaccia che, vista la sua posizione, in una cittadina così piccola, quel gesto significherà per lei rovinarsi completamente la vita, e la ragazza non può che sottomettersi nuovamente. Quando rimane incinta, Fedora si ritrova così costretta a sposare un uomo che non solo lei non ama e nemmeno stima, ma che le è addirittura ostile, perché pensa di essere stato deliberamente incastrato. 

Durante una festa data dalla Cherè prima della sua partenza per un lungo viaggio, i "delfini" scoprono che la contessa in realtà ha sempre nascosto loro la propria rovina finanziaria, che l'aveva spinta addirittura al tentativo di sposare il famigerato usuraio Ridolfi (fallito perché lui preferisce la più giovane e disponibile Elsa, che gli si concede giusto per noia), e che ora la costringe ad andarsene, per evitare il pubblico disonore. I presunti amici non nascondono il disprezzo per la sua povertà e l'abbandonano a se stessa. A questa riunione dall'esito sgradevole è presente anche Mario, che dichiara a Fedora il proprio amore e le propone di sposarlo. Lei sembra ben disposta a farlo, ma la sua determinazione viene meno quando a casa vede la madre prostrata dalla prospettiva di dover subire un nuovo scandalo, dopo quello che l'aveva segnata per tutta la vita (l'abbandono da parte del marito).

Il giorno dopo, al previsto appuntamento al caffè, il luogo di ritrovo più in vista della cittadina, per ufficializzare la nuova situazione, Fedora non si siede con Mario, che l'aspetta fiducioso ed innamorato, ma sceglie davanti a tutti Alberto. Alla fine, quello di Anselmo si rivela essere il racconto di un fallimento: il giovane è incapace di rompere l'ordine prestabilito, di uscire dai binari prefissati per il suo futuro dalla propria famiglia e dalla classe sociale cui appartiene. Così come Alberto ha sposato Fedora ed Elsa ha sposato Guglielmo, lui sposa Marina ed entra nell'azienda di famiglia.



1961 L’ASSASSINIO regia di Elio Petri

Il giovane antiquario Alfredo Martelli, di punto in bianco, viene prelevato dalla sua abitazione e accompagnato dalla Polizia in questura senza che gli venga fornita alcuna spiegazione. L'uomo attende a lungo di conoscere la ragione del fermo, finché il commissario Palumbo gli rivela che è indiziato per omicidio; è stata infatti assassinata la sua ex amante, Adalgisa De Matteis, con la quale oltretutto si era incontrato proprio la sera prima per chiederle la dilazione di un pagamento. Martelli trascorre dunque un'intera giornata a ripercorrere tutta la sua vita, fra i serrati interrogatori e controinterrogatori del commissario e un'angosciosa notte in cella, facendovi emergere via via tutta la disonestà e pochezza morale con cui s'era avvicendato per cercare di realizzarsi socialmente, fino al colpo di scena conclusivo: durante l'interrogatorio di altri testimoni, la polizia riesce a far luce completa sul caso e a scoprire il vero colpevole, per cui Alfredo può tornare finalmente libero. L'angoscia di quei drammatici momenti sembra abbia provocato in lui una salutare reazione, uno stimolo a cambiar vita, ma presto il rimorso ed il pentimento si dileguano. Il giovane antiquario tornerà quindi ad immergersi, consapevole e forse dolente, ma fatalmente rassegnato, nelle cattive abitudini di prima, come se nulla, in realtà, fosse accaduto




1961 IL DISORDINE regia di Francesco Brusati

Mario, un giovane alla ricerca di un lavoro per aiutare la madre malata, incontra diversi personaggi della borghesia di Milano. Isabella, una giovane borghese preda di una crisi isterica a causa del padre morente che non vuole vederla nonostante la ragazza stia tentando una riconciliazione con lui. Bruno, amico d'infanzia divenuto ricco e cinico. Andrea e Mali, coppia in crisi, non vogliono lasciare solo Tom, appena abbandonato dall'amante. Mali finisce a letto con Tom, provocando la rabbia di Andrea che decide di rompere con Mali. Uscendo Andrea vede arrivare l'amante di Tom che si rivela essere Bruno. Don Giuseppe, un prete disposto ad aiutare il ragazzo e la madre ma ben presto si scopre che ha abbandonato la tonaca e ospita una fauna variegata di persone a casa sua. Nonostante lo scontro Don Giuseppe vende la sua casa e invia il ricavato alla madre di Mario.

 


1961 I GIORNI CONTATI regia di Elio Petri

Roma. Cesare, stagnaro romano cinquantatreenne, dopo la prematura scomparsa della moglie si ritrova a provare la vera solitudine. Un giorno assiste in tram alla morte per infarto di un passeggero che aveva all'incirca la sua età. L'episodio turba profondamente Cesare, che lascia la sua occupazione di idraulico e, ossessionato dal pensiero di avere i giorni contati, decide di recuperare il tempo perduto. Comincia così un cammino che lo porta in posti precedentemente a lui negati per via del suo lavoro, come aeroporti e stabilimenti balneari; partecipa quindi a mostre d'arte e si mette alla ricerca degli affetti (Giulia, la sua amante di un tempo) e dei luoghi (il paese natale) dimenticati. Ma è ormai troppo tardi e ogni tentativo di riabbracciare la giovinezza svanita si rivela un fallimento. Non percependo alcuno stipendio, presto esaurisce il denaro che aveva conservato e che in parte aveva dato ad una giovane conoscente perché ella non si prostituisse. Vaga per la città ai confini della legalità, tra la piccola malavita romana e coloro che si dedicano all'accattonaggio nel tentativo di sottrarsi alle dure leggi dell'esistenza, cui, tuttavia, è costretto ad arrendersi nuovamente. Non avendo il coraggio di farsi spezzare un braccio in un tentativo di truffa ai danni della compagnia di assicurazione, si redime e torna a lavorare. Giorni dopo, assopitosi durante un viaggio di ritorno in tram, viene scosso dal controllore, ma Cesare non risponde.





1961 UN GIORNO DA LEONI regia di Nanni Loy

Roma, 8 settembre 1943: Danilo, studente universitario, evita l'arruolamento mentre il suo amico Michele, un giovane e pavido ragioniere, già su un treno diretto a Nord assieme ad altri impiegati del suo ministero, fugge e riesce a tornare a Roma, dove ha lasciato la fidanzata Ida. Vinto dalla paura, tuttavia, si unisce a Danilo per cercare di superare la linea Gustav. Per caso conoscono Gino, che si aggrega ai due amici quando il treno della ferrovia Roma-Fiuggi-Alatri sul quale viaggiano viene fermato dai Tedeschi. I tre si rifugiano in una cantina, adibita a "covo" di un gruppo di ex-soldati, comandati da Orlando. I militari vengono poi raggiunti dal partigiano Edoardo, che dà loro il compito di far saltare un ponte utilizzato dalle truppe tedesche per ricevere rifornimenti. Procuratosi l'esplosivo necessario al sabotaggio, il gruppo si disperde però alla notizia della cattura di Edoardo da parte dei Tedeschi. Danilo, Michele e Gino tornano a Roma, dove vengono a conoscenza della morte di Edoardo, che ha affidato ai compagni il compimento del sabotaggio. Profondamente maturati, i tre giovani protagonisti decidono di portare a termine la missione: riunitisi ad Orlando, riusciranno a far saltare il ponte. Nell'operazione, Michele perderà la vita, riscattando con un gesto da vero eroe una vita vissuta nel terrore.



1961 GIORNO PER GIORNO DISPERATAMENTE regia di Alfredo Giannetti

La malattia mentale che ha colpito il giovane Dario, uno dei due figli della famiglia Dominici che vive in un palazzo popolare di Roma, sconvolge la vita di tutti i suoi componenti. La madre, Tilde, non si rassegna alla follia del figlio e trascura il marito, Pietro, e l'altro figlio, Gabriele, per prestare ogni cura al figlio malato. Durante una crisi particolarmente grave, Dario viene nuovamente trasportato in manicomio e Tilde pretende di destinare tutto il denaro di cui la famiglia dispone per dare mance agli infermieri affinché trattino con particolare riguardo il figlio ricoverato. Il marito Pietro, che fa il sarto, non riesce ad opporsi a questa ossessione della moglie, cercando però di sottrarre l'altro figlio, Gabriele, al cupo clima di dolore che aleggia sulla famiglia e che rischia di condizionarne il futuro. Per questo gli trova un lavoro presso un suo cliente che ha una impresa edile. Qui Gabriele si innamora di Marcella, una sua collega più anziana di lui, la quale, però, pur volendogli bene, alla fine gli preferirà il ricco principale. Tilde, in un ultimo disperato tentativo di guarire Dario, lo fa uscire dal manicomio per portarlo a Vienna, dove si illude di potergli fare seguire una nuova cura miracolosa. Ma, dopo un apparente miglioramento ed ancora prima di partire, Dario ha una nuova terribile crisi, nel corso della quale minaccia di morte la madre, mentre Gabriele, sconvolto dal dolore, scopre di desiderare che il fratello muoia. Dario tornerà di nuovo in manicomio, questa volta senza speranza, e la madre, disperata, muore per un attacco cardiaco. Pietro, rimasto solo, continuerà ad occuparsi di Dario, ma nel frattempo è riuscito nel suo intento di allontanare Gabriele e questo gli dà la forza di continuare.




1962 I BASILISCHI regia di Lina Wertmuller

Francesco, Sergio e Antonio sono tre giovani privilegiati che vivono in un tipico paesino di provincia, Minervino Murge (allora BA, oggi BT), situato tra la Puglia e la Basilicata: il film è il ritratto della loro vita, ormai troppo intrisa di apatia e provincialismo, per poter far loro desiderare davvero di spiccare il volo verso mete più stimolanti. Infatti, quando un giorno la zia di Antonio, svogliato studente universitario, gli offrirà di andare ad abitare da lei a Roma trasferendo l'iscrizione dall'Università di Bari a quella della capitale, dopo poco tempo egli rinuncerà e farà ritorno al paese, incapace di abbandonare pregiudizi, luoghi comuni e rituali della provincia natia, ormai irreversibilmente radicati nel suo essere.




1962 IL FIGLIO DI SPARTACUS regia di Sergio Corbucci

Durante la spedizione in Egitto, Giulio Cesare manda in Asia minore il centurione Rando che, dopo aver scoperto di essere figlio di Spartaco, guida gli schiavi ribelli contro Marco Licinio Crasso, uccisore di suo padre.




1962 IL GIORNO PIU’ CORTO regia di Sergio Corbucci

Il venditore ambulante siciliano Francesco Coppola, imparentato con un capo mafioso siciliano, in punto di morte riceve da quest'ultimo in eredità il figlio Franco Lo Grugno, inetto e pasticcione, col quale inizia una serie di rocambolesche avventure nella speranza di raggranellare qualche spicciolo per mangiare. I due alla fine si arruolano per errore nel Regio Esercito alla scoppio della grande guerra mentre si spacciano per soldati al fine di godere dei pacchi regalo dati a coloro che partono per il fronte. Dopo varie vicissitudini e momenti di tensione, i due riusciranno a far sì che i loro commilitoni sconfiggano il nemico, facendo esplodere per puro caso un cannone da 420 mm degli austriaci. I due, scambiati per austriaci, finiscono anche sotto processo di corte marziale (difesi da uno strampalato avvocato che chiede per loro la fucilazione così da consacrarli definitivamente come eroi), ma vengono infine assolti perché non riconosciuti traditori, ma anzi, involontariamente di aiuto alla causa patriottica.





1962: IL MARE regia di Peppino Patroni Griffi

Il film narra di una scabrosa tensione amorosa, ambientata a Capri, tra un attore ed una donna in vacanza, quando subentra un giovane del luogo. Fra i due comincia un gioco di silenzi e caste seduzioni fino a quando la donna non rientra con forza separando i due. Ma forse solo per poco.





1962 LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI regia di Nanni Loy

Il film descrive la rivolta popolare scoppiata a Napoli spontaneamente a seguito della fucilazione di alcuni marinai italiani il 28 settembre del 1943 e che in quattro giorni sconfisse e mise in fuga le truppe tedesche dalla città prima dell'arrivo degli Alleati. Il film è corale e vi si mescolano singoli episodi e personaggi popolari protagonisti della rivolta. Dai ragazzi fuggiti dal riformatorio per unirsi all'insurrezione al piccolo Gennarino Capuozzo che muore con una bomba in mano pronto a lanciarla sui carri armati nazisti a tanti altri personaggi, tra i quali va ricordato Adolfo Pansini.





1963 I COMPAGNI regia di Mario Monicelli

Torino, fine Ottocento. In una fabbrica tessile, l'ennesimo grave incidente spinge gli operai a richiedere migliori condizioni di lavoro. Quando la loro richiesta di ridurre l'orario di lavoro da quattordici a tredici ore viene del tutto ignorata, decidono di compiere un gesto dimostrativo, suonare la sirena di fine turno in anticipo di un'ora, che procura però una multa a tutti e una sospensione a Pautasso, l'autore materiale.

Gli operai organizzano quindi uno sciopero, approfittando dell'esperienza in materia dell'esperto professor Sinigaglia, appena giunto in città proveniente da Genova, ricercato dalla polizia per aggressione ad un pubblico ufficiale durante una manifestazione. I padroni per risolvere la situazione sono disposti a ritirare multa e sospensione e "perdonare" gli operai influenzati da "agitatori di professione", ma gli operai non possono accettare una concessione così modesta rispetto al livello ormai raggiunto dalla protesta.

Di fronte alla resistenza degli operai, che tengono duro, forti della reciproca solidarietà, i padroni arrivano a chiamare lavoratori disoccupati da un'altra città. Gli scioperanti tentano di bloccare il treno che trasporta i crumiri, ma durante gli scontri Pautasso perde tragicamente la vita. Il prof. Sinigaglia, visti i precedenti, è costretto a nascondersi e trova un accogliente rifugio nella casa della prostituta Niobe, figlia di un operaio che l'ha ripudiata per la sua scelta di vita.

I lavoratori in sciopero, dopo aver resistito un intero mese, sono ormai prossimi a cedere, ignorando di aver portato i padroni sul punto di cedere per primi. Mentre gli operai hanno già votato per la ripresa del lavoro, il prof. Sinigaglia lascia il comodo nascondiglio, rischiando l'arresto per parlare agli operai, giunge trafelato e riesce a riaccendere in loro il desiderio di proseguire la lotta con la sua appassionata retorica, che riecheggia il discorso di Marco Antonio nel Giulio Cesare di William Shakespeare. Spinti dalle parole del professore, i lavoratori marciano in corteo verso la fabbrica per occuparla. Ma la cavalleria, chiamata a difendere la fabbrica, spara sulla folla e uccide Omero, uno degli operai più giovani, appena un ragazzino, mentre Sinigaglia viene infine arrestato.

Il professor Sinigaglia, dal carcere, continua a diffondere le sue idee di progresso sociale, mentre altri lavoratori come Raoul portano avanti la lotta. Gli operai infine tornano al lavoro, sconfitti. Fra loro il fratello minore del ragazzo ucciso, che ne ha preso il posto.






1963 GLI INDIFFERENTI regia di Citto Maselli

In una piovosa Roma autunnale degli anni venti, attorno alla figura di Leo Merumeci, lucido e determinato uomo d'affari, tra difficoltà economiche, vuoti riti sociali, ipocrisie, noia e solitudine, si catalizza il disfacimento della prestigiosa famiglia borghese degli Ardengo. Dopo avere per anni assecondato, quale suo amante, le illusioni vitalistiche dell'ormai spenta Maria Grazia, la madre rimasta vedova, e sostenuto con prestiti i barcollanti assetti economici della famiglia, Leo passa all'incasso. È in possesso delle ipoteche sulla lussuosa residenza della stirpe e attraverso di esse vuole giungere sino a Carla, la giovane figlia. Non la ama, ma la sua bellezza gioverebbe alla sua immagine di uomo di successo e il nome degli Ardengo al suo prestigio sociale. L'iniziale ripugnanza di Carla verso i corteggiamenti e i convegni clandestini con l'amante di sua madre, che, non senza cinismo si definisce «quasi suo padre», cederà di fronte alla prospettiva di una vita indigente, fuori dell'unico ambiente in cui si sente in grado di sopravvivere. Venuto a conoscenza della relazione, il fratello Michele, in uno dei suoi impulsivi slanci romantici, dopo aver fallito un goffo tentativo di uccidere Leo, propone a Carla di lasciare insieme quel mondo vuoto e corrotto e costruirsi una vita altrove. Ma come lei si rassegnerà, cercando in una squallida relazione con Lisa, amica di sua madre e precedente amante di Leo, un riscatto alla sua stanca vita borghese.

 

 



 

1963: IL MAESTRO DI VIGEVANO regia di Elio Petri

Il maestro Antonio Mombelli insegna in una scuola elementare di Vigevano. La sua vita si trascina tra le miserie quotidiane, le angherìe del direttore della scuola Pereghi e le pretese della moglie Ada, una donna frustrata e insoddisfatta del modesto stile di vita che può concederle il marito. Unico amico di Antonio è il suo collega Nanini, eterno supplente. Antonio è orgoglioso di appartenere al ceto intellettuale: considera un'onta per sé e per la propria famiglia il fatto che la moglie voglia lavorare in fabbrica per arrotondare le entrate e che il figlio, spinto dalla madre, si impieghi saltuariamente come garzone. Il suo stile di vita umile gli andrebbe benissimo, se non fosse per le continue lamentele della moglie che a più riprese gli rinfaccia il successo e la ricchezza di altri concittadini. Ma Antonio non ama l'intraprendenza imprenditoriale: la rapacità e la cinica immoralità di quelli che Ada considera arrivati lo disgustano profondamente. E il suo particolare senso della 'dignità' gli impedisce di venire a patti con l'opportunismo dei più. Nonostante questo, un giorno, pur di accontentare la moglie, Antonio accetta la proposta del commendator Bugatti, un industriale del luogo a cui Ada aveva chiesto un prestito, che gli offre di saldare il debito elargendo voti belli quanto immeritati a suo figlio. Solo l'irruzione del direttore Pereghi, che coglie il maestro in flagrante, lo fa desistere dal proposito. La dignità di Antonio comincia a vacillare. E anche la sua autostima in quanto capofamiglia, specialmente da quando la moglie decide davvero di impiegarsi come operaia. Ma la vita è dura. E la disperazione della moglie - che ben presto si stanca di fare la vita dell'operaia, ma al tempo stesso non vuole tornare alle ristrettezze di prima - spinge il maestro a trovare delle soluzioni. Tutti i suoi tentativi vanno però a vuoto: prima tenta di ottenere più soldi dal Ministero, attraverso una rivendicazione sindacale; poi, si offre per tenere i ragazzi al doposcuola. Il suicidio dell'amico Nanini, bocciato per l'ennesima volta all'esame di abilitazione ed umiliato anche dagli studenti, dà il colpo di grazia al precario equilibrio di Antonio. Deciso finalmente a fuggire dalle umiliazioni che vive nell'ambiente scolastico, soprattutto ad opera di Pereghi, e a seguire le ambizioni di Ada, Antonio si risolve a dar retta a quest'ultima: lascia il suo lavoro e, con la liquidazione, apre una piccola fabbrica di scarpe gestita dalla moglie e dal cognato Carlo. Ma Antonio è negato per questa attività; e il suo improvviso successo gli fa perdere ogni prudenza. Non ha nemmeno il tempo di godersi i primi frutti, che rivela per vanagloria ad una spia in incognito della Polizia tributaria che l'azienda si procura i pellami necessari per la fabbricazione delle scarpe tramite il contrabbando. La sua nuova attività va subito all'aria. Ada e Carlo si rifanno presto, aprendo un altro laboratorio. Ma Antonio ne viene totalmente emarginato; e va in depressione, tormentato da incubi ed allucinazioni. Qualche tempo dopo, Antonio si decide a tornare ad insegnare: ne va del suo equilibrio psicologico e della sua salute. Per farlo, deve sostenere nuovamente l'esame di abilitazione per rientrare in ruolo; e così si mette a studiare duramente. Alla fine riesce brillantemente a conseguire l'idoneità. È un momento di felicità, ma la gioia dura poco: da una scritta in un bagno scolastico, apprende di essere 'cornuto' e da allora il pensiero del tradimento della moglie non lo lascia più in pace. In effetti, Ada lo tradisce con Bugatti. Antonio, ormai in preda alla gelosia, vorrebbe commettere uno sproposito e, dopo aver vanamente tentato di procurarsi una pistola, li segue e quando li vede entrare in un motel, si precipita per sorprenderli armato di un martello, ma questi riescono a svignarsela. Sulla strada di casa, però, Ada e l'amante hanno un tragico incidente e muoiono. Antonio rimane così solo, disperato, con il suo unico figlio. In autunno, riapre la scuola, riprendono le solite attività e anche le angherie del direttore. Dietro le solite routine non c'è più neanche l'orgoglio della dignità, che prima dava senso alla vita di Antonio.





1963 I MALAMONDO regia di Paolo Cavara

Un documentario sui giovani europei nell'epoca del boom economico, e sui loro diversi modi di vita. Dagli happening ai combattimenti stile gioventù bruciata, dalle mode esistenzialistiche ai ritrovi nei cimiteri.

 




1963 PECCATO NEL POMERIGGIO (ep. Alta infedeltà) regia di Elio Petri

1963 UN TENTATIVO SENTIMENTALE regia di Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa

Carla e Dino, entrambi sposati e in crisi coniugale, si incontrano nella sala d'aspetto dell'Aeroporto di Fiumicino e passano il pomeriggio insieme nella casa di lui al mare, sulla duna costiera nei pressi del Circeo. Nel momento di lasciarsi, decidono per i futuri appuntamenti, che se uno dei due deciderà di non presentarsi, la loro storia sarà finita per sempre. Nel frattempo Carla decide di lasciare il marito Giulio dopo 10 anni di matrimonio. Giulio non è contento della decisione ma parte ugualmente per New York dove lo attende un nuovo impegno lavorativo. Intanto Dino non si presenta all'appuntamento successivo, ma i due amanti si rincontrano per caso e riprendono il loro rapporto. In quello che sarà il loro ultimo appuntamento nella casa al mare si presenta inattesa la moglie di Dino, Luciana, che in un drammatico finale inviterà i due a scegliere una nuova vita mettendosi insieme; ma Dino non sarà capace di prendere una decisione radicale, rimanendo in silenzio alle argomentazioni della moglie. A questo punto Carla, amareggiata e incredula, comprende che il loro rapporto non è mai stato per Dino una cosa veramente importante, e decide pertanto di andare via per sempre.






1964 LA COSTANZA DELLA RAGIONE regia di Pasquale Festa Campanile

Bruno, un giovane idealista, vorrebbe essere assunto in una grande azienda. Il suo estremismo ostacola il suo intento. Si innamora di Lori, ma dopo la sua morte scopre di essere stato tradito. Bruno quindi ripensa al suo orientamento. Dopo l'età del sentimento, ora arriva l'età della ragione. Pertanto otterrà il desiderato posto di lavoro scendendo a compromessi.


1964 IL GENERALE ( ep. Amori pericolosi) regia di Alfredo Giannetti

1964 QUESTA VOLTA PARLIAMO DI UOMINI regia di Lina Wertmuller

In un palazzo di appartamenti un uomo (interpretato da Nino Manfredi, protagonista maschile di tutti gli episodi del film), intento a farsi la doccia, è costretto ad uscire dalla vasca da bagno quando l'acqua smette di uscire. Senza accorgersene, per via del sapone negli occhi, esce malauguratamente sul pianerottolo, quando un colpo di vento muove la porta che si richiude alle sue spalle lasciandolo sulle scale completamente nudo. Le sue peripezie faranno da filo conduttore ai quattro episodi in cui si articola il film: "Un uomo d'onore": Federico, un industriale sull'orlo del fallimento incoraggia la moglie Manuela, già cleptomane, a continuare rubare per continuare a mantenere il loro tenore di vita; "Il lanciatore di coltelli": Un artista da circo, piuttosto in là con gli anni e con problemi di vista, si esercita usando la moglie come bersaglio, già menomata dai continui sbagli dell'uomo; "Un uomo superiore": Raffaele, un professore universitario, lascia che la moglie Lilly tenti di ucciderlo per eccitarsi sessualmente; "Un brav'uomo": Un bracciante della Valle Latina non fa nulla tutto il giorno, salvo che bere con gli amici e prendere a male parole la moglie che invece si ammazza di lavoro dall'alba al tramonto.






1964 LA RAGAZZA IN PRESTITO regia di Alfredo Giannetti

Un quarantenne assillato dalla paura della vecchiaia passa intere giornate in palestra. La sua amante, che gli è vicina da molti anni, vorrebbe che la sposasse, ma lui rifiuta per non perdere la propria egoistica libertà. Abbandonato dalla compagna, si consola con un'altra.




1964 LE VOCI BIANCHE regia di Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa

Roma, metà del Settecento. Meo è un poveraccio che deve perennemente risolvere il problema della fame. La grande occasione si presenta quando un amico gli dà l'idea di sacrificare il fratello più piccolo e portarlo in un Conservatorio per castrarlo e farlo diventare una "voce bianca", in un'epoca in cui, per volere papale, le donne non potevano recitare a teatro e quindi i castrati erano tenuti in grande considerazione perché ricoprivano i ruoli femminili. I 300 scudi di compenso risolverebbero i problemi della famiglia e permetterebbero a Meo di sposarsi, ma il fratello pensa bene di scappare. Meo lo deve sostituire, visto che non può restituire i soldi e non vuole neppure essere incarcerato. Corrompendo il chirurgo, salva la sua virilità ma deve fingere continuamente di essere una voce bianca. Entrato nel bel mondo della nobiltà romana, approfitta della sua condizione per soddisfare le voglie libertine delle signore, fino a quando mette incinta la stessa ragazza che avrebbe dovuto sposare. Scoperto dal marito della nobildonna, preferisce diventare davvero un castrato stavolta, piuttosto che vedersi decapitare.





1965 ARMATA BRANCALEONE regia di Mario Monicelli

XI secolo. Durante l'incursione di un esercito di barbari teutonici in un villaggio dell'Italia centrale, un ragazzino di nome Taccone, lo scudiero Mangoldo ed il robusto Pecoro entrano in possesso di una pergamena, scritta da Ottone I il Grande, rubandola a un cavaliere da loro stessi ferito e poi gettato nel torrente ritenendolo morto. L'anziano notaio ebreo Zefirino Abacuc, che trascina sempre con sé un baule, dà lettura del documento il quale decreta, al suo legittimo possessore, la signoria sul feudo di Aurocastro in Puglia ed il giuramento di liberare tale feudo dal "nero periglio che viene da lo mare". I quattro si mettono alla ricerca di un cavaliere che li possa guidare nell'impresa e incontrano Brancaleone da Norcia, sedicente nobile cavaliere, che, inizialmente riluttante perché impegnato in un torneo dal quale uscirà miseramente sconfitto per colpa del proprio svogliato cavallo Aquilante, accetta di capeggiare la spedizione. Così quel piccolo manipolo di miserabili si mette in marcia.

Durante il viaggio per la penisola, la sgangherata armata viene coinvolta in diverse avventure: l'incontro con un principe bizantino diseredato, tale Teofilatto, che, dopo un estenuante ed infruttuoso duello con Brancaleone, si aggrega al gruppo; l'ingresso in una città apparentemente deserta che invita al saccheggio, salvo scoprirsi poi infestata dalla peste; l'arrivo del monaco Zenone (ispirato a Pietro l'eremita), diretto con dei pellegrini a Gerusalemme, al quale l'armata si unisce con la promessa di impegnarsi nell'impresa di più alto valore: liberare il Santo Sepolcro. L'attraversamento di un «cavalcone» (ponte) pericolante causa la caduta e la perdita di Pecoro, sicché Zenone pensa ad una maledizione. Scoprendo che Abacuc è di religione ebraica, il monaco gli impone il battesimo sotto una piccola cascata gelata. Tutto questo non impedisce che lo stesso monaco precipiti durante l'attraversamento di un successivo cavalcone. Rimasti privi della guida, Brancaleone e i suoi si separano dai pellegrini e si rivolgono di nuovo alla loro mèta.

Proseguendo il cammino il gruppo si inoltra in un bosco dove il cavaliere salva una giovane promessa sposa, Matelda, dalle grinfie di avidi barbari che hanno massacrato le guardie di scorta che accompagnavano la ragazza. Brancaleone uccide il capo dei manigoldi e, in seguito, lei gli presenta il proprio tutore, ferito mortalmente dai barbari, che in punto di morte fa promettere a Brancaleone di portarla in sposa al nobile Guccione. Lei però non vuole sposare Guccione e vorrebbe invece Brancaleone, ma il cavaliere - fedele ai propri ideali cavallereschi - rifiuta; la donna allora si concede - di nascosto da Brancaleone - nottetempo a Teofilatto. Dopo altri giorni di viaggio la comitiva giunge alla roccaforte di Guccione. Durante i festeggiamenti per il matrimonio di Matelda con Guccione, il nobile scopre che Matelda non è più vergine e fa di conseguenza rinchiudere Brancaleone, da lei accusato, in una gabbia. Gli amici dell'armata lo liberano, con l'aiuto di un fabbro, Mastro Zito. Questi, aggregandosi al gruppo, rivela a Brancaleone che Matelda si è fatta monaca. Il cavaliere raggiunge in fretta il monastero e, dopo aver ucciso diverse guardie di Guccione, arriva alla sua stanza, dove lei gli rivela di aver preso i voti per espiare la colpa di averlo accusato ingiustamente e di non voler rinunciare alla propria scelta. Brancaleone, sorpreso e amareggiato per la perdita del suo amore, parte quindi con i suoi amici.

Teofilatto, vedendo che sono arrivati vicino alla sua dimora, convince l'armata ad estorcere denaro alla famiglia dei Leonzi, fingendosi in ostaggio. Arrivati al castello, il gruppo viene accolto dalla famiglia dei Leonzi al completo, a detta dello stesso Teofilatto avvezza ad intrighi e raggiri. Manca solo il capofamiglia, ma durante l'attesa del suo arrivo Teodora, zia di Teofilatto e amante del nano e deforme Cippa, seduce Brancaleone che, prima di seguirla nelle sue stanze, affida ad Abacuc le trattative per il riscatto. Mentre il cavaliere subisce le passioni sadomasochiste della zia, Abacuc chiede al padre di Teofilatto il denaro per il riscatto del figlio; costui però rifiuta, disprezzando e disconoscendo quel figlio concepito con una serva e nato fuori dal matrimonio, e intima loro di andarsene in fretta, pena l'essere trafitti da frecce avvelenate. Il gruppo fugge di gran carriera assieme a Brancaleone che, ancora mezzo nudo, invece di una ricca ricompensa, si trova a dover sfuggire a morte certa.

Dopo altri giorni di viaggio Taccone e Teofilatto rincontrano Pecoro nella tana di una femmina d'orso, che lo ha salvato dopo la caduta nel precipizio, curandolo e adottandolo come proprio compagno. Dopo essere sfuggiti all'orso, portano l'amico a ricongiungersi con la comitiva. Nella fuga Abacuc cade però in acqua e si ammala. Passano alcuni giorni e, quando ormai i sei sono in vista del feudo di Aurocastro, Abacuc muore, e viene seppellito racchiuso nella cassa che lo ha sempre accompagnato.

La comitiva raggiunge quindi la roccaforte di Aurocastro e gli abitanti del luogo si affrettano a consegnare agli eroi le chiavi del castello prima di rifugiarvisi, lasciando l'armata sola a fronteggiare l'attacco da parte dei pirati Saraceni. Una volta avvistate le nere vele dei pirati, i sei si spiegano le parole della pergamena: Ottone aveva consegnato la cittadina a un feudatario che doveva salvarla dalle numerose incursioni dei pirati. Brancaleone e il suo piccolo esercito, dopo aver maldestramente tentato di tendere una trappola agli invasori, sono fatti ben presto prigionieri e condannati alla pena di morte per impalamento.

I sei vengono però liberati da un misterioso cavaliere che uccide tutti i saraceni e si rivela poi essere il cavaliere Arnolfo Mano-di-ferro, quello che Taccone e Mangoldo credevano di aver ucciso. Quale legittimo proprietario della pergamena, condanna Brancaleone e i suoi armigeri al rogo in quanto ladri e usurpatori. Di fronte agli ultimi istanti di vita, Teofilatto rivela a Brancaleone di essere stato lui ad abusare di Matelda. Quando ormai le fiamme stanno per aggredire i malcapitati, ricompare il monaco Zenone, sopravvissuto alla caduta nel fiume, il quale convince il cavaliere a liberare Brancaleone ed i suoi in quanto ancora legati alla promessa di seguirlo in Terra Santa per liberare il Santo Sepolcro.





1964: LA DECIMA VITTIMA regia di Elio Petri

In un futuro prossimo, al fine di contenere l'aggressività e la violenza, onde scongiurare qualsiasi germe di un eventuale conflitto bellico, è stata istituita una competizione a livello mondiale chiamata la Grande caccia, che conferisce ai propri iscritti la licenza di uccidere. Un computer designa delle coppie di partecipanti, nel ruolo di Cacciatore e di Vittima. Il superstite dopo dieci competizioni, svolte alternativamente nell'uno e nell'altro ruolo, entra nel Dechaton , riscuotendo un cospicuo premio in denaro, con fama, onore e privilegi.

La giovane statunitense Caroline Meredith, aspirante all'ambito titolo, deve eliminare la sua ultima vittima, un bonario Marcello Poletti. Quest'ultimo, reduce a sua volta da sei competizioni, senza dimostrare particolari capacità o impegno, è preso piuttosto dai problemi familiari, come liberarsi dell'avida moglie Lidia e dell'oppressiva amante Olga.

Caroline è seguita da una troupe televisiva con tanto di sponsor, in una sorta di reality show. La donna raggiunge Marcello, ma non intende ucciderlo immediatamente: la giovane ne ha infatti progettato l'uccisione nella cornice del Foro Romano, in accordo con la troupe e il ricco sponsor di un'immaginaria marca di the. Caroline così si spaccia per una giornalista, inscenando un'intervista in un bar panoramico dell'EUR. L'uomo tuttavia si dimostra subito sospettoso e l'abbandona. Caroline ne è comunque affascinata e lo pedina, indagando sulla sua vita privata e le sue strane abitudini.

Marcello si convince che ella sia la sua cacciatrice, ma il timore di uno spiacevole errore di persona - che gli costerebbe una lunga condanna per omicidio non autorizzato - e una crescente attrazione per lei, lo inducono a desistere da ogni tentativo di eliminazione. La vicenda ha termine nel luogo designato ma solo dopo una serie di errori grotteschi e di colpi di scena, tra i quali l'irruzione della moglie Lidia e dell'amante Olga, quando tra i due sfuma ogni intento omicida. Non resta loro che abbandonare la Caccia e fuggire su un aereo.





1965 GIULIETTA DEGLI SPIRITI regia di Federico Fellini

Giulietta Boldrini, una benestante signora dell'alta borghesia romana, trascorre le vacanze estive nella lussuosa villa di Fregene, dove, con il marito Giorgio ed alcuni amici, organizza una festa per celebrare l'anniversario del matrimonio. Il legame però non è più saldo: Giorgio infatti nasconde, dietro una cortesia distratta, l'illusione di un nuovo amore.

Giulietta ne ha la dolorosa convinzione e sente tutto il suo mondo entrare in crisi. Sua madre si preoccupa solo del proprio aspetto fisico, mentre le sorelle sono vacue e superficiali: Giulietta non ha nessuno con cui confidarsi. Partecipa quindi ad alcune sedute spiritiche e consulta anche un veggente indiano. Il consiglio della sorella la porta a un'ulteriore esperienza, particolarmente umiliante: Giorgio viene fatto seguire da investigatori che forniscono a Giulietta le prove inconfutabili del suo tradimento. Nella sua ricerca di uno sfogo, Giulietta sembra cedere alle lusinghe di una vicina, Susy, che vorrebbe introdurla in un mondo vizioso falso. In tempo, con terrore, la donna se ne ritrae e, dopo aver tentato inutilmente di parlare con l'amante del marito, trova la forza di lasciarlo uscire dalla sua vita, nascondendogli la sua consapevolezza. Con l'aiuto di una psicoanalista, tuttavia, Giulietta riesce a reagire. Alla fine, in abito bianco, va incontro al vento che soffia dal mare.






1965 MADE IN ITALY regia di Nanni Loy

Usi e costumi

Una donna sale su un treno sovraffollato. In uno scompartimento è seduto un uomo che legge un giornale; la donna chiede se c'è un posto libero, ma questi risponde che sono tutti occupati. In effetti vi sono valigie, cappelli e altri oggetti sui vari posti. Allontanatasi la donna, l'uomo si alza, chiude la porta e le tendine, sgombra gli altri posti (che erano quindi liberi) si riprende giacca, cappello e giornale e si stende per dormire. Una coppia di turisti in gita a Firenze vuole recarsi a visitare il dipinto la Madonna del Granduca di Raffaello. Chiedono indicazioni ma i vari fiorentini non hanno idea di dove si trovi, finché non incontrano una coppia di inglesi, i quali li indirizzano nel posto giusto (palazzo Pitti).

In Sicilia la salma di un defunto viene vegliata dai parenti, raccolti intorno ad una tavola imbandita. Un gruppo di amici benestanti a bordo di macchine lussuose è alla ricerca di un ristorante esclusivo in un quartiere popolare di Roma. Ne scartano parecchi perché non abbastanza "vip", poi scelgono di andare in una trattoria di ultima lega, un posto scomodo, sporco e con un servizio scadente ma tutto questo è molto chic per loro.

Sicilia. Giulio (Lando Buzzanca) è perdutamente innamorato di Rosalia (Jolanda Modio). Si vedono tutte le domeniche pomeriggio, ma lei non si lascia mai baciare. Insospettito, Giulio va da un amico carabiniere (Aldo Giuffré) e gli chiede di assumere informazioni su di lei. L'amico gli legge una serie di note piuttosto lunga, da cui emerge un quadro inquietante sull'educazione e la personalità della ragazza ma non emerge nulla sulla sua illibatezza. La domenica dopo il ragazzo l'abbraccia entusiasta e le regala l'anello di fidanzamento.

Un uomo (Walter Chiari) esce con l'amante (Lea Massari). Lei è libera fino a mezzanotte, l'ora in cui rientra il marito. L'uomo fa entrare l'amante in casa sua. Quando sono da poco passate le dieci, inventa una scusa: si deve subito recare in ospedale a trovare la madre. L'ingresso è consentito fino alle 22,30. In poco tempo si veste e manda via l'amante lasciandola semi svestita in mezzo alla strada. L'uomo vola al cinema per vedere un film americano di genere western.

Il lavoro

Un gruppo di operai portuali fa calare con una gru dal ponte di una nave alla banchina un grosso secchio contenente una sigaretta per un loro collega. In alcune scene frenetiche del film s'evince il fervore e la devozione dei fedeli durante la processione della Vara di Messina che appare in tutto il tuo splendore da minuto 27:40 a minuto 29:20. Belli alcuni scorci di Messina e le immagini della processione che scorrono rapidamente.

Napoli. Luigino deve affrontare un colloquio di lavoro; sbarbato e ben vestito si presenta in un cantiere dove viene offerto un posto come guardiano notturno. Il capomastro sarebbe anche disposto ad assumerlo, salvo poi fargli notare un muratore ridotto in pessime condizioni fisiche che non lo rendono sufficientemente produttivo, al quale vorrebbe assegnare il nuovo incarico. Luigino comprende e mestamente è costretto a dover rinunciare. Un uomo, a bordo del suo yacht, nella rada di un porto, cerca di pescare qualcosa, mentre la sua giovane compagna, che prende il sole vicino a lui, lo distrae. Gli passa davanti una barca di pescatori che rientrano al porto dopo una dura giornata di lavoro. Sorvegliano le casse con tutto il pescato e hanno un aspetto veramente stanco. Il ricco sospira: "A chi tanto e a chi niente".

(Senza dialoghi) In pochi minuti viene raccontata la giornata di un operaio che vive in provincia: sveglia all'alba, percorso in bicicletta per raggiungere la stazione, lavoro in fabbrica, pausa mensa e ripresa. Il ritorno avviene a tarda sera, quando i figli già stanno dormendo e l'uomo, mentre cena davanti allo sguardo amorevole della moglie, guarda nel vuoto rammaricato dal fatto di non poter godere neanche del calore familiare. Il signor Pira (Aldo Fabrizi) è riuscito a far laureare il figlio Claudio (Nino Castelnuovo) in Legge. Ha fatto tanti sacrifici, soprattutto da quando è rimasto solo dopo la morte della moglie. Vuole che il figlio trovi una posizione sociale elevata, quindi respinge i consigli di trovargli un lavoro impiegatizio presso un'assicurazione. Ma il figlio deve fare un anno di militare, poi la gavetta da avvocato è spietata e oltretutto al concorso per accedere alla Magistratura si classifica centoventunesimo, si sposa non ancora sistemato. Arriva finalmente il giorno della sua prima causa da avvocato; il padre si reca in tribunale solo per scoprire che è stato condannato per una vecchia multa non pagata. Rimasto deluso, viene rassicurato da Claudio circa un lavoro sicuro che sta per intraprendere. Il giovane infatti trova un impiego come insegnante di ballo.

La donna

Un contadino sta raccogliendo del fieno. Dopo aver terminato si avvicina al carretto e si scopre che si tratta di una ragazza madre, la quale inizia ad allattare il suo bambino.

Una giovane suora sta passeggiando. Quando passa davanti alla vetrina di un negozio di abiti da sposa, non riesce a trattenere le lacrime. Una donna affascinante (Virna Lisi) è frustrata dal fatto di aver dovuto sposare uomini più ricchi presso i quali lavorava come cameriera, ma quando le si ripresenta l'opportunità di vivere con l'uomo che ama davvero, non riesce ad abbandonare il lusso a cui si era abituata e lo rifiuta.

Una coppia di giovani passa la serata in una discoteca romana molto "in". Lei (Catherine Spaak) ha un accento del nord, modi di fare snob, da rampolla di buona famiglia. Lui è un semplice impiegato. All'ora convenuta la riporta a casa, fermandosi davanti ad un bel palazzo. Appena il fidanzato è ripartito, lei aspetta che se ne sia andato, poi entra dall'ingresso secondario in una sorta di scantinato, e il padre, un burino, le urla che ha sgarrato sull'orario di ritorno, le molla uno schiaffo, le rinfaccia che il giorno dopo deve andare a pulire le scale e la manda a letto. Una donna sfreccia per le strade del centro di Amalfi a bordo di una fiammante Jaguar E-Type. Passa davanti a un gruppo di giovani. Uno di loro (Jean Sorel) scommette con gli altri che riesce a prenderla. Si mette all'inseguimento a bordo di una Fiat 595 Abarth SS[2], la raggiunge e la convince a fermarsi. La vede da vicino: è una gran bella donna (Sylva Koscina) ed anche lui è un bel ragazzo. La donna lo guarda chiedendosi quali intenzioni abbia perché in fondo non le dispiace il suo corteggiamento. Dopo essere passati dal Lei al Tu, lui le vuole chiedere una cosa e la prega di non rispondergli di no. Lei accetta. Lui, tutto eccitato, le chiede se può guidare la sua Jaguar e lei rimane un po' delusa.

Cittadini, Stato e Chiesa

Un gruppo di impiegati lavora alacremente per eseguire gli ordini impartiti, attraverso l'interfono, dal proprio capo, del quale gli spettatori odono la voce, ma non possono, inizialmente, vedere la faccia. Dal tono e dai contenuti dei messaggi, sembra di sentir parlare un potente manager, molto autoritario, severo e con la mania dell'efficienza, che tratta affari finanziari o immobiliari. Solo quando l'inquadratura si sposta nell'ufficio accanto, si scopre che ci troviamo in un palazzo della Curia romana, e che il capo degli impiegati è un alto prelato (l'attore che l'interpreta è doppiato da Nino Dal Fabbro).

Un autobus che trasporta dei pensionati in gita a Roma, dopo aver attraversato ponte Milvio (all'epoca in cui fu girato il film era transitabile)[3], inizia a transitare nei pressi del ponte Flaminio, chiamato però "ponte della Vittoria" (nome fittizio). La guida ne descrive la bellezza e la costruzione con tecniche d'avanguardia. Le immagini però mostrano che non è percorribile: c'è il rischio di un cedimento strutturale.

Una donna anziana, che vive con la famiglia in una baraccopoli romana, compie un lungo cammino per andare a pregare nella basilica di San Pietro in Vaticano.

All'ingresso di un teatro molte persone accedono gratuitamente allo spettacolo, ostentando varie posizioni sociali o incarichi istituzionali senza consentire al rassegnato custode un minimo di verifica.

Il signor Attilio Lamporecchi (Nino Manfredi) si reca all'anagrafe per ritirare un certificato di residenza. Lascia la macchina in doppia fila, convinto di impiegarci al massimo cinque minuti. Invece comincia per lui un'odissea kafkiana, tra interminabili code agli sportelli che deve ripetere più e più volte, uffici chiusi o abbandonati, bolli che non si trovano, impiegati che sono al bar invece che in ufficio (e che passano quel tempo a lamentarsi del troppo lavoro che gli impongono). Alla fine, invece di impiegarci 5 minuti, ci mette un'ora. L'esito: sul calcolatore risulta che non ha mai avuto la residenza a Roma. Alle sue proteste l'impiegato risponde che «la macchina non sbaglia mai»; ma anche accanto a Lamporecchi si trova un uomo con un certificato di residenza con su scritto che lui è nato nel 1806 e si chiama Lucia. Deluso, Lamporecchi se ne va. Uscito in strada, però, non trova più la macchina che, dopo essere stata multata più volte, alla fine è stata ritirata da un automezzo dell'ACI. Lamporecchi non si scoraggia ed è disposto a ricominciare tutto da capo pur di trovare l'ufficio competente.

La famiglia

Un ragazzino si reca in un cantiere per portare un fiasco di vino ad un manovale in pausa che sta mangiando. Questi gli offre un pezzo di pane ma il bambino risponde: Ha detto mamma che l'ho già mangiato !.

Madre e figlio (rispettivamente interpretati da Tecla Scarano e Peppino De Filippo) chiudono la saracinesca del negozio dove lavorano e si avviano sottobraccio per la galleria. Nel breve tragitto si apprende che sono due strozzini e che la madre aveva allevato il figlio perché diventasse un perfetto strozzino. E a fronte della richiesta di elemosina da parte di un mendicante, Peppino rifiuta con la giustificazione: tengo 20 lire sane. Un giornalista si reca ad intervistare un capofamiglia (Guido Leontini) che vive in una baracca diroccata e isolata, privo dei benefici del progresso e senza potersi permettere neppure una televisione o una radio. Il giornalista allora domanda cosa faccia la sera per distrarsi, suscitando risate e ammiccamenti mentre spuntano dalla baracca i suoi numerosi figli.

Erminia (Rossella Falk) torna nel lussuoso palazzo dove abita solo per trovare il marito Silvio (Alberto Sordi) a letto con una signora dall'accento francese. Durante la scenata seguente si apprende che il marito è solo un cacciatore di dote che si fa mantenere. Silvio, pur non negando l'evidenza, cercherà di passare per vittima. Una mamma (Anna Magnani), insieme al marito (Andrea Checchi), la suocera e tre figli, cerca disperatamente di attraversare la strada in una capitale congestionata dal traffico per raggiungere il bar di fronte, finché, una volta arrivata a destinazione, scopre che il gelato che vuole offrire ai suoi figli (la Coppa del nonno) è finito e si può trovare nel "nuovo" bar situato dalla parte della strada da cui proveniva.





1965 UNA VERGINE PER IL PRINCIPE regia di Pasquale Festa Campanile ( co – montaggio con Otello Colangeli)

Il giovane principe Vincenzo Gonzaga ripudia la prima moglie Margherita Farnese, ottenendo l'annullamento dell'unione e, contemporaneamente, sollevando forti dubbi sulla propria virilità. Fortemente pressato dal padre a maritarsi nuovamente, allo scopo di rimpinguare le esauste casse dello stato con un matrimonio di alto lignaggio, Vincenzo indica Eleonora de' Medici come futura sposa. La potente famiglia di Eleonora, preoccupata dalle voci circa la presunta impotenza del principe, pretende una dimostrazione preventiva di virilità, da eseguire con una ragazza illibata e al cospetto di testimoni. All'uopo viene scelta la giovane popolana Giulia Albizzi  che, per la sua prestazione, verrà poi ricompensata con un marito e una dote.

1966 ADULTERIO ALL’ITALIANA regia di Pasquale Festa Campanile

Marta, dopo aver scoperto l'infedeltà del marito con Gloria, la migliore amica di Marta stessa, promette di rendergli la pariglia comportandosi allo stesso modo. Pur di scongiurare una più grave crisi matrimoniale, Franco decide di accettare l'insolito compromesso, ma si rivela subito del tutto incapace di restare in attesa e, pazzo di gelosia, decide di agire, trascinando con sé Roberto, il suo migliore amico e collega, che in realtà è da sempre innamorato di Marta. Quest'ultima finge di intrattenere una storia d'amore e dissemina la casa di "indizi compromettenti" col dichiarato scopo di far ammattire il consorte che, dopo aver reiteratamente fatto la figura dell'investigatore imbranato, ingaggia un incapace adultero. Franco si sente carico di sensi di colpa per un omicidio, che in realtà non compie, rischia un'operazione per una ulcera e viene sottoposto a una lavanda gastrica per un finto avvelenamento. Dopo varie vicissitudini, Franco, punito e pentito, ottiene il perdono della fedele Marta.





1966 FATA ARMENIA ( ep Le fate regia di Mario Monicelli)

La giovane madre Armenia (Claudia Cardinale) stravolge la vita monotona del medico (Gastone Moschin) che ha chiamato per visitare il suo bambino di pochi mesi. Armenia vive di espedienti e piccole truffe, ma si ritiene candidamente nel giusto e vuole solo il bene di suo figlio, il quale però cambia colore dei capelli troppo spesso.





1966 SPARA PIU’ FORTE NON CAPISCO regia di Eduardo De Filippo

Alberto Saporito è un venditore di fuochi artificiali che nel tempo libero realizza strane sculture. Vive insieme allo zio Nicola, uomo che da 50 anni ha smesso di parlare per protesta contro l'umanità, e che comunica solo con Alberto attraverso i botti.

Una sera Alberto incontra casualmente la bella Tania, a cui l'uomo promette di fare una scultura. Improvvisamente si sente uno scoppio: è zio Nicola, che disturba la quiete condominiale, che se la prende col povero Alberto. Quest'ultimo nel tentativo di giustificare lo zio si ritrova nella casa dei signori Cimmaruta, la cui signora Matilde fa la chiromante. Nella casa è anche presente Aniello Amitrano, una vecchia conoscenza di Alberto che lo avvisa di volerlo incontrare per quella notte. Alberto aspetta pazientemente l'uomo a casa sua, quando, improvvisamente, sente dei rumori. Non è Aniello, ma Pasquale Cimmaruta, marito di Matilde, che attraversa la casa di Alberto con una bicicletta in mano. Alberto, sentendo poi delle risa, sale fino al balcone di casa Cimmaruta e vede, all'interno della casa, zia Rosa che, con la complicità dei suoi nipoti Luigi ed Elvira, sposta un armadio e nasconde un guanto insanguinato e la cartella di Aniello Amitrano in una cassaforte. Scosso, Alberto sospetta subito che Amitrano sia stato ammazzato, così esce subito di casa e chiede un passaggio a Tania, che è lì con la sua auto. L'auto, però, è strana e lì vi si trova l'altro guanto di Aniello. Alberto arriva in casa Amitrano, qui accolto con tutti gli onori dalla di lui moglie. Ma anche la casa è strana: vi sono tutte sedie accatastate e si sta svolgendo una festa al suo interno. La moglie di Amitrano fa capire ad Alberto che il marito non è ancora rincasato, così l'uomo lascia la casa per scorgere nuovamente Pasquale Cimmaruta che nasconde alcune cose in una mattonella della strada. Alberto alza la mattonella e dentro vi trova il cappotto di Amitrano insanguinato e l'arma del delitto, un coltello. L'uomo viene però scoperto dal signor Cimmaruta che lo stende con un pugno.

Alberto si risveglia, convinto di essere svenuto per via del pugno di Cimmaruta, e corre subito alla polizia per denunciare l'intera famiglia del delitto. Così, marito, moglie, zia, figli e cameriera vengono arrestati. Solo che, quando l'uomo va a mostrare le presunte prove nascoste dietro l'armadio alla polizia, non trova nulla. Alberto lascia l'appartamento e si dirige subito in casa Amitrano, scoprendo che, al suo posto, c'è una scuola di dattilografia. Avendo compreso di aver solo sognato il presunto omicidio di Amitrano, va alla polizia per ritirare la denuncia. Qui però incontra Tania che afferma alla polizia di aver realmente dato un passaggio ad Alberto quella notte. In più è stato ritrovato un cadavere senza testa, probabilmente quello di Amitrano, e sua moglie lo riconosce. La famiglia viene scarcerata, e alla fine Tania confessa di aver testimoniato il falso, convinta che ad Alberto servisse un alibi. Una volta tornato a casa, Alberto incontra Aniello Amitrano, che non è morto ma ha solo finto di esserlo per non essere ucciso dai suoi nemici, e adesso chiede ad Alberto il suo passaporto per espatriare. Alberto riesce, però, a rinchiuderlo nella sua cantina e a telefonare alla polizia, convinto di avere la prova che scagionerà la famiglia Cimmaruta.

Zio Nicola accende una serie di botti che colpiscono tutte le case del vicinato. Alla fine, la casa di Alberto salta in aria e muore, questa volta per davvero, anche Aniello Amitrano. Svanita ormai una nuova possibilità di giustizia, ad Alberto non resta altro che fuggire lontano, assieme a Tania.





1966 SUGAR COLT regia di Franco Giraldi

Tom Cooper, chiamato anche Sugar Colt, è visitato da Pinkerton, che lo vuole per indagare sulla scomparsa, e l'eventuale sequestro, di alcuni soldati. Cooper declina, siccome ha una vita tranquilla insegnando alle donne del posto l'auto-difesa. Quando Pinkerton viene assassinato, Cooper cambia idea e va a Snake Valley travestito da medico. Egli usa il gas narcotico per sciogliere le lingue, e ottiene l'aiuto di un compagno e di due donne al saloon. Egli viene individuato e pesantemente pestato, ma alla fine libera gli ostaggi, mentre il grande capo responsabile viene eliminato.





1967 A CIASCUNO IL SUO regia di Elio Petri

In un paese della Sicilia (Cefalù in provincia di Palermo), durante una battuta di caccia vengono uccisi due uomini, il farmacista Manno e il dottor Roscio. Poiché il primo aveva ricevuto diverse lettere minatorie, a causa delle sue presunte relazioni extraconiugali, si giunge alla conclusione che l'obiettivo dell'omicidio fosse lui, mentre il secondo solo un testimone, vittima innocente. Le indagini seguono la pista del delitto d'onore e portano all'arresto del padre e dei fratelli di Rosina, servetta adolescente sedotta da Manno.

Paolo Laurana, insegnante liceale che lavora a Palermo, poco inserito nella vita di paese, con un passato di militanza comunista, considerato asociale ma innocuo dalle forze dell'ordine, è convinto che la storia non sia così semplice come appare, perché prima degli omicidi aveva potuto vedere una delle lettere minatorie ed aveva notato che le lettere di giornale con cui era composta provenivano da una copia dell'Osservatore Romano, un'improbabile lettura per gli accusati, pastori analfabeti. Rende partecipi dei propri sospetti Luisa, la vedova del dottor Roscio, forse il vero obiettivo dell'assassino, e il cugino di lei, l'avvocato Rosello, importante notabile del luogo. Mentre la prima aiuta Laurana nella sua indagine personale, Rosello accetta di prendersi carico della difesa degli innocenti agli arresti.

Laurana incontra gli unici destinatari locali del quotidiano vaticano: il curato di Sant'Amo, religioso di scarsa vocazione, votato piuttosto a salvare dalle piccole chiese di campagna oggetti artistici a favore di facoltosi collezionisti privati, che gli è d'aiuto nel capire che sotto le placide apparenze della vita del paese si nascondono intrighi pericolosi; e l'arciprete, zio di Luisa e Rosello, che li ha cresciuti come figli.

Prosegue le sue indagini a Palermo, dove l'antica amicizia con un deputato comunista gli permette di scoprire che Roscio si era recato a Roma per denunciare le attività illegali di qualcuno di cui però non aveva fatto in tempo a rivelare il nome. Presso il padre di Roscio, luminare della medicina ridotto alla cecità, trova il diario nel quale l'assassinato ha preso nota di una serie di accuse a carico dell'avvocato Rosello. Quando poi vede quest'ultimo in compagnia di Raganà, un famigerato malavitoso, si convince definitivamente che il mandante dell'omicidio sia proprio colui che è riuscito a sviare brillantemente qualsiasi sospetto con la generosa difesa dei presunti assassini.

Laurana decide di rivelare a Luisa il contenuto del diario, depositato per precauzione in una cassetta di sicurezza, esprimendole però anche le proprie perplessità sul suo stretto rapporto con il cugino. Lei ammette che da giovani erano stati sentimentalmente legati, ma lo zio arciprete aveva impedito che si potessero sposare e l'aveva costretta ad un matrimonio con un uomo che non aveva mai amato. Luisa sembra disposta, malgrado questo, a sostenerlo nelle accuse contro Rosello, e Laurana è ben pronto a credere alla donna di cui si è infatuato.

Ma questa attrazione gli è fatale: dopo essere scampato ad un primo tentativo di Rosello di liberarsi definitivamente di lui, commette l'errore di raccontare a Luisa che si è salvato solo grazie ad un bluff, vantando l'esistenza di un diario delle proprie indagini che in realtà non esiste. La donna lo tradisce abbandonandolo al proprio destino in un luogo solitario, dove viene raggiunto dai sicari che lo uccidono con dell'esplosivo.

Qualche tempo dopo, si celebra lo sfarzoso matrimonio dei cugini Rosello e Luisa. Tra i presenti alla celebrazione, c'è chi ha capito tutto degli eventi e commenta amaramente la stupidità di Laurana, vittima di un intrigo più complicato di quanto lo sprovveduto professore potesse immaginare.





1967 SEQUESTRO DI PERSONA regia di Gianfranco Mignozzi

Cristina Forti, studentessa in vacanza in Sardegna assiste al rapimento del suo ragazzo Francesco, e corre ad avvertire la polizia. Le indagini si rivelano inutili, e così, Gavino Dorgali, l'amico di Francesco, si consegna ai banditi per scoprire il loro capo.



1967 IL MARITO E’ IL MIO E L’AMMAZZO QUANDO MI PARE

Allegra, la giovane moglie di Ignazio, un vecchio musicista, incontra Leonardo, un giovane stravagante che le propone di uccidere il marito per poter vivere insieme.



1967 QUALCUNO HA TRADITO regia di Franco Prosperi

Toni, da Miami, in Florida, dove ha appena vendicato la morte di un amico uccidendo il traditore, parte per Marsiglia. E' stato convocato da Roy perché, insieme a qualche altro losco individuo, possano attuare un grosso colpo. Giunto nella città, si sente obbligato a picchiare Coco, uno dei soci, trovato in compagnia di Ann, moglie di Roy, di cui è l'amante. Successivamente incontra per caso Blondel, vecchio commilitone. I due amici, ripromettendosi di rivedersi presto, si separano. Toni rientra a casa, ma per la strada viene picchiato selvaggiamente da alcuni sconosciuti. Coco si è vendicato. Un giorno viene invitato da Blondel a cena ma, con suo disappunto deve rinunciare: è la sera in cui deve essere attuato il colpo. Il piano, preparato nei minimi particolari, riesce ma la polizia sta ad aspettare. Toni riesce a fuggire, portandosi dietro Roy che, ferito, muore prima di giungere a casa. Qualcuno ha tradito di nuovo, la sua mente va a Coco che inesorabilmente viene eliminato. Finalmente può incontrarsi con il vecchio amico Blondel. Questi è un poliziotto ed ha capito tutto fin dal principio. L'invito a cena era un tentativo per salvarlo. Toni è egli stesso l'involontario traditore: disperato e avvilito per ciò che riteneva una sacra amicizia, muore infine sotto i colpi della polizia.





1967 LO STRANIERO regia di Luchino Visconti

Arthur Mersault è un giovane impiegato che vive la sua vita in modo impassibile e uniforme; perfino la morte inaspettata della madre non gli fa provare alcuna emozione. Il protagonista ha come unica via di fuga dal mondo quotidiano una relazione carnale con la collega Marie e l'amicizia con il malvivente Raymond. Un giorno, invitato in spiaggia dallo stesso Raymond, uccide un uomo senza un motivo razionale e valido. Inizia, così, un lungo processo per capire esattamente il motivo che lo ha spinto a compiere questo gesto.





1967 TOMMY DAMMIT ( ep di Tre Passi nel delirio) Regia di Federico Fellini

Un attore alcolizzato accetta di girare un western definito "cattolico" perché gli viene offerta una Ferrari, ma ossessionato da un inconscio richiamo finirà per trovare la morte dopo una folle corsa.





1968 LA BAMBOLONA regia di Franco Giraldi

Giulio Broggini, facoltoso avvocato donnaiolo romano scapolo, si innamora di Ivana Scarapecchia, silenziosa e prosperosa popolana incontrata casualmente in un bar. L'uomo la segue ed inizia a frequentarla, tenendo nascosta agli altri la sua passione, immaginando di poterla soddisfare con facilità. È però intimorito dalla presenza di uno zio, alto funzionario del Viminale, personaggio immaginario che la scontrosa ragazza, ingenua solo nello sguardo, inventa come interlocutore per avere il controllo sul pretendente. Giulio, sempre più innamorato della ragazza, vede nel fidanzamento la soluzione ai suoi continui dinieghi: le regala un giradischi grazie al quale riesce a ottenere un breve ballo sotto il vigile controllo dei genitori di lei, la conduce a teatro assieme a loro e spera infine che il dono di un costoso anello sia accettato, anche perché il padre della ragazza è fortemente indebitato.

Il tormento ha fine con un annuncio: la gravidanza. Ivana non teme la posizione né i soldi di Giulio e gli impone il pagamento di una grossa somma per non essere accusato di violenza. La rivincita di Ivana è completa: Giulio si propone di riconoscere la falsa paternità e finisce per tradirsi in una totale mancanza d'affetto. La ragazza incassa e se ne va con il giovane fruttivendolo che si era finto carabiniere.





1968 ESCALATION regia di Roberto Faenza

Luca Lambertenghi è un giovane hippy figlio di un industrialotto. Il padre non sopporta la scelta del figlio e tenta in ogni modo, con scarso successo, di interessarlo alle sorti della sua azienda. Alla fine decide di affidare Luca a un trattamento psicologico presso una bella dottoressa, Carla Maria. Ben presto Luca si innamora della psicologa, la quale intravede in lui la possibilità di una rapida escalation sociale. I due si sposano, ma Luca si accorge che la giovane moglie non lo ama; così decide di avvelenarla con i funghi che hanno raccolto insieme durante una gita. Uccisa la moglie, Luca pratica sul cadavere un rito mistico e poi, una volta bruciato, sparge le sue ceneri. La polizia non riesce a individuare in Luca l'assassino della moglie e così il ragazzo, finalmente integrato nella società, può prendere il posto del padre alla guida dell'azienda di famiglia.







1968 LA RAGAZZA CON LA PISTOLA regia di Mario Monicelli

Assunta Patané, una giovane siciliana segretamente innamorata del compaesano Vincenzo Macaluso, viene sequestrata e condotta in una masseria, dove i due consumano una notte d'amore. La mattina dopo l'uomo fugge in Scozia onde evitare il matrimonio riparatore. Caduta in disgrazia, la ragazza è costretta a cercarlo per ripagare l'onta. Giunta nel Regno Unito, Vincenzo apprende del suo arrivo e fugge puntualmente per tutta la vicenda. La ragazza oltre a pedinarlo, trova vari lavori per mantenersi. Un giorno ella lo riconosce nelle vesti di un portantino di un ospedale di Bath ma nel nosocomio sviene alla vista di un'operazione. Soccorsa dal primario Dr Osborne prossimo al divorzio, nasce tra i due un'amicizia. Vincenzo, frattanto, arriva addirittura a simulare la sua morte per allontanare definitivamente la compaesana. Assunta rassegnata inizia a studiare Inglese e per diventare paramedico, integrandosi via via con il contesto. Deluso dall'atteggiamento troppo liberale delle donne locali e al contempo avendo aperto una piccola attività in Inghilterra, Vincenzo decide di ricontattarla proponendole addirittura di sposarla. La ragazza finge di acconsentire e dopo una notte romantica, si imbarca su un traghetto a Brighton per raggiungere il Dr Osborne nell'isola di Jersey.






1968 SCUSI FACCIAMO L’AMORE regia di Vittorio Caprioli

Lallo di San Marciano giunge a Milano da Napoli dopo la morte del padre Bebe, per partecipare ai funerali, che però diserta per incontrare l'amante del padre, la contessa Giuditta, dalla quale il genitore era mantenuto. Poiché il padre non possedeva alcunché, a parte una serie di abiti eleganti, Lallo viene accolto a casa dello zio Carlo. Lallo inizia a frequentare la Milano borghese e benestante delle amiche della zia, con le quali intesse una serie di relazioni allo scopo di farsi mantenere. Per un periodo ha una relazione anche con la zia Lidia, interrotta bruscamente dalla partenza dello zio, a causa di problemi legali di quest'ultimo. Dopo una serie di altre relazioni con ricche donne milanesi, stanco della vita che sta conducendo, viene accolto da Giuditta e messo a lavorare nella sua ditta. Lallo si innamora però della figlia di lei, Sveva, che sta per sposarsi con il direttore della ditta, Gianmarco Borghini. La madre, per non mandare a monte il matrimonio, racconta a Lallo la menzogna che la Sveva e lui sarebbero fratellastri. Lallo decide così di diventare il mantenuto di un ricco barone tedesco, che aveva vinto a un'asta a Cortina d'Ampezzo dei preziosi gemelli con le iniziali di Lallo.






1968 UN TRANQUILLO POSTO DI CAMPAGNA regia di Elio Petri

L'affermato pittore Leonardo Ferri, in piena crisi creativa e tormentato da inquietanti incubi nei quali è vittima della propria amante e manager Flavia, decide di ritirarsi a lavorare in solitudine in una villa veneta disabitata. Qui è però disturbato da fenomeni inspiegabili e quando viene a conoscenza della storia di Wanda, la giovane contessina veneziana che abitava la villa e che era stata misteriosamente assassinata, ne rimane ossessionato e si convince della presenza del suo fantasma nella casa e della sua ostilità verso Flavia, a cui accadono strani incidenti ogni volta che si presenta nella villa. Leonardo organizza anche sedute spiritiche con medium per sapere il più possibile sulla triste storia della giovane contessa. Alla fine, mentre il fattore Attilio, uno dei tanti uomini del paese con cui Wanda intratteneva una relazione sessuale, confessa di averla uccisa dopo averla trovata in compagnia di un soldato tedesco, Leonardo perde la testa, immaginando di uccidere Flavia, e viene rinchiuso in manicomio, dove lavora e produce come mai prima, con piena soddisfazione di Flavia e dei collezionisti d'arte.





1969 BLOCK – NOTES DI UN REGISTA regia di Federico Fellini

A Cinecittà esplode una tempesta che colpisce il set de Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet. Come afferma fuori campo lo stesso regista, il film non si farà. In compenso, è pronto un nuovo progetto ambientato nella antica Roma: il Fellini Satyricon. Il documentario riprende, pertanto, alcuni backstage e provini, alternati da piccoli sketch.





1969 LA CADUTA DEGLI DEI regia di Luchino Visconti

Germania, 1933, la sera del 27 febbraio, nei pressi di Oberhausen si riunisce la famiglia von Essenbeck per festeggiare il compleanno del Barone Joachim, un industriale dell'acciaio che è riuscito negli anni a mantenere il controllo delle sue aziende attraverso un "equilibrio" politico e sociale, mantenendo buoni rapporti con le istituzioni durante tutte le vicende che si sono succedute nella Germania pre e post bellica. Alla cena è presente anche Aschenbach, un lontano cugino degli Essenbeck, arrivato in compagnia di Friedrich Bruckmann, dirigente delle acciaierie e amante di Sophie, vedova dell'unico figlio del Barone, morto durante la prima guerra mondiale, e madre di Martin. Durante lo spettacolo che precede la cena, in cui il nipote Martin si esibisce travestito da donna dissacrando la solennità dell'evento e suscitando l'imbarazzo dei presenti, arriva improvvisamente la notizia dell'incendio del Reichstag.

Questo evento accelera l'intenzione del Barone di rimuovere dalla vicepresidenza delle acciaierie il marito della nipote Elisabeth, Herbert Thallman, conferendo l'incarico all'altro nipote, Konstantin, un influente membro delle SA, molto legato ad Ernst Röhm e quindi vicino a Hitler, ritenendo che questo cambiamento possa positivamente influire sull'attività delle aziende. Herbert, aperto oppositore del nazismo, abbandona furente la sala con l'intenzione di lasciare la Germania prima che gli eventi precipitino sia per lui che per il Paese, non prima però di avere criticato aspramente la decisione del Barone di consegnarsi morbidamente nelle mani del regime. Aschenbach, che è un ufficiale delle SS e un importante personaggio in seno alla Gestapo, intuendo la natura ambiziosa di Friedrich, unita al suo legame sentimentale con Sophie, lo induce a uccidere il Barone con l'intento di far ricadere la colpa su Herbert.

L'omicidio del presidente delle acciaierie serve in realtà a fare sì che Martin, il maggiore azionista della società in quanto unico discendente diretto del Barone, ma totalmente succube della madre, investa Friedrich della presidenza, ruolo che, in virtù della fresca nomina, spetterebbe invece a Konstantin. Quest'ultimo intuisce il complotto e ne ha la conferma alla prima riunione presieduta da Friedrich, in cui gli ufficiali dello Stato Maggiore generale tedesco fanno chiaramente intendere di non volere dividere i loro compiti istituzionali con le SA e che le armi pesanti che usciranno dalle fabbriche in nessun modo dovranno arrivare alle camicie brune di Röhm; questo per non aumentarne la potenzialità e la forza, cosa che anche Hitler ha nel frattempo cominciato a temere, deviando decisamente in direzione dell'esercito i suoi favori.

Mentre gli avvenimenti sembrano prendere una piega decisamente favorevole a Friedrich e al nazismo, accade un fatto imprevisto: Martin, in possesso di una personalità deviata e incline alla pedofilia, si reca spesso a casa di Olga, una prostituta che è solito frequentare. Un giorno, mentre l'attende aggirandosi per il palazzo, incontra una bambina. Sempre più affascinato dalla piccola, le porta alcuni regali e cerca di catturare la sua attenzione. Una volta riuscito a farlo, la violenta, provocandone successivamente il suicidio, ma lasciando però il suo portasigarette nell'appartamento, che viene rinvenuto da un commissario della polizia, il quale informa del ritrovamento Konstantin.

Konstantin, grazie alle sue amicizie, riesce a mettere a tacere l'accaduto, ma al contempo entra in possesso di un'arma da usare contro Martin, che costringe a convocare una riunione straordinaria del consiglio di amministrazione dell'azienda, in cui si annuncia il passaggio di poteri da Friedrich a lui. Sophie scopre l'accaduto e convince Friedrich a eseguire il "suggerimento" di Aschenbach, ossia eliminare, dopo il Barone, anche Konstantin; egli inizialmente rifiuta, cominciando a intuire la sudditanza che in questo modo assumerà nei confronti del dirigente nazista, ma infine accetta, confidando ingenuamente che in ogni caso la sua posizione di industriale, di fondamentale importanza per il futuro sforzo bellico, e il suo matrimonio con Sophie lo metteranno al riparo da possibili complicazioni.

Da questo momento gli eventi precipitano: Elisabeth e le sue due piccole figlie vengono deportate a Dachau con l'intento di fare tornare in Germania il marito Herbert, fuggito all'estero dopo l'assassinio del Barone e ricercato dalla Gestapo, mentre Friedrich uccide Konstantin nella notte dei lunghi coltelli presso l'hotel Hanslbauer di Bad Wiessee. Infine Aschenbach persuade Martin, sfruttando il suo odio per la madre e garantendogli l'impunità per il suo delitto, a mettersi contro di lei. Nella cena in cui Friedrich annuncia i suoi pieni poteri (e in cui riappare Herbert, tornato dopo la morte di Elisabeth per far sì che, in cambio della sua prigionia, le figlie ancora detenute a Dachau venissero liberate), Martin rivela a Günther, figlio di Konstantin, che Friedrich è l'assassino del padre. Sophie cerca disperatamente di convincere Martin a non mettersi nelle mani di Aschenbach, ma egli non la ascolta, e addirittura la stupra in segno di potere e di estremo sfregio per quanto, a suo pensare, la madre gli ha fatto subire da sempre.

Dopo l'accaduto Sophie cade in una lenta catatonia, mentre Friedrich prende finalmente coscienza del fatto che non riuscirà ad avere quel potere che tanto aveva agognato, rimettendo a Martin, divenuto ormai un funzionario delle SS, il decreto che lo nominava membro ufficiale della famiglia von Essenbeck. I due ambiziosi amanti termineranno tragicamente la loro esistenza, indotti al suicidio da Martin dopo un grottesco quanto inutile matrimonio; Martin adesso è solo, nessuno è più in grado di opporsi a lui e, in divisa da SS, saluta i due cadaveri alla maniera nazista, consegnando di fatto le acciaierie (e la forza dell'industria pesante tedesca) a Hitler.




1969 FELLINI – SATYRICON regia di Federico Fellini

I protagonisti sono Ascilto ed Encolpio, due giovani scapestrati romani che vivono di espedienti nella Roma imperiale. Lo sfondo sociologico del film è quello delle nuove classi sociali, come i liberti arricchiti e i cavalieri.

I due si innamorano dell'efebo Gitone e per un po' le sue grazie vengono divise dai due fino a che questi sceglie Ascilto. A questo punto, Encolpio sconfortato si lascia andare psicologicamente e viene coinvolto in varie avventure: scampa ad un terremoto e partecipa ai viziosi banchetti di Trimalcione, fino ad arrivare alla nave del pirata Lica al servizio dell'imperatore. Qui incontra di nuovo Gitone ed Ascilto.

La storia vede alternarsi violenze carnali, rapimenti e varie peripezie: addirittura Encolpio combatte contro un gladiatore travestito da Minotauro fino ad essere sconfitto. Al culmine della trama Ascilto muore ed Encolpio viene sommerso dalla tristezza e dalla depressione, fino ad imbarcarsi su una nave con Eumolpo, un anziano ed astuto poeta. Eumolpo in punto di morte decide di nominare come suo erede chi si nutrirà delle sue carni, ma Encolpio rifiuta questo atto di cannibalismo.





1969 NELL’ANNO DEL SIGNORE regia di Luigi Magni

Roma, 1825: è in corso il pontificato di Leone XII, caratterizzato da una politica reazionaria e intransigente, in cui la repressione di qualsiasi forma di libertà individuale è attuata da uno stato di polizia e dalle trame del subdolo cardinal Rivarola. Gli ebrei sono costretti a rimanere rinchiusi nel Ghetto, umiliati da forzati tentativi di conversione; la polizia agli ordini del colonnello Nardoni fa rispettare un rigido coprifuoco. Malgrado tutto, sulla statua parlante di Pasquino vengono continuamente affissi scritti ironici e duramente critici nei confronti del governo; e si svolgono in segreto riunioni della carboneria, che auspicano una rivoluzione popolare. Due carbonari, Leonida Montanari, romano, e Angelo Targhini, modenese, si ritengono costretti a pugnalare un loro compagno, il principe Filippo Spada, che, in crisi di coscienza a causa di una malattia mortale della sua bambina, si era pentito dell'affiliazione alla carboneria e aveva rivelato dei segreti al colonnello Nardoni. Spada, però, riesce a salvarsi dalle ferite di coltello di Targhini e Montanari e li denuncia alla polizia pontificia: la sorte dei due carbonari è segnata, e dopo un processo sommario, i due sono condannati alla ghigliottina. La storia si intreccia con quella del ciabattino Cornacchia e della sua amante Giuditta, una bella ragazza ebrea. I due, meno colti e meno inclini ai cambiamenti radicali rispetto ai carbonari, si erano legati però di affetto con Montanari e Targhini e si sforzano di aiutarli. Cornacchia propone al cardinal Rivarola di rivelargli l'identità di Pasquino una volta ottenuta la grazia per i due condannati: dato che Pasquino è lui stesso, il ciabattino offre di fatto la propria vita per quella dei carbonari. Ma è tutto inutile: qualche giorno prima, infatti, Cornacchia, in un moto di orgoglio di fronte alle offese di Giuditta che lo considerava un buono a nulla, aveva corretto un sacrestano che aveva commesso uno sbaglio mentre stava scrivendo, rivelando quindi che lui non era per nulla stupido e analfabeta come faceva credere in giro. Questa notizia, di persona in persona, era arrivata direttamente al Cardinale che, in questo modo mette in trappola Cornacchia/Pasquino consegnandogli una lettera, spacciandola come una grazia per Montanari, ma con su scritto "Arrestate il latore della presente, Cornacchia" e ordinandogli di portarla alle prigioni e di non farla leggere a nessuno, tranne al Capitano delle Guardie della prigione, perché la "grazia" è un segreto di stato. Cornacchia si rende conto di essere stato messo all'angolo: se consegna la lettera verrà arrestato, se non la consegna rivelerà di essere Pasquino. Così come ultimo atto di Pasquino scrive un ultimo epigramma che invita il Papa a giustiziare i due Carbonari dato che questa fine, in fin dei conti, è quella che i due condannati segretamente sperano. Infatti questo suo comportamento non è un atto contro Montanari e Targhini, ma cerca di aiutare la loro idea di rivoluzione. Se ci fosse, di fatto, una grazia per i due, come spiega Cornacchia, il popolo considererebbe la Chiesa come un "buon padre" che minaccia punizioni terribili ma senza mai metterle in pratica. Finito di scrivere affida l'ultimo messaggio al suo successore perché lo apponga sulla statua di Pasquino. Dopodiché entra in un convento per farsi frate. Targhini e Montanari, in attesa della fine, sono imprigionati in Castel Sant'Angelo. Viene inviato loro un frate, che insiste perché si confessino per salvarsi l'anima in punto di morte: ma i due carbonari restano fermi nel loro ateismo. Gli eventi sembrano dar ragione al cardinal Rivarola: il popolo non vuole la libertà, ma il quieto vivere e ogni tanto qualche diversivo, costituito nella fattispecie da un ghigliottinamento pubblico, pertanto alcuni popolani tentano un assalto al carcere non per liberare i due carbonari ma per accelerare la loro esecuzione. Targhini e Montanari vengono così portati in piazza del Popolo davanti al boia Mastro Titta. In quel momento il povero frate irrompe e va verso i due. Nonostante le sue suppliche al cardinale di liberare i due, decide almeno di assolverli nella pubblica piazza, ma viene bloccato proprio su ordine di Rivarola e trascinato via. I due vengono giustiziati senza il conforto dei sacramenti.





1969 TOH E’ MORTA LA NONNA regia di Mario Monicelli

Adelaide, proprietaria di una importante azienda di prodotti insetticidi, muore improvvisamente: i suoi parenti, accorsi da diverse parti d'Italia, cercano di impossessarsi della sua eredità eliminandosi a vicenda. Si distingue tra i parenti solo il giovane nipote Carlo Alberto, che è anche l'unico ad aver avuto un rapporto disinteressato con la nonna Adelaide. Rapporto che prosegue con lo spirito della nonna. Tocca proprio lui quindi diventare il nuovo padrone dell'azienda di famiglia; invece delle bombolette spray però preferisce produrre bombe per distruggere il sistema capitalistico.






1970 BRANCALEONE ALLE CROCIATE regia di Mario Monicelli

Brancaleone da Norcia è di nuovo in viaggio, ma senza la sua banda di straccioni; questa volta, infatti, è diretto in Terra Santa, alla conquista del Santo Sepolcro, tra le file della milizia di volontari "santa" del monaco Zenone. Improvvisamente Brancaleone e i suoi, fedeli a Papa Gregorio (nella realtà storica Papa Gregorio VII), vengono attaccati dai soldati del Vescovo Spadone, seguace quest'ultimo dell'antipapa Clemente (nella realtà storica l'antipapa Clemente III): tutti vengono passati per le armi e sepolti a testa in giù quali eretici. Si salvano solo quattro dei suoi fedeli, fingendosi morti e lui, intrappolato e nascosto sotto una barca rovesciata, disonorato per non essere morto in battaglia, invoca l'Angelo della Morte che gli si palesa. Brancaleone, spaventato dall'apparizione, ottiene comunque una proroga di sette lune per avere il tempo di morire di una gloriosa morte. La proroga gli viene eccezionalmente concessa, anzi la Morte suggerisce come trovare l'agognata fine: a poca distanza starebbe per commettersi un crimine contro un innocente. Brancaleone con il fido cavallo Aquilante si precipita sul luogo e, dopo un combattimento rocambolesco con il subdolo sicario Thorz, salva la vita al neonato. Scopre così dal soldato tedesco sconfitto che il bambino è il figlio di Boemondo (nella realtà storica Boemondo I d'Antiochia), re normanno di Sicilia partito per le Crociate, e che è stato il fratello del re, il principe Turone di Squillace, a ordinare di ucciderlo. Cavallerescamente si impegna a riconsegnarlo al padre, anche per riceverne ricca ricompensa. Raggiunto nel frattempo dai quattro superstiti decide di riprendere con questa nuova armata (a cui si aggiunge l'infido Thorz) il suo cammino verso Gerusalemme.

Lungo la strada la squinternata compagnia incontra un penitente da sé nominatosi "Pattume", colpevole di un peccato tanto ripugnante che non può essere rivelato a orecchie umane; strappa dal rogo Tiburzia, una vera strega e la accoglie nel suo gruppo di sbandati, assieme a un nano e, successivamente, un lebbroso; visita "lo Santo Romito Pantaleo", un anacoreta esperto in peccati, per far assolvere il penitente che, rivelandogli il peccato, provoca l'apertura di una voragine infernale che li inghiotte entrambi. Proseguendo, si presenta una scena raccapricciante: varie persone sono impiccate a un albero morto e si apprende da loro, grazie alla strega, che sono state giustiziate per peccati veniali al culmine di una purga nel loro villaggio. Il principe Turone e i suoi soldati li incalzano fino a che il cavaliere si offre come scorta di Papa Gregorio in visita allo stilita Colombino. Risolta con una ordalia la contesa fra Papa Gregorio e il sopraggiunto antipapa Clemente, Brancaleone scopre la vera identità del lebbroso, la bellissima principessa Berta d'Avignone, travestitasi per sfuggire alle continue violenze sessuali e se ne invaghisce, suscitando così la gelosia di Tiburzia a propria volta innamorata di lui.

Finalmente l'armata arriva nel campo cristiano sotto le mura di Gerusalemme. Brancaleone riconsegna il bimbo al padre, che però non riconosce il bambino come proprio, in quanto non trova la voglia sul sedere tipica di tutti i membri della stirpe. La strega deve quindi rivelarsi per ciò che è, dicendo che è stata lei a togliere la voglia, una delle sue prerogative. Convinto della cosa il Re Boemondo accoglie il bambino e l'armata presso di sé, a patto che Tiburzia sia allontanata dal campo.

Il giorno successivo l'esercito crociato, falcidiato dalle malattie, si appresta a dare l'ultimo assalto alle mura della Città Santa ma, proprio nel momento dell'attacco, un'ambasceria del Califfo propone al Re di risolvere la questione con una disfida tra cinque nobili cristiani e altrettanti nobili saraceni, proposta che viene accettata dal Re Boemondo. Il vincitore potrà disporre della vita dei vinti. Al momento della scelta Brancaleone si offre di partecipare e viene accolto tra i cinque sfidanti, ma sorge una disputa sulla sua nobiltà che non viene riconosciuta dall'esperto Finogamo e ne viene anzi accertata la provenienza plebea e apostrofandolo come "norcino", provocando così la sua esclusione dalla tenzone e le ire delle Principessa Berta, che si allontana sdegnata dal sedicente cavaliere. Al torneo parteciperanno così quattro cavalieri.

Parte così la disfida ma le cose si mettono subito male per i quattro cristiani, che vengono man mano uccisi dai nemici, tra i quali si è schierato anche Turone di Squillace convertitosi all'Islam in aperta ostilità contro il fratello Boemondo. Sconfitto l'ultimo cristiano, la disfida sembra perduta per tutti i crociati ma all'improvviso irrompe sul campo Brancaleone che si offre come quinto cavaliere. Il Re, vistosi perduto, si affida dunque al nuovo arrivato e lo nomina barone sul campo, permettendogli così di partecipare al duello e anzi promettendogli Berta in sposa. L'eroico cavaliere riesce a uccidere i quattro saraceni e affronta così Turone, ultimo rimasto. Ma proprio mentre sta per menare il fendente decisivo, Brancaleone è tramortito da una noce di cocco che gli cade sul capo scoperto per opera di Tiburzia che, innamorata e gelosa, non può accettare che Berta diventi moglie del vincitore.

Brancaleone si risveglia dal colpo nel deserto e resosi conto di quanto successo, si convince di quanto inutile sia stato il suo peregrinare, ma quando si presenta la strega e gli spiega cosa ha fatto, si riprende e la rincorre per ucciderla; ma ecco che si ripresenta l'Angelo della Morte, che al termine delle sette lune è venuto a reclamare il suo credito: con tono soddisfatto dice di avere ucciso tutti i cristiani tranne la principessa Berta d'Avignone, reclamata come concubina da un vecchissimo nobile saraceno, il soldato Thorz, convertitosi all'Islam per opportunismo e il re Boemondo, salvato dal suo titolo regale: manca quindi solo un'anima per pareggiare il conto. Brancaleone prende la spada in pugno e affronta l'angelo della morte in duello, riuscendo perfino a sferrargli un colpo fatale. L'angelo è invincibile e Brancaleone si rassegna a essere ucciso, ma proprio nell'istante del colpo fatale la giovane strega si butta su Brancaleone e viene uccisa dalla falce della Morte, che comunque è paga: cercava un'anima e l'ha avuta.

Brancaleone riparte e poco dopo incontra una gazza, che riconosce essere la giovane strega ritornata in una delle sue vecchie sembianze.





1970 I CLOWNS regia di Federico Fellini

Il film inizia con un ricordo semi-autobiografico di quando Fellini era bambino. Attratto dall'arrivo del circo, il fanciullo si reca per la prima volta a vedere lo spettacolo ma ne rimane turbato, soprattutto nel momento in cui compaiono in scena i pagliacci. Da questa specie di "trauma", il regista decide di intraprendere un reportage in tutta Europa per comprendere e analizzare la figura professionale e storica del clown.




1970 INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO regia di Elio Petri

Roma. Il giorno stesso della sua promozione al comando dell'ufficio politico della Questura, un dirigente di Pubblica Sicurezza (del quale per tutta la durata del film non viene fatto il nome e che in fase di sceneggiatura viene individuato come l'Assassino), fino a quella mattina capo della sezione omicidi, uccide con una lametta Augusta Terzi, la propria amante, nell'appartamento di lei. Il film è realizzato con la tecnica dei flashback in cui si rivela che Augusta invitava il commissario ad abusare del proprio potere o a narrarle particolari scabrosi cui aveva assistito nelle vesti di poliziotto o, ancora, lo provocava parlandogli di una sua relazione con un giovane «rivoluzionario», in realtà lo studente anarchico Antonio Pace, che vive nel suo stesso palazzo.

Consapevole e allo stesso tempo incapace di sostenere il potere che egli stesso incarna, il poliziotto dissemina la scena del delitto di prove e, durante le indagini, alternativamente ricatta, imbecca e depista i colleghi che si occupano del caso. Se in un primo momento ciò che guida il protagonista pare essere l'arroganza di chi confida nella propria insospettabilità, la veridicità di questa convinzione viene via via smentita dai fatti. Il poliziotto assassino, in virtù della vittoria dell'ordine costituito, finisce per agognare la propria punizione, che tuttavia gli viene preclusa dal suo potere e dalla sua posizione: l'unico testimone dei fatti, l'anarchico individualista Pace, non vorrà denunciarlo per poterlo ricattare («Un criminale a dirigere la repressione: è perfetto!», esclama durante l'interrogatorio).

Il protagonista oramai deciso sulla sua posizione autopunitiva, consegna una lettera di confessione ai suoi colleghi, e - invocando quale unica attenuante il fatto di essere stato continuamente preso in giro dalla propria vittima - s'impone gli arresti domiciliari: a casa, nell'attesa del suo arresto ufficiale, si addormenta e sogna di essere costretto dai suoi superiori e colleghi, che analizzano e rifiutano la validità degli indizi e delle prove, a firmare la "confessione della propria innocenza". Al risveglio, con l'arrivo dei pezzi grossi della polizia, lo attende il vero finale che non viene però svelato dal regista ed è lasciato in sospeso. Il film si chiude con l'immagine delle tapparelle che si abbassano nella stanza in cui il protagonista ha appena ricevuto gli inquirenti, mentre sullo schermo appare infine una citazione di Franz Kafka: «Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano».

 




1970 ROSOLINO PATERNO’ SOLDATO regia di Nanni Loy

Tunisia, luglio 1943. Rosolino Paternò, prigioniero italiano delle truppe statunitensi, viene paracadutato in Sicilia assieme a quattro militari alleati, in una missione del cui obiettivo è tenuto all'oscuro, in quanto viene ingaggiato come guida per giungere, travestiti da contadini siciliani, nei dintorni di Licata. Il Comandante Pawney muore durante il lancio non aprendosi il paracadute, un loro compagno viene scoperto ed ucciso. Paternò riesce a portare i superstiti a destinazione per scoprire che l'artiglieria costiera, che doveva essere sabotata onde consentire uno sbarco alleato senza azioni cruente, era stata da tempo trasferita in Africa. Il commando fa saltare comunque la guarnigione ma il comando alleato, non ricevendo notizie, ordina il bombardamento a tappeto che avviene sotto gli occhi dei tre uomini sconcertati, i quali feriti, scorgono i comandanti delle due parti brindare alla pace raggiunta.





1970 UOMINI CONTRO regia di Francesco Rosi

Ambientato nell'Altopiano di Asiago durante la prima guerra mondiale, intorno al 1916, il film è incentrato in particolare sul Monte Fior che, inizialmente in mano italiana, viene abbandonato e lasciato in mano all'esercito austriaco, che lo rende un'inespugnabile fortezza. Esso ripercorre le vicende della divisione, comandata dal generale Leone alla riconquista della montagna, nella quale presta servizio il giovane tenente Sassu, ex studente universitario interventista fattosi trasferire dal Trentino, alle dirette dipendenze del tenente della compagnia Ottolenghi, veterano disilluso della guerra e con idee socialiste, con cui in diverse occasioni si opporrà agli ordini inutili o inutilmente punitivi dei superiori, fino a trovare la morte durante l'ennesimo, vano attacco per la riconquista del Monte Fior. Il tenente Sassu, durante i mesi di permanenza al fronte, è testimone dell'impreparazione dell'Alto Comando, della inadeguatezza degli armamenti, dei tentativi di ribellione dei soldati che, stanchi e stremati dal prolungarsi dei combattimenti, reclamano il riposo e il cambio, repressi con le decimazioni, delle speculazioni sulla produzione degli equipaggiamenti e del dramma continuo che si consuma nella guerra di trincea, fino a ribellarsi alla follia del maggiore Malchiodi, che pretende di fucilare un soldato ogni dieci, considerando ribellione la fuga disordinata degli uomini che cercano di sottrarsi al tiro troppo corto dell'artiglieria italiana.Il maggiore è poi ucciso dai soldati, incoraggiati dal rifiuto del tenente Sassu a eseguire l'ordine, ed egli risponde personalmente del comportamento degli uomini con la morte per fucilazione, non prima di avere chiesto la grazia per i suoi soldati «che hanno già subito la decimazione in battaglia».






1971 LA CLASSE OPERAIA VA PARADISO regia di Elio Petri

Ludovico Massa, detto Lulù, è un operaio di 31 anni con due famiglie da mantenere (una composta dalla ex moglie e il loro figlio, l'altra dalla sua nuova compagna e il figlio di lei) e con alle spalle già 15 anni di lavoro presso la fabbrica B.A.N., due intossicazioni da vernice e un'ulcera. Milanista[3], stakanovista e sostenitore del lavoro a cottimo, grazie al quale, lavorando a ritmi infernali, riesce a guadagnare abbastanza da potersi permettere l'automobile e altri beni di consumo, Lulù è amato dai padroni, che lo utilizzano come modello per stabilire i ritmi ottimali di produzione, e odiato dai colleghi operai, i quali scambiano la sua diligenza per servilismo.

Il protagonista, tuttavia, non riesce ad essere contento della sua situazione, in quanto i ritmi di lavoro sono talmente sfiancanti che, tornato a casa, riesce a malapena a mangiare e ad annichilirsi davanti alla televisione, non ha nessuna vita sociale e nessun dialogo con i propri cari e non riesce neppure più ad avere rapporti con la compagna. La sua vita continua in questa totale alienazione, che lo porta a ignorare gli slogan di protesta urlati e scritti dagli studenti fuori dai cancelli, finché un giorno ha un incidente sul lavoro e perde un dito (dopo aver cercato di estrarre manualmente un pezzo rimasto incastrato nel macchinario).

Questo fatto porta improvvisamente Lulù a prendere coscienza della propria alienazione ed a considerare misera la sua vita, quindi si schiera contro quello che ritiene sia il ricatto del lavoro a cottimo e aderisce alle istanze radicali degli studenti e di alcuni operai della fabbrica, in contrapposizione alle posizioni più moderate dei sindacati. In breve tempo il fermento nella fabbrica aumenta e, dopo uno sciopero generale, si arriva all'inevitabile scontro con la polizia.

Il risultato di questo cambiamento è drammatico: Lulù viene abbandonato dalla compagna, licenziato in tronco dal lavoro e contemporaneamente abbandonato sia dagli studenti, che sostengono che il suo è un caso individuale e non di 'classe', sia dagli operai, che inizialmente non prendono nessun provvedimento per il suo licenziamento. Durante queste vicende il protagonista cerca inutilmente conforto facendo visita all'anziano Militina, un ex collega di fabbrica costretto a finire i suoi giorni in manicomio; l'unico risultato che Lulù ottiene da queste visite è comprendere che anche per lui l'alienazione si sta trasformando in pazzia. Quando ormai tutto sembra perduto, i suoi compagni, grazie al sindacato, riescono a farlo riassumere in fabbrica, alla catena di montaggio, dove Lulù, urlando per farsi sentire al di sopra del rumore assordante dei macchinari, di nuovo in balia dei ritmi frenetici della produzione, racconta ai colleghi di aver sognato di essere morto e sepolto e di ritrovarsi nell'aldilà accanto a un muro, dove viene raggiunto da Militina, che tenta di farsi breccia attraverso il muro a forza di testate.

«Ma spacchiamo su tutto e andiamo dentro [...] Ma sì, spacchiamo su tutto e andiamo in paradiso!»

Caduto il muro, sempre nel sogno, Lulù vede una fitta nebbia in cui sono immersi lui, Militina e tutti gli altri manovali: la classe operaia è andata in paradiso.




1971 IL FRIGORIFERO (ep. Le coppie) regia di Mario Monicelli

«M’interessava mostrare la Torino del boom, con tutte quelle masse di immigrati; inoltre m’interessava dirigere Jannacci, un personaggio dalla personalità molto viva, che sarebbe stato un grosso acquisto per il cinema: in Romanzo popolare fece le musiche e diede un apporto molto importante anche al dialogo. Sembrava che il cinema gli interessasse, mentre invece preferì continuare a fare il cantautore e anche il medico» (M. Monicelli, L’arte della commedia, Dedalo, Bari, 1986).  

«Il frigorifero è il mio episodio più lungo, quasi cinquanta minuti, e mi è venuto così così. Il soggetto in sé era divertente: raccontava fino a che punto la perversione del consumismo portava una coppia di poveracci. L’ho girato in una Torino respingente, poco ospitale, nello squallore dei quartieri popolari e negli stradoni notturni dove lavoravano le prostitute. L’errore di fondo sono gli attori. La Vitti che parla in sardo è caricaturale, Jannacci recita in modo quasi amatoriale: faceva ridere chi lo conosceva, agli altri risultava del tutto inverosimile. Però la storia raccontava bene il paradosso dei tempi moderni, quello che una coppia è disposta a fare per possedere un frigorifero praticamente inutilizzato» (M. Monicelli, in S. Mondadori, La commedia umana. Conversazioni con Mario Monicelli, Il Saggiatore, Milano, 2005).

«Mastroianni e Vitti sono […] tra i protagonisti dei miei due film “torinesi”: I compagni e Il frigorifero (episodio di Le coppie). In quest'ultimo, la Vitti confermava le sue capacità comiche già speri­mentate, mentre il protagonista maschile, Enzo Jannacci, era al suo debutto cinematografico, e con lui ho faticato molto perché egli è uno spirito talmente libero, bizzarro, straordinario, che non è inqua­drabile nel personaggio di un film» (M. Monicelli, “Notiziario dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema” n. 68, 2001).

«Ho lavorato nel cinema a Torino solo per alcune sequenze di Il frigorifero, l’episodio di Le coppie diretto da Mario Monicelli, in cui recitavo con Monica Vitti. […] Ho un ricordo molto bello del rapporto con Monicelli e la Vitti, che stimo tantissimo. Un’attrice eccezionale, una bellezza intensa, particolare. Monicelli l’ho conosciuto in quella occasione, siamo diventati amici e siamo sempre in contatto. Penso che mi abbia scelto perché gli piaceva il mio modo così, un po’ schizzato, che avevo da giovane. Ma avrebbe potuto scegliere chiunque… Non ho avuto modo di conoscere Torino quella volta, ci sono stato poi di passaggio, anni dopo, alla Fiera del Libro, in concerto e a trovare mio figlio durante il servizio militare... Per Il frigorifero giravamo di notte a Porta Palazzo, di giorno eravamo in albergo a dormire. Potevamo essere a Torino come a Washington… Era il problema del cinema: un’esperienza alienante per il tipo di lavoro, per i ritmi… Si lavorava dodici, quattordici, a volte sedici ore al giorno, non c’era come adesso la possibilità di verificare immediatamente il girato, c’era sempre da aspettare… Ho lavorato con Monicelli, con Marco Ferreri per L’udienza, ho scritto delle musiche per il cinema, ma non ho fatto più di tanto proprio per questi problemi legati al modo di vivere, sempre aspettando, aspettando. Nel cinema poi si divertono in pochi, la prima attrice, che si sente bella, valorizzata, il direttore della fotografia, forse il regista […] Però i produttori sono quello che sono e adesso il cinema italiano è limitato a certi comici, non è più ai livelli di un tempo» (E. Jannacci, in D. Bracco, S. Della Casa, P. Manera, F. Prono, a cura, Torino città del cinema, Il Castoro, Milano, 2001).

«In Il frigorifero un ciclo economico si è chiuso e la commedia all'italiana comincia a commentare le strategia di risposta alla depressione già in atto: per conseguenza, il valore di scambio del corpo della moglie viene ormai monetizzato in termini precisi. Quando, nella famiglia di sardi emigrati a Torino, l'esangue Gavino Puddo (Enzo Jannacci) perde i soldi dell'ultima rata del frigorifero, fa quel che può per riscattarsi, ma ben presto l'iniziativa passa nelle mani della moglie Adele (Monica Vitti). Nella scarna scenografia del loro monolocale seminterrato, quel frigorifero a due sportelli occupa il posto d'onore accanto al letto coniugale, sostituendo idealmente un figlio che non c'è ("non ha ancora dodici mesi", dice Adele del prezioso elettrodomestico); sulla sua regale e monolitica presenza, ruotano i cerimoniali piccolo borghesi di questa casalinga modello nei confronti del vicinato. Davanti alla prospettiva di rinunciare all'unico oggetto/feticcio che attesta il suo avviato percorso di integrazione nella società dei consumi, pur tra mille esitazioni, resistenze e sensi di colpa, Adele si vende, per una notte, chiedendo quel tanto che basta per pagare la cambiale. Ma l'indomani, il miraggio di un nuovo status symbol - la lavatrice - riproduce nella coppia la stessa dinamica desiderio-frustrazione-compromesso, rivelando come la famiglia sia definitivamente entrata nel mercato e lo spazio domestico si vada assimilando a quello asettico e artificiale delle vetrine dei negozi di elettrodomestici» (L. De Franceschi, Lo sguardo eclettico. Il cinema di Mario Monicelli, Marsilio, Venezia, 2001).

«Ci sono almeno due modi per fare attraverso il cinema un discorso polemico sulle contraddizioni, i paradossi, i miti della società contemporanea. Il consumismo, la superproduzione, la persuasione occulta della pubblicità, l’ossessione del benessere, la psicosi dell’automatismo, l’aggressività, possono essere visti sotto un profilo critico, sia da una angolazione “di rottura”, sia in una prospettiva farsesca. […] Questa seconda strada che per l’immediatezza della reazione (la risata) sembra la più facile e naturale, resta in realtà la più studiata e difficile. A dimostrare questo bastano i nomi di Buster Keaton, Chaplin, Sennet, Tati, per giunger poi a Emmer, Comencini, Risi, Lattuada e gli stessi De Sica e Monicelli. Nomi di Artisti, alcuni, di precisi artigiani del riso in celluloide, altri, che attraverso i loro film ci si sono mostrati come dei funamboli oscillanti tra il senso del dramma e quello del grottesco. Questa velata, a volte impalpabile, oscillazione, può considerarsi il filo conduttore di queste Coppie, un film a tratti amaro o ridanciano, ma sempre divertente nella sua ironia tanto più apparentemente semplicistica, quanto più graffiante […] Il Frigorifero, diretto da Mario Monicelli, è l’impietoso spaccato della vita di due immigrati sardi nella Torino tecnologica. […] Malgrado qualche rallentamento e inutili insistenze che spesso fanno perdere il “ritmo”, l’episodio resta vivo e spigliato soprattutto per la sua assurda credibilità» (M. Angelillo, “Rivista del Cinematografo”, n. 1, gennaio 1971).

«Frutto tardivo di una commedia all’italiana in via di esaurimento (o di totale trasformazione) è l’episodio Il frigorifero del film Le coppie. […] Seguito ideale di Renzo e Luciana, Il frigorifero è un’introspezione nei mutamenti indotti dal consumismo all’interno del proletariato sradicato dal paese d’origine. Meno diretto e immediato di Renzo e Luciana, inaugura la collaborazione di Monicelli con Jannacci, un rapporto che troverà il momento di maggiore interesse in Romanzo popolare» (S. Della Casa, Mario Monicelli, La Nuova Italia, Firenze, 1986).

«Squallore di simili operazioni, che ancora pretendono di atteggiarsi a satira di costume, ma non superano il livello della barzelletta scollacciata, come nel primo episodio, di Mario Monicelli» (G. Cincotti, “Bianco e Nero”, nn. 1/2, gennaio/febbraio 1971).





1971 LA MORTADELLA regia di Mario Monicelli

Maddalena, operaia in un'azienda di salumi, raggiunge negli Stati Uniti il fidanzato Michele, ma viene fermata alla dogana perché non vuole separarsi dalla mortadella regalatale dagli ex colleghi, non importabile a causa delle leggi statunitensi. In poco tempo, Maddalena si rende conto che Michele, da quando vive a New York, ha rinunciato ai suoi ideali per interessi economici, motivo che la porta ad annullare la promessa di matrimonio.

Costretta a rimanere per alcuni giorni all'interno dell'aeroporto, Maddalena decide di mangiare la mortadella (che offre anche ad alcuni dipendenti locali), finché, con il salume ormai ridotto a poche centinaia di grammi, le autorità finalmente sbloccano la situazione. Nel frattempo Jack - reporter a caccia di articoli sensazionali - le aveva  offerto conforto e appoggio. Finalmente libera, Maddalena ne accetta l'ospitalità.

In seguito a un ennesimo litigio - degenerato fino al punto di causare danni ingenti all'arredamento d'un ristorante - Michele, sempre più ambizioso, prende lo spunto per un'iniziativa d'affari e la propone a Maddalena, che declina. A questo punto Jack si coinvolge direttamente, prende le difese di Maddalena e litiga con Michele. Molto provata dall'ennesimo litigio, lei abbandona definitivamente quest'ultimo, che, a sua volta, aveva dichiarato di non voler sposare una 'puttana' dopo che Maddalena stessa gli aveva rivelato d'aver fatto l'amore col giornalista.





1971 MORTE A VENEZIA regia di Luchino Visconti

Venezia, 1911, il compositore Gustav von Aschenbach si reca al Lido, all'Hotel des Bains, per un periodo di riposo al fine di riprendersi da una crisi cardiaca di cui aveva sofferto qualche tempo prima. Qui, il maturo protagonista resta colpito dalla bellezza efebica di un giovanissimo polacco, Tadzio, che frequenta la spiaggia dell'hotel. Se ne infatua, e l'innamoramento provoca nel suo animo una crisi profonda che lo porta da un lato a contrastare questo suo sentimento, dall'altro a volerlo assecondare vivendone tutte le emozioni.

Egli deciderà alla fine di rimanere silenziosamente accanto al ragazzo, limitandosi a osservarlo e a cercare di continuo di resistere alle sue emozioni a cui, però, cederà spesso, tanto da ricorrere alla tintura dei capelli e a un trucco pesante, presso un barbiere, nell'illusione di conservare una giovinezza ormai superata. Gustav non lascerà più Venezia, nonostante gli sia ormai chiaro che vi imperversa un'epidemia di colera; sempre più debole, trascorrerà i suoi ultimi momenti sulla spiaggia del Lido in contemplazione del suo amato.





1971  PERMETTE ROCCO PAPALEO? regia di Ettore Scola

Rocco Papaleo, emigrato negli Stati Uniti d'America per fare fortuna come pugile, si ritrova dopo vent'anni a fare l'ascensorista in una miniera. Va a Chicago per assistere a un match e incontra una fotomodella, che se lo porta a casa per capriccio; ma Rocco si illude e decide di fermarsi in città per qualche giorno. A causa della sua ingenuità e del suo buon cuore gliene succedono di tutti i colori; gli insulti della ragazza, alla fine, gli fanno aprire finalmente gli occhi.






1971 SCIPIONE DETTO ANCHE L’AFRICANO regia di Luigi Magni

Roma, 187 a.C. Marco Porcio Catone, detto "il Censore", chiede ai due fratelli Publio Cornelio Scipione, detto anche "l'Africano", e Lucio Cornelio Scipione, detto "l'Asiatico", di rendere conto della sparizione di 500 talenti durante la loro campagna in Oriente. Scipione l'Africano, che si sente un eroe di guerra al di sopra di ogni sospetto, è indignato per questa richiesta, e, a differenza del più remissivo fratello, si presta con una certa stizza a farsi processare.

Il film racconta anche due aneddoti storici, a questo proposito: nel primo l'Africano straccia i rendiconti della spedizione di fronte al Senato, mentre nel secondo interrompe il processo esortando i senatori a seguirlo in Campidoglio per festeggiare l'anniversario della vittoria di Zama. Le cose si complicano quando Catone presenta al Senato, durante il processo, una ricevuta che attesta che 500 talenti sono, effettivamente, stati ricevuti da uno dei due fratelli. La firma che reca il documento, però, è 'Scipione A'. Come stabilire quale dei due fratelli sia il colpevole? L'Asiatico o l'Africano? Si tratta dell'Asiatico, come egli stesso, esasperato, confessa al fratello.

L'incorruttibile Africano, allora, denuncia il fratello a Catone. Questi, però, più che a scoprire il colpevole della frode, è interessato a sottolineare come la Repubblica sia sempre più sensibile al fascino dei propri protagonisti. Questo atteggiamento, pericoloso per la democrazia, può essere ostacolato distruggendo il mito di Scipione l'Africano, dimostrando come questi sia "omo come tutti l'artri" e come "i giganti, se mai so' esistiti, appartengono ar passato". Così, Catone convince l'Africano che la sua denuncia ha più l'aria di una poco onorevole spiata e, quando questi parte per prelevare il fratello, con l'intenzione di costringerlo a confessare al Senato, ordina che a tutta la famiglia vengano dati gli arresti domiciliari.

Questo gesto sconvolge l'Africano, convinto che Catone fosse interessato a ristabilire la verità dei fatti. Dopo una discussione con la moglie, ormai prossima al divorzio, però, capisce il suo status di monumento di una civiltà che non è più possibile. Si presenta così in Senato, violando gli arresti domiciliari, per autoaccusarsi di una colpa non sua, per poi ritirarsi in esilio volontario.





1971 SPLENDORI E MISERIE DI MADAME ROYALE regia di Vittorio Caprioli

Alessio è un ballerino omosessuale che ha abbandonato il mondo dello spettacolo per prendersi cura di Mimmina, figlia di un suo vecchio amante e mantenuto. Mimmina si caccia ripetutamente nei guai e viene arrestata dopo aver avuto un malore a seguito di un aborto clandestino (all'epoca in cui fu girato il film la pratica dell'aborto era ancora illegale). Alessio, che per vivere fa il corniciaio, nelle vesti di "Madame Royale", tiene periodicamente degli intrattenimenti en travesti con gli amici della comunità omosessuale, tra cui "Bambola di Pekino". Viene preso di mira dal commissario di polizia che ha arrestato Mimmina e, con la promessa di evitare a Mimmina la condanna penale a seguito dell'aborto, lo convincerà a fare l'informatore per la questura.Grazie alle sue delazioni, la polizia riesce a scoprire alcuni trafficanti di droga e falsari di quadri. Ma le voci delle sue confidenze all'ambiguo commissario, da cui Alessio è attratto, girano velocemente e l'uomo viene abbandonato da tutti gli amici. Solo e senza protezioni, Alessio decide di lasciare la città. Ma, prima di poter partire, verrà ucciso dalla malavita.







1971 LA SUPERSTIMONE regia di Franco Giraldi

Marino Bottecchia, detto Mocassino, vive alle spalle di Tiziana, una prostituta. Quando la donna viene trovata uccisa, il primo ad essere sospettato del delitto è proprio Marino, ma questi si proclama innocente e fornisce agli inquirenti un alibi di ferro. A questo punto si fa avanti Isolina Pantò, proprietaria di un asilo privato ed ex serva di un convento. Isolina, stravagante e complessata, è rimasta sola dopo essere stata abbandonata dall'unico uomo della sua vita. Avendo riconosciuto Marino dalle foto pubblicate dai giornali, la donna demolisce il suo alibi identificandolo come l'uomo che si aggirava sul luogo del delitto e lo fa condannare a vent'anni di reclusione. Col tempo, attanagliata dai dubbi, Isolina ritratta la sua testimonianza e Marino riesce a ottenere una riduzione della pena a quattro anni. Durante la detenzione, Marino riceve le attenzioni e l'assistenza di Isolina e, mentre si trova ancora in carcere, la sposa. Uscito dal carcere, senza molta convinzione si mette a cercare un lavoro, ma finisce per tornare nel giro della malavita costringendo anche la moglie a prostituirsi. Ma quando lei comincia ad affezionarsi a uno dei clienti, Marino minaccia di farle fare la stessa fine che, proprio lui, ha riservato a suo tempo a Tiziana.




1972 IL CASO MATTEI regia di Francesco Rosi

Il film inizia dopo la morte di Enrico Mattei, precipitato con il suo aereo nella campagna di Bascapè, presso Pavia, durante il ritorno da un viaggio in Sicilia, precisamente a Gagliano Castelferrato, in circostanze mai del tutto chiarite, con la rievocazione del periodo trascorso alla guida dell'AGIP e dell'ENI.

Nominato nel 1945 commissario straordinario dell'AGIP, con il difficile compito di liquidarla svendendola a privati o grandi compagnie, Mattei contravviene alla disposizione, mantiene abilmente la società in vita e addirittura la rafforza, evitando in questo modo la vendita. Grazie alla scoperta di giacimenti di idrocarburi nel biennio 1946-1948 la rete dell'Agip riesce ad ergersi come una grande compagnia europea.

Mattei, spregiudicato ma geniale, cerca di dimostrare che può esistere un'efficiente industria italiana degli idrocarburi e, a tale scopo, decide di offrire, ai paesi arabi e africani produttori di greggio, condizioni di sfruttamento delle loro risorse più vantaggiose di quelle proposte dai rappresentanti dei giganteschi trust anglo-americani del petrolio, le cosiddette sette sorelle, inimicandoseli mortalmente.

Gli interessi petroliferi stranieri, sfruttando le connivenze con i servizi segreti italiani, riusciranno a eliminare Mattei con un attentato dinamitardo camuffato da incidente aereo.





1972 IL GENERALE DORME IN PIEDI regia di Francesco Massaro

Il colonnello dell'esercito Leone, ufficiale medico veterinario integerrimo e solerte, soffre d'un un problema per lui assai grave: quando dorme supino è infatti preda d'incubi agitatissimi in cui, quasi come se fosse tutt'altra persona, si ritrova ad inveire nel sonno incendiarie frasi anarchiche ed antimilitariste, per cui, proprio per poter mantenere un certo decoro, è costretto a dormire sempre in piedi.

Giunto oramai alla soglia della pensione, dopo una serie di mancate promozioni, che attribuisce al fatto di avere un fratello anarchico, viene trasferito alla "Scuola di Sanità Militare" di Firenze (ma le riprese vennero effettuate presso la Villa del Casale di San Pio V a Roma). A questo punto il colonnello, dopo che un suo amico-nemico è promosso al grado di generale, decide di scrivere un libro sulla propria carriera nell'esercito, rivelando le innumerevoli contraddizioni dell'esercito durante il periodo di guerra. Questo documento causa l'allarme dei superiori, che volendo evitarne la pubblicazione, che causerebbe loro un grave danno d'immagine, propongono all'ufficiale uno scambio: la desiderata promozione in cambio del silenzio.

Un alto generale fa notare al colonnello, medico veterinario, che per ottenere la promozione deve provvedere a prendere al più presto la laurea in medicina: l'uomo ribatte che la sua promozione sarebbe più che meritata poiché i suoi superiori, fin dall'inizio della sua carriera, gli hanno sempre consentito di operare e curare migliaia di soldati, pur non avendone titolo.




1972 LA GRANDE SCROFA NERA regia di Filippo Ottoni

"La grande scrofa nera" è un'espressione che viene data alla famiglia Mazzara, composta da Enrico, aperto agli interessi dei nuovi tempi, dalla nonna, da suo padre, una persona autoritaria, e i suoi quattro fratelli. Enrico sposa Anita, ma, dato che alla famiglia non piacciono gli estranei, la nuova arrivata non riesce ad ambientarsi, soprattutto per i continui conflitti accesi che si verificano in casa e dai quali vorrebbe fuggire.

Anita incontra il medico Ramez, con cui fugge, quest'ultimo però muore in viaggio per colera. Enrico la raggiunge, cerca di riportarla a casa, desideroso di ucciderla, ma recede nei suoi propositi e cerca di riallacciare un rapporto con lei. I fratelli violentano a turno la cognata per ordine del padre e quando lo viene a sapere, Enrico uccide i fratelli, la sorella e il padre, poi fugge con la nonna e con la moglie, che morirà in manicomio, consegnandosi infine alla polizia.

 




1972 LUDWING regia di Luchino Visconti

Nel 1864 il giovane Ludwig von Wittelsbach viene incoronato re di Baviera all'età di 18 anni. Il suo primo atto ufficiale è la promozione del compositore Richard Wagner, molto ammirato dall'idealista Ludwig. Wagner viene portato a Monaco di Baviera e dotato generosamente di mezzi finanziari per continuare a comporre e mettere in scena la sua opera Tristano e Isotta. Nel Gabinetto dei Ministri così come tra il popolo, le donazioni di denaro di Ludwig causano incomprensioni e rabbia contro Wagner e il suo stile di vita. Ludwig non si accorge che Wagner ha una relazione con Cosima von Bülow, la moglie del direttore d'orchestra prediletto da Wagner, Hans von Bülow. Quando Ludwig scopre la verità dai suoi consiglieri, si sente tradito e chiede a Wagner di lasciare Monaco. Sebbene Ludwig abbia continuato a sostenere Wagner con molti soldi anche dopo il suo matrimonio con Cosima, l'ammirazione del re per l'uomo Wagner si raffredda.

Ludwig ha un'entusiastica ammirazione per sua cugina Elisabetta, moglie dell'imperatore d'Austria, arrivando a considerarla come la sua anima gemella. A una riunione della nobiltà a Bad Ischl, escono insieme di notte e, complice l'atmosfera romantica del luogo, c'è il primo bacio tra di loro. Il sovrano sente presto il suo orgoglio ferito dal comportamento altezzoso dell'imperatrice, che gli consiglia di sposare sua sorella Sophie, ma Ludwig in gran parte la tratta con disinteresse. Deluso sia da Wagner che da Elisabeth, si ritira sempre più in se stesso abbandonandosi a sogni impossibili. Nel 1866, durante la Guerra austro-prussiana, il governo bavarese si schiera dalla parte dell'Austria contro i prussiani, andando contro la sua volontà di rimanere neutrale. Tra l'incomprensione di molti, il re ignora lo svolgimento della guerra, rifugiato nella sua tenuta di campagna, e quando arriva la notizia della sconfitta, il suo confidente conte Dürckheim gli consiglia di sposarsi per uscire dalla solitudine.

Poco dopo che Ludwig si rende conto di essere omosessuale, nel 1867, annuncia spontaneamente di essersi fidanzato con la principessa Sophie, compiacendo la Regina Madre. Lila von Buliowski, un'attrice con la quale dovrebbe avere le sue prime esperienze sessuali, viene da lui rifiutata con rabbia perché gli è stata mandata dai familiari e dai consiglieri. Ludwig dubita di poter rendere felice Sophie e il suo desiderio di sposarsi si raffredda presto. Rimanda il matrimonio per mesi, col disappunto di padre Hoffmann, e alla fine rompe il fidanzamento. Con Richard Hornig, il suo servitore, il re persegue le sue inclinazioni omosessuali, anche se presto giunge a sentirsi in colpa per questo poiché cattolico. Nel 1871 la Baviera stringe un'alleanza con la Prussia ed entra a far parte del neonato Impero tedesco. Ludwig subisce la grande influenza dei suoi confidenti e può solo prendere atto della perdita della sua sovranità. Nel frattempo, le condizioni mentali del fratello minore, Otto, caduto in depressione da quando prestava servizio nella guerra persa del 1866, si deteriorano. Otto impazzisce e deve essere portato in una clinica psichiatrica, cosa che lascia scioccato Ludwig, mentre la Regina Madre si rifugia nella devozione e nella preghiera.

L'attenzione del sovrano si concentra ora sulla costruzione dei castelli di Neuschwanstein, Linderhof e Herrenchiemsee. La loro costruzione, però, divora ingenti somme di denaro e il Gabinetto dei Ministri si scaglia sempre più apertamente contro Ludwig. Il re stesso si allontana sempre più da ciò che lo circonda, non adempie più ai suoi doveri di rappresentanza e si ritira nella solitudine dei suoi castelli. Nel 1881 intraprende un viaggio in Svizzera con l'attore Josef Kainz, che ammirava. La breve relazione tra Kainz e il re finisce in una lite. Ludwig si perde sempre di più nei suoi sogni e ha eccessi sessuali coi suoi servi di notte. Quando l'imperatrice Elisabetta ispeziona i magnifici castelli di suo cugino e vuole vederlo di nuovo dopo molto tempo, su istruzioni del sovrano, i servi la mettono alla porta.

Nel 1886, Ludwig viene dichiarato pazzo da una commissione governativa, e i suoi componenti si recano al castello di Neuschwanstein per comunicargli la decisione. Il re fa quindi arrestare la commissione governativa dai suoi servi per un breve periodo, ma è troppo remoto e stanco della vita per combattere ancora contro l'accusa di malattia mentale. Ludwig viene deposto e suo zio, il Principe Luitpold, assume gli affari del governo. Il capo psichiatra, professor Bernhard von Gudden, accompagna il deposto Ludwig al Castello di Berg nei pressi del Lago di Starnberg. Due giorni dopo, Ludwig e il professor von Gudden lasciano il palazzo per una passeggiata nei giardini del palazzo, nonostante stia cadendo una pioggia torrenziale, contraddicendo i voleri dei medici che lo hanno in cura. Dopo ore di ricerche nel parco, i corpi dei due uomini, deceduti per affogamento, vengono ritrovati nel lago.

Nota: Il film montato da Ruggero Mastroianni ha due versioni, la prima quella del 1972 è uscita con un taglio sostanziale perché la produzione ha preferito togliere dal girato che farne due parti come aveva suggerito Ruggero. La seconda quella integrale è stata realizzata da Mastroianni dopo aver comprato all’asta con Suso Cecchi D’Amico e Piero Tosi i tagli ed avuto più successo della prima.




1972 ROMA regia di Federico Fellini

Il film è un ritratto brioso e visionario di Roma, attraverso i ricordi di un giovane provinciale che arriva alla stazione Termini poco prima della seconda guerra mondiale. Roma come realtà composita, inesauribile e contraddittoria, qui rappresentata mediante una serie di quadri e personaggi eterogenei, dal defilé di abiti ecclesiastici alla ricostruzione delle case chiuse, dagli scontri con la polizia all'ingorgo notturno sul Grande Raccordo Anulare; mentre lo stile passa dal lirismo alla satira, dalla nostalgia alla truculenza senza soluzione di continuità.

Tra le diverse parti non vi è alcun legame, si va da un soggetto all'altro senza transizione. Un'attenta visione della città vista da Fellini che ci fa viaggiare in luoghi impensabili come il piccolo teatro dove si svolge uno spettacolo di cabaret.

Nota. Esiste una scena non montata dove durante la Festa de Noantri a Trastevere Marcello Mastroianni sfugge ad una intervista mentre passa un tecnico della troupe dicendo: “buona sera sor Marcè mi saluti su fratello” un omaggio del grande regista al suo montatore e amico di sempre Ruggero Mastroianni

 

1972 SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA regia di Marco Bellocchio

Milano. Nel clima teso della contrapposizione politica degli anni di piombo, nella redazione del quotidiano borghese e di destra Il Giornale, il redattore capo Bizanti, su invito della proprietà, segue gli sviluppi di un omicidio a sfondo sessuale di cui è rimasta vittima una studentessa, allo scopo di incastrare un militante della sinistra extraparlamentare e strumentalizzare politicamente la vicenda.

La campagna mediatica sortisce l'effetto sperato e il "mostro" viene condannato innanzitutto sulle prime pagine del giornale. La condanna, in primis morale, aiuta l'area reazionaria a screditare gli ambienti della sinistra nella fase elettorale. Alla fine, Bizanti viene informato dal giovane giornalista Roveda che il vero colpevole è un'altra persona, ossia il bidello della scuola frequentata dalla vittima.

Bizanti minaccia quindi l'assassino, inducendolo a non rivelare niente alle forze dell'ordine. In una discussione conclusiva con l'ingegner Montelli, un industriale finanziatore del giornale, i due concordano di tenere segreta la vicenda fino a quando si conoscerà l'esito delle elezioni, per poi deciderne l'eventuale utilizzo.




1972 IL VICHINGO VENUTO DAL SUD regia di Steno

Rosario Trapanese è un giovane manager siciliano al servizio dell'industriale milanese di calzature Borellon. Promosso a capo della filiale danese dell'azienda, prende possesso del suo nuovo ufficio a Copenaghen. Dopo un paio di settimane di lavoro, Larsen, che capisce cosa manca a Rosario, lo invita a partecipare a una serata all'insegna dello scambismo: la proposta entusiasma Rosario, tuttavia dopo il gioco degli scambi, finisce in bianco.

Nonostante si porti dietro la fama di maschio italiano, l'esperienza con le donne danesi è un fallimento per Rosario, deluso al punto di pensare di ritornarsene in Italia. Un giorno però incontra casualmente Karen, una studentessa di psicologia che parla italiano: i due ben presto si innamorano e in breve si sposano.

Karen ha nascosto al marito di avere girato un film erotico: quando l'uomo lo viene a sapere in Italia va su tutte le furie. Preso dalla gelosia torna a Copenaghen, pensando persino a un possibile delitto d'onore. Ma Rosario torna con la moglie quando capisce di non poterne fare a meno; vorrebbe perdonarla, ma intanto lei ha firmato un contratto per girare un secondo film erotico.


1972 VOGLIAMO I COLONELLI regia di Mario Monicelli

«La cosiddetta congiura dei colonnelli di giugno prende storicamente le mosse nel giorno in cui si festeggia la proclamazione della Repubblica»

(voce narrante di Riccardo Cucciolla all'inizio del film)

«Anche la marcia su Roma fu una pagliacciata... Ma riuscì.»

(Il Ministro Li Masi al Presidente della Repubblica)

Milano: un ordigno esplosivo fa crollare la Madonnina del duomo di Milano, scatenando un'ondata di sdegno in tutto il Paese e all'estero. L'attentato è stato organizzato da estremisti di destra per incolpare le Sinistre, ma l'on. Giuseppe Tritoni, che fa parte del complotto, finisce col rompere col suo partito. La "Grande Destra" sta infatti perseguendo una politica di inserimento nel sistema, presentandosi come il partito che vuole "la libertà nell'ordine e l'ordine nella libertà". L'onorevole, persuaso che il potere vada preso prima che la sinistra prenda il sopravvento, si rivolge all'anziano colonnello Ribaud affinché gli procuri un appuntamento con il generale Bassi-Lega, messo a riposo a metà pensione per aver preso parte ad un tentativo di golpe. Il Tritoni lo convince a dargli una lista segreta di ufficiali che si erano detti disponibili a partecipare al complotto, a suo tempo compilata dal generale De Vincenzo.

Reclutati i partecipanti, si rivolge all'industriale Irnerio Stainer per il finanziamento dell'impresa. Per convincerlo a sborsare cinquecento milioni lo minaccia di rivelare i retroscena di una fornitura di vecchi apparecchi radio all'esercito, residuati di guerra malfunzionanti venduti a prezzo pieno in complicità col generale Alcide Bosisio. Ottenuti i finanziamenti e organizzato un campo paramilitare per l'addestramento dei partecipanti, i congiurati si riuniscono in una villetta isolata per mettere a punto i dettagli del piano "Volpe nera" (rapimento del presidente della Repubblica e occupazione della Rai per l'annuncio del colpo di Stato) e decidere il futuro ordinamento del Paese.

Alla riunione prende parte il colonnello Andreas Automatikos, membro dei servizi segreti della neonata Dittatura dei colonnelli. Un giornalista di sinistra, Armando Caffè, che si trova casualmente da quelle parti, scatta una serie di foto compromettenti e consegna il materiale all'onorevole Luigi Di Cori del PCI. Quest'ultimo si reca col segretario del PSI e il sottosegretario democristiano agli interni dal ministro dell'interno Li Masi, che tuttavia non sembra dare grande importanza alla notizia, definendo l'operazione di Tritoni "cervellotica e buffonesca" e le intenzioni dei tre uomini "una speculazione politica". Li rassicura tuttavia che passato il fine settimana avrebbe preso i provvedimenti del caso.

Nelle stesse ore i congiurati sono pronti a passare all'azione. La base è una palestra pugilistica, da dove ci si tiene in contatto con le forze militari che stanno convergendo a Roma e con diverse pattuglie di uomini travestiti da carabinieri, pronti ad eseguire una serie di arresti programmati. Per le comunicazioni si utilizzano tuttavia gli stessi apparecchi radio residuati bellici forniti da Stainer all'esercito. A causa del loro funzionamento precario ci si collega con uno scacchista che, credendo di comunicare con l'avversario, detta una mossa che viene interpretata dal colonnello Barbacane come la posizione dell'aeroporto di Fiumicino. Paracadutata la squadra in un pollaio di Maccarese, viene per errore lanciato il segnale di avvenuta occupazione, sballando tutti i tempi dell'operazione. La squadra del colonnello Furas arriva così alla sede Rai dopo la fine delle trasmissioni, quando è ormai inutile lanciare l'appello alla nazione.

Parte intanto un'operazione di polizia. I congiurati vengono arrestati, mentre Tritoni riesce a nascondersi da Marcella Bassi Lega, venendo poi scoperto dalla polizia assieme ad uno dei numerosi amanti della donna, mancato al golpe per "appendicite". Il parlamentare è quindi portato dal presidente della Repubblica, insieme al quale si trovano anche il ministro Li Masi e gli altri capi della congiura. Questi lo tradiscono svelando la sua idea golpista; Li Masi svela a sua volta che aveva già scoperto tutto e preparato un contro-colpo di Stato al fine di isolare gli estremismi politici e di instaurare uno stato di polizia tecnocratico di stampo autoritario. Tritoni, umiliato e irato, sottrae a un militare una granata, minacciando di farla esplodere e facendo morire il presidente della Repubblica di infarto, favorendo così i piani del ministro Li Masi.

Un anno dopo, Tritoni si trova nello Stato militarista che sognava, ma senza di lui. Il leader del suo ex-partito la Grande Destra sostiene il governo e l'imprenditore Stainer è ministro del lavoro, così come sono ministri alcuni militari che affermavano fedeltà alla Repubblica. Tritoni cerca quindi di vendere il suo piano golpista a dei politici di un sottosviluppato stato africano.



1973: AMARCORD regia di Federico Fellini

La vicenda narra la vita che si svolge nell'antico borgo di Rimini (San Giuliano, vicino al Ponte di Tiberio) da una primavera all'altra, nei primi anni Trenta. Un anno esatto di storia, dove si assiste ai miti, ai valori e al quotidiano di quel tempo attraverso gli abitanti della provinciale cittadina: la provocante parrucchiera Gradisca, la ninfomane Volpina, una tabaccaia formosa, un ampolloso avvocato dalla facile retorica, un emiro dalle trenta concubine, il matto Giudizio e un motociclista esibizionista (Scureggia di Corpolò).

Tutti loro interagiscono col folklore delle feste paesane, le adunate del sabato fascista, attendono al chiaro di luna il passaggio del transatlantico Rex e la famosa gara automobilistica delle Mille Miglia. Ma i veri protagonisti sono i sogni ad occhi aperti dei giovani del paese, presi da una prepotente esplosione sessuale.

Tra questi adolescenti emerge Titta, che cresce subendo condizionamenti sia fuori che dentro le mura domestiche. La sua vita si divide tra l'inarrivabile Gradisca, i grossi seni della tabaccaia e i balli d'estate al Grand Hotel spiati da dietro le siepi. La sua famiglia è composta dall'anarchico padre Aurelio, piccolo imprenditore edile perennemente in discordia con la moglie Miranda, lo zio Lallo (tiepido milite fascista ma impenitente dongiovanni, che vegeta alle spalle dei parenti), lo zio Teo, ricoverato in manicomio e il nonno che scoppia di salute e che tra un detto moraleggiante e l'altro non si fa mancare delle libertà con la domestica.




1973 LUCKY LUCIANO regia di Francesco Rosi

Salvatore Lucania, alias Lucky Luciano (Gian Maria Volonté), è l'indiscusso capo della malavita italoamericana sin dal 1931, quando prende il potere mediante l'eliminazione di una quarantina di avversari, nella cosiddetta notte dei Vespri siciliani. Nel 1946 il governatore Thomas E. Dewey lo spedisce in Italia. Lucky vive a Napoli una vita apparentemente tranquilla e ineccepibile, ma voci sempre ricorrenti lo accusano di essere l'ispiratore del traffico internazionale della droga.

Charles Siragusa (interpretato da se stesso), capo dell'Ufficio Europeo del Narcotic Bureau, tenta invano di smascherarlo. In un dibattito alle Nazioni Unite, si scontrano, causa Luciano, l'inquisitore Harry J. Anslinger (Edmond O' Brien) e il delegato italiano, il quale gli rinfaccia che questi mafiosi sono stati rimandati in Italia proprio dal governo degli Stati Uniti. Inizia così un lungo flashback che mostra la "rinascita" della mafia durante la Liberazione: nella Napoli occupata dagli Alleati nel 1944 uno dei "compari" di Luciano, il gangster italo-americano Vito Genovese (Charles Cioffi), prospera con il mercato nero con la complicità del colonnello statunitense Charles Poletti (Vincent Gardenia). Dopo il dibattito all'ONU, la Guardia di Finanza, pressata dall'opinione pubblica internazionale, sottopone Lucky a pedinamenti, a perquisizioni e interrogatori. Ma egli la farà franca. Dagli Stati Uniti arriva Gene Giannini (Rod Steiger), gangster di lungo corso, convocato da Luciano che vuole sottoporgli un progetto di contrabbando ma, scoperto il suo doppio gioco con Siragusa, viene brutalmente assassinato. Luciano muore di infarto all'aeroporto di Napoli, lasciando ai posteri i suoi terribili segreti.



1973 LA PROPRIETA’ NON E’ PIU’ UN FURTO regia di Elio Petri

Total è un giovane impiegato di banca allergico al denaro, figlio di un ex bancario integerrimo. Convertito al marxismo-mandrakismo, diventa ladro per ideologia, perseguitando ciò che per lui è il simbolo del capitalismo: un laido macellaio romano cliente della sua banca, che possiede una bella amante e tanto denaro. Lo scopo di Total è quello di derubarlo, poco a poco, di tutto, persino della sua donna, che cerca di concupire, del coltello con cui affetta la carne, dei gioielli e del denaro. Si fa aiutare da un romantico scassinatore e attore di nome Albertone, che gli insegna il mestiere e resta incastrato nel meccanismo e alla fine muore di crepacuore in questura. Il macellaio alla fine ha, comunque, la meglio e strangola il suo persecutore in ascensore.





1973 TERESA LA LADRA regia Carlo Di Palma

Teresa Numa in Nardecchia, orfana di madre e figlia di un contadino laziale manesco e senza cuore, poi vedova di guerra e madre alla continua ricerca di nuovi mestieri, è sovente costretta a rubare per vivere. Nel difficile periodo storico contrassegnato dalla seconda guerra mondiale in Italia, si consuma la dolorosa epopea di una donna fragile che conoscerà il dolore della prigione, la solitudine del manicomio e l'impossibilità di riconciliarsi col proprio figlio.






1974 FINCHE’ C’E’ GUERRA C’E’ SPERANZA regia di Alberto Sordi

Pietro Chiocca, commerciante romano di pompe idrauliche trapiantato a Milano, riconvertitosi a un più lucroso commercio internazionale di armi, gira per i paesi del Terzo mondo, dilaniati dalle guerre civili. Per mezzo di alcune astuzie, riesce a prevalere su un suo rivale, diventando dipendente di un'industria più importante e assai più redditizia. La sua famiglia, già benestante e residente nel centro di Milano, può finalmente trasferirsi in una lussuosa villa nel verde, esaudendo così il desiderio di una viziatissima moglie.

Tutto pare andare a gonfie vele, finché un giornalista del Corriere della Sera, che gli aveva procurato il contatto per la vendita di armi a un movimento di liberazione nazionale nello stato africano della Guinea-Bissau, denuncia all'opinione pubblica l'operato di Chiocca con un articolo dal titolo «Ho incontrato un mercante di morte». Davanti allo sdegno e al disprezzo dei propri familiari, Chiocca si offre di tornare al suo vecchio e onesto lavoro, ma costoro, posti di fronte all'alternativa di una rinuncia all'altissimo tenore di vita, preferiscono ignorare l'origine dei guadagni del loro capofamiglia.




1974 FLAVIA LA MONACA MUSULMANA regia di Gianfranco Mingnozzi

1480. Dopo una gioventù traumatica, Flavia entra in convento per volere del padre che la fa seguire dall'ebreo Abraham come segretario e uomo di fiducia. Gli orrori e le tragedie del mondo induriscono l'animo di Flavia e la portano a proclamare la superiorità delle donne sugli uomini, crudeli e ignoranti. Così si allea con le truppe musulmane che, durante la Battaglia di Otranto, sbarcano a Otranto e mettono la città a ferro e fuoco e con il loro capo Ahmed, da cui riceve una terra per un incontro amoroso, e che incoraggia a trucidare suore, frati e soldati che si sono opposti allo sbarco. Flavia capeggia la rivolta contro i cristiani, ma dopo aver rifiutato di entrare nell'harem di Ahmed viene da questi abbandonata sulla spiaggia, mentre i Saraceni partono. Viene quindi catturata dai cristiani, che le pongono al collo una croce e la fanno avviare verso un colle dove avverrà il supplizio.





1974 GRUPPO DI FAMIGLIA IN UN INTERNO regia Luchino Visconti

Un professore statunitense sessantenne vive ritirato tra libri e quadri nella sua casa in un antico palazzo di Roma, ereditato dalla madre italiana. Un giorno la sua quiete viene turbata dall'insistenza della marchesa Bianca Brumonti, che riesce a farsi affittare dal professore l'appartamento al piano di sopra per darlo al suo giovane amante e mantenuto Konrad.

Tra la marchesa, sua figlia Lietta e il suo compagno Stefano e Konrad, viene a formarsi un singolare gruppo di famiglia, nel quale l'anziano gentiluomo viene forzato a entrare, salvo poi accorgersi alla fine che quest'intrusione ha significato per lui un ritorno alla vita e alle relazioni umane. Il tragico suicidio di Konrad riporterà l'ordine iniziale nella vita del professore, allontanando la burrascosa famiglia, ma lasciandolo anche più consapevole della morte che s'avvicina.






1974 LA MAZURKA DEL BARONE, DELLA SANTA E DEL FIOCO FIORONE regia di Pupi Avati

Il nobile Anteo Pellacani è un uomo cinico, misantropo e anticlericale che fa ritorno al paesino di Bagnacavallo in Romagna per prendere possesso della casa e dell'orto appena ereditati. Nell'orto c'è un albero di fico della specie detta del fico fiorone, sotto al quale nell'anno 726 avvenne lo stupro di una giovane, Girolama Pellacani, che si sacrificò offrendo la sua verginità ai barbari longobardi per salvare le compagne. Da allora quell'albero divenne miracoloso, fino a quando il nobile Anteo, un tempo promettente atleta, cadde dal fico ed ebbe gravi danni ad una gamba, compromettendo irrimediabilmente la propria carriera agonistica. Da allora venne soprannominato "La gambina maledetta". Anteo, divenuto ora proprietario, vuole sfogare il proprio risentimento sull'albero e abbatterlo. In un'occasione spaventa un gruppo di pellegrini che passa per la sua terra sparandogli con una mitragliatrice, finché un giorno l'uomo vede sul vecchio fico una figura femminile, che grazie ad una serie di equivoci, crede essere la Santa. Si tratta in realtà di una prostituta, che vi si è rifugiata e da quel momento la sua vita cambia drammaticamente.




1974 NON TOCCARE LA DONNA BIANCA regia Marco Ferreri

La battaglia del Little Bighorn, con la vittoria dei pellirosse sul generale Custer e il suo 7º Cavalleggeri viene rivisitata in chiave surreale e ambientata nella Parigi dei giorni nostri. Molte scene vennero girate in una enorme buca provocata dai bulldozer durante lo smantellamento del mercato Les Halles a Parigi, con i diseredati e gli sfrattati nella parte dei pellirosse.



1974 ROMANZO POPOLARE regia di Mario Monicelli

Giulio Basletti è un operaio metalmeccanico milanese, scapolo, fervente attivista sindacale e tifoso del Milan. Egli rivede dopo 17 anni Vincenzina, figlia di un suo collega incontrato nell'Avellinese e della quale fu padrino a Battesimo, per presto innamorarsi e sposarla, mettendo al mondo un bambino.

In seguito a uno scontro con la Polizia durante una manifestazione di piazza, l'agente Giovanni Pizzullo del reparto "Celere" viene colpito da un manufatto. Individuato il colpevole in Salvatore Armetta, amico di Giulio, si reca in casa di lui nel tentativo di arrestarlo, trovando la ferma opposizione di tutti i vicini e, soprattutto, di Giulio che difende l'amico con la sua pronta dialettica. Tempo dopo, Armetta incontra nuovamente Giovanni, che nel frattempo ha dimenticato l'accaduto, e grazie alla comune passione calcistica stringono amicizia. L'agente ha così modo di entrare in buoni rapporti con Giulio, del quale comincia a frequentare la casa.

Quando un lutto colpisce la famiglia di Vincenzina, Giulio si reca al posto della moglie in Campania per i funerali. Al suo rientro, ossessionato dall'idea del tradimento, scopre che i suoi timori sono fondati, potendo ascoltare, non visto, un dialogo tra lei e Giovanni. Di fronte all'ammissione della moglie, cerca di controllarsi mostrandosi uomo di ampie vedute e pronto ad accettare la morale moderna, purché il tradimento resti cosa segreta.

Ricevuta tuttavia una lettera anonima che denuncia il tradimento, ritenendolo così di dominio pubblico, caccia platealmente di casa moglie e bambino. Rimasto solo, tenta il suicidio con il gas, per poi cambiare idea e decidere di vendicare il proprio onore, recandosi armato a casa di Giovanni, dove Vincenzina si è appena rifugiata. Nascostasi con il figlio nel bagno, assiste alla lite tra i due, in cui Giovanni rivela di essere l'autore della missiva. Nell'alterco, entrambi gli uomini rivendicano Vincenzina come una loro proprietà. Lei, indignata, fugge dalla finestra abbandonandoli entrambi e decidendo di prendere in mano il proprio avvenire. Le vite dei tre si dividono definitivamente.

Qualche anno dopo, Giulio è in pensione e dedica il suo tempo alle bocce e alle carte, Giovanni è stato promosso vice brigadiere, si è sposato e ha due figli. Vincenzina, dopo aver avuto due storie importanti ma finite male, vive sola con il figlio ed è caporeparto e membro del consiglio di fabbrica in un'industria d'abbigliamento. Nel finale, Giulio chiede a Vincenzina di riavvicinarsi e lei gli concede "un sabato si e un sabato no".




1974 SESSO IN CONFESSIONALE regia Vittorio De Sisti

Tratto da un libro inchiesta, Alla base del film sono dei colloqui tra un sacerdote, interpretato da Raoul Lovecchio, e i vari penitenti. A questo materiale letterario, il lavoro aggiunge una serie di episodi riguardanti le varie relazioni dei soggetti in questione.

Gli ultimi minuti del film sono dedicati alle interviste di quattro esperti: il teologo Carmine Benincasa, lo psicologo Emilio Servadio, il sociologo e sessuologo Luigi De Marchi, la giornalista Patrizia Carrano.





1975 AMICI MIEI regia di Mario Monicelli

Cinque inseparabili amici fiorentini sulla cinquantina affrontano i loro disagi sfogandosi con scherzi a danno di malcapitati.

Il conte Raffaello Mascetti è un nobile decaduto, costretto a vivere in assoluta povertà e ad essere mantenuto dagli amici, che per confondere e prendere in giro le persone con cui parla fa spesso uso di giochi di parole senza senso, da lui chiamati "supercazzole". Rambaldo Melandri, unico tra i protagonisti a non essere mai stato sposato, è un architetto impiegato al comune alla perenne ricerca di una donna, che per amore sarebbe anche disposto ad abbandonare i suoi amici, salvo ravvedersi all'ultimo momento. Giorgio Perozzi è un redattore capo di cronaca che cerca di sfuggire la disapprovazione per la sua poca serietà e per le sue avventure extraconiugali da parte del figlio e della moglie. Guido Necchi gestisce con la moglie Carmen un bar con sala da biliardo, luogo d'incontro del gruppo di amici. Ai quattro, amici fin dai tempi della scuola, si aggiunge in un secondo tempo il professor Alfeo Sassaroli, brillante e famoso medico capo di una clinica in collina a Pescia, annoiato dalla professione, che diventa in breve tempo uno dei pilastri del gruppo.

Il redattore Perozzi esce dal lavoro all'alba e dichiara di non avere nessuna voglia di andare a casa a dormire, desiderando invece scappare via con i suoi migliori amici in occasione di una giornata che non ci sarebbe mai più stata: con loro ha intenzione di partire su due piedi per una delle loro "zingarate", ossia una fuga dalle loro grigie realtà per stare in compagnia a scherzare. Così passa a prendere gli altri per partire tutti insieme.

Il Perozzi stesso racconta qualcosa di sé: è separato dalla moglie Laura, stufa dei suoi lazzi, ed è in pessimi rapporti con il figlio Luciano, un ragazzo intelligente, serioso e distaccato che assomiglia in tutto e per tutto alla madre e non esita ad attaccare il padre per la sua poca maturità.

Il Sassaroli incontra per la prima volta gli altri quattro quando essi finiscono ricoverati nella sua clinica, gravemente feriti in un incidente durante una delle loro zingarate. I quattro amici trasformano la loro degenza in un periodo di caos e il professore si dimostra immediatamente degno del loro stile, sottoponendoli a cure fastidiose e dolorose. Offuscato dal dolore, il Melandri si innamora di una donna che incontra nel reparto di psichiatria, Donatella, che scopre essere la moglie del Sassaroli, il quale non esita a cedergliela, accompagnata però dalle due figlie, dall'enorme ed esigente cane Birillo e dalla governante tedesca. I due uomini si accordano perché il Sassaroli venga a visitare moglie e figlie di tanto in tanto. Dopo un lungo periodo senza contatti con gli amici, il Melandri confessa loro di non essere in buoni rapporti con il Sassaroli, il quale non perde occasione per criticare lo stile di vita umile dell'architetto. I tre vengono invitati ad una cena, durante la quale approfittano per vendicarsi della fuga del Melandri e, finalmente, convincerlo a lasciare Donatella. Per sfogarsi vanno tutti e cinque alla stazione di Santa Maria Novella ad inscenare la loro zingarata più famosa: schiaffeggiare i passeggeri affacciati ai finestrini dei treni in partenza. Dopo questo episodio, il Sassaroli entra stabilmente nel gruppo.

In un'altra famosa zingarata, i cinque si presentano in un paesello fingendo di essere ingegneri e geometri che eseguono misurazioni per abbattere gli edifici e costruire un'autostrada, lasciando la popolazione nel panico.

Il conte Mascetti ha effettivamente origini nobili, ma ha scialacquato tutte le immense ricchezze sue e della moglie Alice; costretto a vivere con la vendita di enciclopedie, ha mandato moglie e figlia a vivere a Gavinana, sulle spalle di un conoscente, e per un periodo è stato ospitato prima dal Necchi e poi dal Perozzi, fino a quando gli amici hanno trovato una casa per lui e per la sua famiglia in uno squallido scantinato, di cui gli pagano i due terzi dell'affitto. Dopo il ricovero in ospedale dal Sassaroli, il Mascetti finisce per vendere la sua ingessatura ad un ortolano, in cambio di tre quintali di patate e di una vecchia e malconcia automobile. È un uomo orgoglioso delle sue origini nobili, che accetta sempre i favori ma mai l'elemosina, e solo i suoi amici sanno come trattare questa differenza. Il Mascetti ha da tempo una relazione extraconiugale con la Titti, giovane studentessa figlia di un colonnello in pensione, della quale è pazzo di gelosia, poiché spesso si rende irrintracciabile: la scoprirà infine a letto con un'altra donna.

Il Necchi viene presentato come un uomo molto brillante nell'inventare scherzi, ad esempio quando il gruppo si autoinvita ad una festa in una lussuosa villa senza conoscere nessuno ed il Necchi stesso defeca nel vasino del bambino figlio dei proprietari della casa, spaventando la governante, venuta in un secondo momento a controllare. È proprio da un'idea del Necchi che nasce lo scherzo più elaborato e sadico del gruppo, che assoda un anziano e goloso pensionato che il barista ha identificato tra i suoi clienti, il signor Nicolò Righi, fingendo di essere una banda di spacciatori in lotta con i marsigliesi, un clan rivale, che ha bisogno di un basista. Il Righi viene quindi sballottato per la provincia, incappucciato e spaventato, con la promessa di guadagnare facilmente milioni di lire, che mai arrivano. Ad intervenire è infine Carmen, la moglie del Necchi, che minaccia di spifferare tutto al Righi se il marito non la smetterà di assentarsi dal lavoro; proprio in questa circostanza viene rivelato un dramma che il Necchi cela dentro di sé, ovvero il fatto che lui e Carmen hanno perso il proprio figlio anni prima. I cinque concludono lo scherzo fingendo di affrontare un regolamento di conti con i marsigliesi in un cantiere abbandonato, in cui il Sassaroli, nel ruolo del boss, finge di venire ucciso, e dopo lo scontro viene ordinato al Righi di allontanarsi, venendo caricato a forza su un treno per Reggio Calabria.

Terminata la giornata in cui il Perozzi rievoca questi episodi, tutti decidono di tornare a casa a dormire, ma il Perozzi, appena andato a letto, viene colpito da un infarto e muore sotto gli occhi degli amici, nell'indifferenza della moglie e del figlio. Anche in punto di morte, tuttavia, è pronto a beffare il prete giunto per l'estrema unzione, pronunciando una supercazzola come confessione. Durante il suo funerale sopraggiunge il Righi, perplesso nel vedere il Sassaroli vivo e vegeto, e viene convinto che il defunto sia stato eliminato per tradimento dagli altri, che crede ancora essere dei malavitosi: i quattro sghignazzano durante il corteo funebre.





1974 CADAVERI ECCELLENTI regia Francesco Rosi

In una regione dell'Italia del sud vengono uccisi alcuni magistrati. Incaricato delle indagini è l'ispettore di polizia Amerigo Rogas, il quale inizialmente indirizza le sue indagini negli ambienti mafiosi e successivamente verso tre persone, tutte giudicate e condannate a una pena detentiva dai magistrati assassinati e poi risultate innocenti, considerando come possibile movente la vendetta.

I delitti iniziano a avvenire anche nella capitale ed il capo della polizia impone a Rogas di indirizzare le indagini verso i "gruppuscoli" di estrema sinistra, non più da solo ma agli ordini di un commissario della squadra politica. Tuttavia, l'ispettore progressivamente si convince che i delitti possano essere parte di un piano eversivo ordito da organi dello stato, incluso lo stesso capo della polizia. Una volta avutane la certezza, e scoprendo di essere sorvegliato, tenta di informare il segretario del PCI, al quale dà appuntamento in un museo; un killer, appostato sul luogo, uccide entrambi.

In un messaggio al telegiornale, il capo della polizia attribuisce l'uccisione del segretario del partito allo stesso Rogas, che avrebbe dato da tempo segni di squilibrio mentale. I dirigenti del PCI, pur conoscendo la verità, non ne approfittano, poiché giudicano prematura la conquista del potere. Piuttosto, preferiscono accettare la versione ufficiale per evitare scontri di piazza che avrebbero dato il pretesto per un colpo di Stato militare.

In una regione dell'Italia del sud vengono uccisi alcuni magistrati. Incaricato delle indagini è l'ispettore di polizia Amerigo Rogas, il quale inizialmente indirizza le sue indagini negli ambienti mafiosi e successivamente verso tre persone, tutte giudicate e condannate a una pena detentiva dai magistrati assassinati e poi risultate innocenti, considerando come possibile movente la vendetta.

I delitti iniziano a avvenire anche nella capitale ed il capo della polizia impone a Rogas di indirizzare le indagini verso i "gruppuscoli" di estrema sinistra, non più da solo ma agli ordini di un commissario della squadra politica. Tuttavia, l'ispettore progressivamente si convince che i delitti possano essere parte di un piano eversivo ordito da organi dello stato, incluso lo stesso capo della polizia. Una volta avutane la certezza, e scoprendo di essere sorvegliato, tenta di informare il segretario del PCI, al quale dà appuntamento in un museo; un killer, appostato sul luogo, uccide entrambi.

In un messaggio al telegiornale, il capo della polizia attribuisce l'uccisione del segretario del partito allo stesso Rogas, che avrebbe dato da tempo segni di squilibrio mentale. I dirigenti del PCI, pur conoscendo la verità, non ne approfittano, poiché giudicano prematura la conquista del potere. Piuttosto, preferiscono accettare la versione ufficiale per evitare scontri di piazza che avrebbero dato il pretesto per un colpo di Stato militare.





1974 QUI COMINCIA L’AVVENTURA regia Carlo Di Palma

Una giovane donna a bordo della sua moto fa tappa in una cittadina della Puglia, in un viaggio che la dovrà condurre a Milano per raggiungere l'uomo che ama. Il suo carattere libero e affascinante suscita l'ammirazione di una stiratrice che lascia marito e figlio per continuare con lei il viaggio, che sarà ricco di peripezie. Alla fine le due donne giungono a Milano e l'ex stiratrice scopre che la sua amica è una mascherina di un cinematografo, che il suo famoso uomo non esiste, e che la sua libertà non è altro che un sogno.




1974 TODO MODO regia di Elio Petri

«Forzai le mani di Sciascia anche nel tono del film (...), e mi sembrò così, non soltanto di seguire un'indicazione di Sciascia (...), ma di evocare quel clima di farsa nerissima che si respirava e si continua tuttora a respirare in Italia.»

(Elio Petri, 1979 [6])

Durante una misteriosa epidemia che miete molte vittime, in un albergo-eremo-prigione post-moderno denominato Zafer arrivano numerosi capi politici, grandi industriali, banchieri e dirigenti d'azienda, tutti appartenenti alle varie correnti del partito di governo, la Democrazia Cristiana.[4] Si ritrovano per gli annuali ritiri spirituali (ispirati agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola) di tre giorni per espiare i reati di corruzione e altro che essi erano soliti praticare.[4] Gli esercizi sono praticati sotto la guida dell'ambiguo Don Gaetano, un prete molto influente ma corrotto, che domina tutti i presenti.

All'interno di questo luogo, in realtà dovrebbe avvenire una sorta di rinnovamento del partito, della propria struttura, dei propri vertici, dei propri interessi al fine di mantenere il potere nel Paese. Tra litigi continui e violenti, accuse reciproche e poca pratica spirituale, si sviluppa una serie di delitti apparentemente immotivati che eliminano uno alla volta i personaggi di primo piano del partito.

Tra i numerosi personaggi, c'è il Presidente, cioè il capo politico conciliante, bonario, che mira ad accontentare tutti, ma che segretamente è animato da un'infinita sete di potere e di dominio.




1974 LA VIA DEI BABBUINI regia di Luigi Magni co montaggio con Amedeo Sofia

Fiorenza, giovane donna borghese, vive a Roma con il marito Orazio. Il matrimonio dei due è già abbastanza saturo, anche se non esteriormente sfasciato: tale situazione dipende tanto dalla voluta mancanza dei figli, quanto da elementi psicologici e sociali che i due coniugi percepiscono inconsciamente e diversamente.

Fiorenza, accorsa a Massaua per assistere il padre, vecchio colonialista da lei neppure conosciuto, lo vede morire e seppellire. Rimasta sola, non ritorna in patria ma si lascia guidare dallo stravagante Getulio alla scoperta del mistero africano. Orazio, uomo colto ma affetto da infantilismo cronico, raggiunge la moglie e cerca di strapparla al continente che la sta quasi plagiando. Ma Fiorenza, dopo la tragica morte di Getulio, si avvia verso la savana seguendo la via dei babbuini che, a differenza degli uomini, tornano nella foresta ove si trova il segreto della loro genuina natura.




1976 BASTA CHE NON SI SAPPIA IN GIRO? regia di Luigi Comencini, Nanni Loy, Luigi Magni

Macchina d'amore

Antonio Bormioli, uno sceneggiatore, si reca in copisteria per far dattilografare il suo nuovo copione del film Macchina d'amore (Love machine). La dattilografa incaricata di trascriverlo, dapprima riluttante, pian piano si immedesima sempre di più nelle vicende della protagonista, ad alto tasso erotico. Alla fine del lavoro nasce una simpatia tra lo sceneggiatore e la dattilografa, ma quando lui viene a sapere che la donna ha una difficile situazione familiare, decide di desistere dal tentare nuovi approcci. La donna rientra delusa a casa in una piazza rimasta deserta.

Il superiore

Enzo Lucarelli, un secondino, viene preso in ostaggio durante una rivolta carceraria. I detenuti minacciano addirittura di sodomizzarlo se non riceveranno la visita del Ministro della Giustizia. L'attesa dura una notte intera, durante la quale uno dei detenuti, denominato "Lupo", cerca di anticipare i tempi della sodomizzazione, mentre un altro carcerato si offre come mediatore nelle trattative. Arriva anche la moglie del secondino con i due figli, che si offre per uno scambio di ostaggio (dopo che si sono rifiutati il direttore del carcere ed il parroco). La mattina seguente finalmente arriva un sottosegretario del Ministro, che per mezzo di un megafono pronuncia un discorso incomprensibile in "politichese", ottenendo comunque la fine della rivolta e la liberazione del Lucarelli. Nessuno però crede che egli non abbia subito la violenza, nonostante lui cerchi di tranquillizzare i familiari.

L'equivoco

Paolo Gallizzi, un ragioniere celibe con l'hobby del modellismo, turbato alla vista di una sua vicina adusa a girare nuda in casa, decide di "prenotare" per telefono una ragazza squillo. Ma nel frattempo arriva Lia, una timidissima e impacciata impiegata, incaricata dal suo direttore di riscuotere le rate di un'enciclopedia; il ragioniere crede che sia la squillo prenotata e iniziano così equivoci e malintesi. Finiranno comunque col fare l'amore e quando arriva il collega di Lia nell'auto aziendale, la donna decide di andarsene. Si presenta però alla porta la vera ragazza squillo e Lia, sdegnata, fugge non rivelando al ragioniere chi è veramente.






1976 CARO MICHELE regia di Mario Monicelli

Adriana, ritiratasi in una casa colonica dei dintorni di Roma, vive accanto alle figlie gemelle; riceve ogni tanto la visita delle figlie Angelica e Viola; è separata dal marito Oreste. La morte improvvisa dello stesso non fa dimenticare Michele, giovane esule a Londra dopo le rivolte studentesche del '68, che intrattiene una nutrita corrispondenza con la madre Adriana, con le sorelle oppure con Osvaldo, un amico "particolare" anche se attualmente sposato con Ada. Un altro personaggio vivente nel ricordo di Michele è la stravagante Mara, calata da Varese, la quale ha avuto un figlio che attribuisce all'esule londinese, anche se, onestamente, dichiara che potrebbe essere d'altri casuali amanti. Mara irrompe, senza riuscire a risvegliarli, nel mondo dei familiari o amici di Michele; quindi si appiccica per breve tempo all'editore Colarosa; porta scompiglio nella famiglia tarantina dell'amica, la Ricciolona; ritorna vagabondando verso il Nord dopo che Michele è morto nel corso di una sommossa giovanile a Bruges.




1976 IL CASANOVA regia di Federico Fellini

A Venezia si celebra, in presenza del doge, l’apertura del carnevale con il volo dell’angelo e il tentativo di far emergere dal Canal Grande una gigantesca effigie del capo della dea Luna. L'operazione fallisce con la caduta del busto nell’acqua, segno di cattivo auspicio.

Al di fuori del tripudio carnevalesco, Giacomo Casanova riceve una lettera con l’invito di suor Maddalena a recarsi presso la villetta dell’ambasciatore francese a Venezia all’interno della quale i due amanti si esibiscono in una sorta di danza rituale caratterizzata da una coreografia abbastanza complessa fino ad arrivare all’amplesso vero e proprio, molto simile ad un esercizio ginnico. Scandito dal ritmo di un carillon con la forma di un uccello meccanico, che Casanova porta sempre con sé, l’incontro avviene sotto lo sguardo dell’ambasciatore, amante della suora, nascosto dietro una parete. Prima di congedarsi, Casanova si raccomanda al padrone di casa per ottenere un impiego in Francia.

Di ritorno dalla sua avventura con suor Maddalena, Casanova viene arrestato e processato dal tribunale dell'Inquisizione con diverse accuse, tra le quali l’esercizio della magia nera. Condotto in carcere, rievoca l’incontro con Annamaria, giovane operaia di una sartoria, anemica, spesso soggetta a svenimenti.

Una volta evaso dal carcere dei Piombi, Casanova lascia Venezia per dirigersi a Parigi dove frequenta il salotto della marchesa Durfé , estimatrice di arti esoteriche. L’attempata marchesa, convinta che Casanova sia a conoscenza del segreto della pietra filosofale, gli chiede di essere fecondata al fine di rinascere in un uomo che vivrà per sempre. L’ospite veneziano esegue con la marchesa un rito d’iniziazione al sesso con la complicità di Marcolina, già compagna di suo fratello, un ex abate (rivisto casualmente in seguito a un incidente in carrozza).

Due anni dopo, a Forlì, Casanova accetta di fare da protettore ad Enrichetta, una ragazza francese che solitamente si traveste con abiti maschili, amante di un capitano ungherese più anziano di lei. Entrambi ospiti nella lussuosa residenza del marchese Du Bois, definito “un eccentrico galantuomo dagli incerti confini amorosi”, assistono a un’operina in cui si esibisce lo stesso Du Bois. La partenza improvvisa di Enrichetta lascia Casanova in uno stato di totale disperazione.

A Londra, dopo un furioso litigio avvenuto all’ interno di una carrozza con la sua giovane sposa Charpillion e la relativa madre, Casanova si ritrova abbandonato per strada e tenta il suicidio immergendosi nelle acque del fiume Tamigi, fin quando non gli appare la figura di una donna enorme accompagnata da due nani che desta la sua curiosità. Quindi scopre l'esistenza di un circo itinerante di cui la gigantessa è un’attrazione.

Dopo aver reso visita al papa, Casanova si reca alla festa organizzata a Roma dall'ambasciatore inglese Lord Talou che propone una sfida tra lo stesso Casanova e il cocchiere del principe Del Brando, Righetto, anche lui noto per le non consuete prodezze amatorie. Dapprima riluttante, Casanova, persuaso dagli elogi di una nobildonna inglese, accetta la sfida che si trasforma in un confronto tra due esibizioni ginniche in cui ciascuno degli sfidanti è impegnato a possedere due partner scelte tra gli ospiti della festa. La scelta di Casanova cade su Romana, definita “la più bella delle modelle di Roma”, mentre la nobildonna si offre spontaneamente a fare da partner per Righetto. La sfida si svolge alla presenza di una folla esultante e pronta a scommettere. Alla fine Casanova, fortemente stremato, viene dichiarato vincitore e portato in trionfo dalla folla.

A Berna, in Svizzera, Casanova s’invaghisce di Isabella, figlia dell’entomologo Moebius, alla quale chiede di seguirlo nel suo viaggio verso Dresda. All’indomani, Casanova si ritrova ad aspettare invano l’arrivo di Isabella all’interno di una locanda di Dresda dove è coinvolto in una movimentata e iperbolica orgia con la cantante Astrodi e la gobba Susanna a cui si uniscono gli altri ospiti.

Al teatro dell’Opera di Dresda, Casanova assiste all’esibizione di una compagnia di cui fa parte la cantante Astrodi. Alla fine dello spettacolo, in un teatro ormai vuoto, scorge nei loggioni una figura familiare che lo chiama sussurrandone il nome; così Casanova incontra, dopo diversi anni, sua madre che vive a Dresda con una pensione di 400 talleri, grazie all’interessamento del principe. Casanova le promette di andare a farle visita ma, al momento del congedo, si accorge di non averle chiesto nemmeno l'indirizzo della sua attuale abitazione.





1976 L’INNOCENTE regia di Luchino Visconti

Nella Roma umbertina del 1891, l'aristocratico Tullio Hermil non ha remore nell'esibire pubblicamente la relazione extra-coniugale con la contessa Teresa Raffo. La docile moglie Giuliana appare rassegnata a una convivenza limitata a "stima e rispetto" reciproci.

Ma allorché, al ritorno da un viaggio di natura sentimentale a Firenze, apprende di un'amicizia sorta tra la moglie e il letterato d'origini popolari Filippo D'Arborio, Tullio manifesta un rinnovato interesse per Giuliana. Durante un soggiorno alla "Badiola", residenza estiva di famiglia, cerca di riconquistarla, ma ben presto viene a sapere che la moglie è incinta d'un figlio frutto della relazione con D'Arborio, che però muore di lì a poco, a causa d'una grave malattia infettiva contratta in Africa.

La gelosia di Tullio si rivolge al nascituro e, dopo avere invano tentato di convincere Giuliana ad abortire, assiste indifferente ed estraneo alla nascita e ai primi giorni di vita di quell'odiata presenza. Poi, durante la messa natalizia, approfittando della solitudine, espone il neonato al gelo, causandone il decesso, di cui solo la moglie può comprenderne la causa: nel tentativo di proteggere il figlio, Giuliana era giunta a simulare col marito avversione per quella presenza estranea che li divideva, e ciò aveva rafforzato l'insano proposito omicida di Tullio.

In assenza di prove, la giustizia terrena non può nulla contro l'infanticida. Lasciato dalla moglie, mentre la contessa Raffo, alla quale ha narrato i fatti, giace su un divano stordita dallo champagne, Tullio si toglie la vita con un colpo di pistola.





1976 QUELLE STRANE OCCASIONI regia di Luigi Comencini – Luigi Magni – anonimo

Italian Superman

Giobatta è un emigrato italiano, che vive ad Amsterdam nei Paesi Bassi, dove tenta di sbarcare il lunario vendendo lupini e castagnaccio (che chiama kastanjakken e italian lupinen) ma gli affari vanno male. Una sera, durante una rapina, uno degli aggressori lo tasta in cerca di soldi e si accorge che è un superdotato; viene quindi portato a forza dal proprietario di un night. Lì firma un ricco contratto per recitare da protagonista in uno spettacolo porno dal vivo. L'ingresso di Giobatta ad ogni esibizione verrà accompagnato con la Marcia reale. Per nascondere il fatto alla moglie e giustificare i lauti guadagni dice di essere diventato il fornitore di castagnaccio della casa reale olandese.

Viene però scoperto quando la moglie, trascurata a letto, una sera si reca casualmente (o forse, pedinandolo) nel locale dove lavora; ne nasce una discussione con la consorte, sessualmente inappagata, che decide di prendere parte anche lei allo spettacolo del marito. Ma Giobatta non riesce ad avere un'erezione in pubblico di fronte alla moglie e viene messo a fare il portiere del locale, mentre la moglie diviene la principale attrazione del locale, accoppiandosi con l'aitante Mustafà, un turco dotato come Giobatta.

Il cavalluccio svedese

Antonio, un uomo col tabù del sesso, ha avuto una sola donna e controlla assiduamente la giovane figlia Paola. Un fine settimana Antonio riceve l'improvvisa visita di Cristina, figlia di un amico e collega svedese con il quale aveva lavorato per due anni in Scandinavia. La moglie e la figlia di Antonio vanno fuori città e lui rimane solo con l'avvenente e disinibita ragazza. La sera stessa, a cena, questa confessa ad Antonio di avere avuto per lui un invaghimento quand'era ancora giovanissima e che lo trova ancora interessante.

Ospitata nella stanza di Paola, con la scusa d'avere paura del temporale, la notte stessa Cristina s'infila nuda nel letto di Antonio, e con lui ha il tanto agognato rapporto sessuale. La mattina seguente la ragazza, credendo che anche Antonio, come la propria famiglia, abbia una concezione libertaria dei rapporti tra marito e moglie, gli parla della relazione tra suo padre e la moglie di Antonio ai tempi del loro soggiorno in Svezia. Sconvolto dalla notizia, Antonio saluta la ragazza che prosegue il viaggio per Pompei. La sera accoglie con freddezza il ritorno della moglie, facendole comprendere di sapere tutto.

L'ascensore

A Roma, la vigilia di Ferragosto, un monsignore rimane bloccato in ascensore nel palazzo dove abita la sua amante. Insieme a lui nella cabina c'è un'avvenente ragazza bionda, Donatella. La situazione creatasi è lo spunto per un divertente episodio tipico della commedia all'italiana, in cui viene messa a nudo una certa ipocrisia legata ai costumi della società italiana.

Il regista "Anonimo"

Il primo episodio del film, Italian Superman, è stato diretto da Nanni Loy, ma riporta nei titoli di testa "Regia di: Anonimo". Loy infatti non volle firmare la regia del suo episodio, reputandolo, forse, troppo esplicito per l'epoca; nei vari passaggi televisivi, infatti, alcune piccole scene sono censurate. Sembra, inoltre, che il soggetto dell'episodio in questione, sia stato ispirato da un film-documentario uscito nello stesso anno di questo film, intitolato Mondo di notte oggi, in cui, tra le altre cose, si raccontava di un italiano emigrato ad Amburgo, in Germania, che, di giorno, lavorava come operaio in una fabbrica automobilistica, mentre di notte, partecipava a spettacoli a luci rosse in un night club a tema.






1977 UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO regia di Mario Monicelli

Giovanni Vivaldi è un modesto impiegato ministeriale sulla soglia della pensione. La sua vita si divide tra il lavoro e la famiglia. Con la moglie conta in un pronto inserimento nel mondo del lavoro per il loro unico figlio Mario, neo-diplomato ragioniere, un giovane non molto brillante nel quale permane una certa ingenuità e fiducia nel prossimo, pur seguendo la morale paterna piccolo borghese.

L'iniziazione massonica

Giovanni nell'intento si umilia nei confronti dei suoi superiori e pur essendo un convinto cattolico, si iscrive a una loggia massonica onde acquisire amicizie e favoritismi, ottenendo anticipatamente la traccia della prova scritta del bando di concorso ministeriale. La mattina dell'esame vi è una rapina a una banca cui segue una sparatoria dove il giovane resta colpito mortalmente.

La morte di Mario

L'evento tragico e le sofferenze che ne conseguono stravolgono la vita, le convinzioni e la morale dei coniugi Vivaldi. La moglie viene colpita da malore, rimanendo afona e gravemente invalida; Giovanni, accecato dal dolore e dall'odio, si getta in un'impresa solitaria che lo porta a riconoscere pur reticente l'assassino in un confronto all'americana temendo in una condanna troppo lieve.

Sequestrato dopo un pedinamento, stordendolo con il cric della sua auto Autobianchi Giardiniera, il malvivente viene tenuto legato a una sedia nel capanno di campagna dove Vivaldi era solito andare a pesca. L'uomo segue ferocemente la sua agonia e impreca in un misto di rabbia e disperazione, perché la sua morte, cui ha fatto assistere anche sua moglie, è giunta troppo presto.

Il giorno della sospirata pensione, celebrata tra l'ipocrisia e l'indifferenza dei colleghi, muore la donna e Vivaldi si prepara a una vecchiaia con amara rassegnazione. Uno scontro verbale con un giovane sfaccendato su un autobus gli fa rivivere quel ruolo di carnefice che lo ha già portato e che, probabilmente, lo riporterà a compiere giustizia da solo.

Nel castello del duca di Württemberg, dove si reca in cerca di un impiego diplomatico, Casanova è attratto da Rosalba, una bambola meccanica con le fattezze di una giovane donna. Al termine di una danza rituale, Casanova adagia la bambola su un letto a baldacchino e ha con questa un rapporto amoroso dove l’estasi e la soddisfazione dell'avventuriero veneziano si contrappongono alla freddezza della gestualità della sua partner meccanica.

Casanova, oramai anziano, ricopre la carica di bibliotecario in Boemia presso il castello Dux, di proprietà del conte Waldstein, lamentandosi quotidianamente del trattamento subito dal personale del castello, in particolare dal maggiordomo Faulkircher e dal suo intimo amico Vidarol. Alla fine ciò che gli resta è ritirarsi nella sua stanza a sognare di rincorrere i fantasmi del passato e a immaginare un ultimo ballo con Rosalba, la bambola meccanica.



1977 IN NOME DEL PAPA RE regia di Luigi Magni

Nell'ottobre del 1867, la Roma papalina guidata da Pio IX viene sconvolta da un attentato dinamitardo nelle fogne della caserma Serristori, dove perdono la vita venticinque zuavi pontifici francesi. La contessa Flaminia, madre segreta del rivoluzionario Cesare Costa, accusato insieme agli amici Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti di aver compiuto tale strage, si rivolge a un giudice della Sacra Consulta, monsignor Colombo da Priverno, giudice del tribunale pontificio, affinché la aiuti.

Per vincere la resistenza del monsignore gli rivela che è il padre dell'arrestato, nato da una fugace relazione nel 1849. Il prelato riuscirà a liberarlo e nasconderlo in casa sua insieme alla fidanzata, ma non a intervenire in favore degli altri due arrestati, che verranno condannati a morte dal tribunale ecclesiastico, nonostante la celebre arringa di monsignor Colombo, il quale sarà redarguito dal padre generale dei gesuiti.

Il giovane verrà però ucciso in un'imboscata tesa dal marito della contessa ritenendolo l'amante della moglie. Infine, Colombo vorrebbe scrivere una lettera piena di amarezza e risentimento al Papa, senza riuscirci, perché il suo perpetuo piange per il dispiacere, e rompe con il generale della Compagnia di Gesù, a cui durante la Messa non concede la santa comunione.





1977 PORCI CON LE ALI regia di Angelo Pietrangeli

«Viva Mao Tse Tung e il suo pensiero

quello sì che è giusto quello sì ch'è vero

che è vero

Lenin col Partito sempre fu sincero

Stalin col Partito invece fu severo

Trockij un giorno si vendette allo straniero

ma il piccone su di lui non fu leggero»

Anni 1970. Rocco e Antonia, giovanissimi compagni di Liceo, s'incontrano a una manifestazione e s'innamorano. Sono ragazzi con proprie idee politiche di Sinistra, al punto da non sopportare quelle omologhe dei genitori. Reduci da passate esperienze affettive, e sentendosi già degli adulti, condividono un'appassionata vita sessuale, quale rifugio dal loro tran tran quotidiano, dettato dal dovere scolastico e dell'impegno politico. È una relazione non duratura, il quale pretesto è uno slancio passionale di Rocco. Come se non bastasse, Antonia si "vendica" a un party in casa di Marcello - amico e mentore di Rocco - al quale si offre sotto gli occhi degli altri coetanei, i quali improvvisano un coro politico sulle note di Pensiero dei Pooh. Rocco assiste impotente e se ne va ripiegando su un amico. Antonia pentita ha un incontro con Lisa. Avviene l'occupazione del liceo, ultimo gesto importante al quale dei giovani possono ambire. L'anno scolastico volge al termine e i due prendono ciascuno la propria strada.


1977 IL PREFETTO DI FERRO regia di Pasquale Squittieri

Nel 1925 il prefetto Cesare Mori arriva a Palermo con poteri speciali per combattere la mafia inviato da Mussolini. Mori non è un fascista, avendo combattuto contro il ras Arpinati nei primi anni Venti. Con l'aiuto del funzionario di polizia Francesco Spanò, Mori ottiene confidenze prima ancora di raggiungere il capoluogo siciliano; poi, quando una intera famiglia viene sterminata per spaventarlo, reagisce affrontando personalmente e uccidendo il boss Antonio Capecelatro.

Conosce in seguito una popolana che gli apre gli occhi sulla reale situazione siciliana, e sulla tendenza di chiamare Piemontese chiunque venga da loro considerato un invasore. Raccolti numerosi indizi, ma impossibilitato ad agire legalmente per la mancanza di prove o di testimonianze, il Prefetto decide di spaventare i mafiosi e nello stesso tempo di ridare al popolo un po' di fiducia nello Stato. Combatte allora con metodi spietati il brigantaggio che allora agiva, quasi sempre, come il braccio violento della mafia.

Convinto ad andare fino in fondo, organizza l'assedio della cittadina di Gangi, ricorrendo infine alla chiusura delle condotte dell'acqua e al rastrellamento casa per casa del paese. La vittoria sui briganti, catturati in massa, culmina con l'arresto e il suicidio di Don Calogero Albanese, latitante da più di 40 anni.

Il successo della repressione del brigantaggio lo convince ad alzare il tiro contro i gentiluomini cioè la mafia vera e propria. L'irruzione nello studio notarile di Concetto Tarvisio gli mette in mano documenti che porterebbero all'arresto di mezza Sicilia. Convinto di essere sulla pista giusta il Prefetto continua imperterrito nella sua opera, spaventando i mafiosi che tentano di ucciderlo; tuttavia Mori riesce a salvarsi intuendo gli stretti legami esistenti tra fascismo e mafia, in quanto nel corso di un attentato alcuni fascisti, che avevano il compito di proteggerlo, non lo fanno. Attraverso il testamento lasciato da un vecchio residente nell'ospizio dei poveri, fa la conoscenza dell'avvocato Galli, gerarca capo dei fascisti siciliani e di rimando al Ministro dell'interno. Ma questo colpo è troppo grosso: Mori riceve la nomina regia a senatore, deve partire per Roma e il suo posto viene preso proprio dall'avvocato Galli.




1978 CIAO MASCHIO regia di Marco Ferreri

Il film non ha una storia uniformemente delineata, ma lavora per scene. Gérard LaFayette è un giovanotto affascinante che vive in un seminterrato di una metastorica New York. Lavora come elettrotecnico presso un modesto museo delle cere sulla Roma antica, tenuto da un colto quanto cinico e melanconico direttore di probabile origine italiana, tale Andreas Flaxman. Parallelamente a ciò, è impegnato come cuoco e tuttofare presso una compagnia di teatranti femministe Off-Off-Broadway, delle quali la bella Angelica è di lui innamorata. Ama anche passare del tempo con un gruppetto di anziani di cui è "protettore": l'anarco-individualista italiano Luigi Nocello, il suonatore nero Miko, l'evanescente Robin e la bella signora Toland.

Un giorno, dopo aver animatamente discusso sul tema dello stupro, le ragazze tramortiscono Gérard e, tenendolo ben immobilizzato, invitano Angelica a violentarlo, per poterlo così affrontare in un loro spettacolo; lui, però, non sembra farsi problemi al riguardo, tanto da accettare di convivere con lei e cominciare a ricambiare i sentimenti della ragazza. Durante una passeggiata con il gruppetto d'anziani, lungo le spiagge del fiume Hudson, Luigi rinviene, vicino alla carcassa morta di King Kong, uno scimmiotto neonato, a cui Gérard si affeziona talmente da adottarlo, considerandolo come suo figlio, battezzandolo col nome di Cornelio. Flaxman gli consiglia di sbarazzarsene perché non farà altro che complicargli la vita, ma LaFayette non gli dà ascolto.

Dal quel momento, la scelta di adottare come figlio una scimmietta saranno per il protagonista l'ultima e delirante affermazione della propria individualità, e lo humor nero, l'angoscia, la malinconia ed il sarcasmo che affronterà sono l'esplorazione sulle chiavi della decadenza umana. Angelica, a seguito della violenza che aveva fatto a Gérard, scopre di esserne rimasta incinta, ma il ragazzo rifiuta alcuna responsabilità, causando la rottura del loro rapporto e la fuga di Angelica, che si fa dare un passaggio dalla prima macchina che capita. Luigi, sentimentale e rancoroso verso il mondo, si suicida, impiccandosi, lasciando tutti i suoi magri averi al piccolo Cornelio. A casa, LaFayette scopre poi i resti di Cornelio, divorato dai topi. Stravolto, cerca conforto da Flaxman, che però appare tutt'altro che comprensivo. Un po' in maniera casuale, un po' volutamente, i due periscono nell'incendio del museo. Nella scena finale, Angelica e sua figlia, avuta con Gérard, giocano sulla spiaggia.





1978 ENFANTASME regia di Sergio Gobbi

Claudia Lanza, avendo perduto il figlio Marco in un incidente stradale che lei attribuisce al marito Andrea, torna allo chalet che possiede nei pressi di Bormio (Valtellina), alla ricerca di tranquillità spirituale. Ma la sua solitudine, rotta soltanto dai servizi della sgraziata Armida e dalla presenza del cane Turk, diviene dramma quando replicatamente viene avvicinata da un misterioso bambino che dice di chiamarsi Nino e raggiunge nascostamente Claudia per chiederle da mangiare. Il signor Lanza, allarmato per la brusca interruzione di una telefonata a Claudia, la raggiunge inopinatamente e da quel momento Nino, fattosi geloso, non si fa più vedere. La signora Lanza, che su Nino ha ormai riservato il suo amore per lo scomparso Marco, sicura che il fanciullo può morire per il freddo e per la fame, si mette a cercarlo disperatamente. Andrea si convince che si tratti di nevrosi e fa venire lo psichiatra, dr. Sisti. La gente del villaggio giudica il caso con perplessità. Solo degli stravaganti hippies, che vivono isolati nella fattoria Camosciara, credono nelle affermazioni di Claudia e le appoggiano dichiarando di avere subito dei furti da un bambino affamato. Un giorno in occasione di una battuta di caccia contro i lupi che sono scesi nell'abitato, Claudia rimane sola e Nino ricompare. Quando però la donna convince il marito a raggiungere l'orfanello nella cappella del cimitero ove ha confessato di essere solito nascondersi, Nino lo uccide. La macchina della polizia si mette intorno allo chalet dei Lanza incendiato. La donna torna in città e nasconde sulla propria macchina il bambino.

 




1978 MELODRAMMORE (E VISSERO FELICI E CONTENTI) regia di Maurizio Costanzo

Roma. Dovendo interpretare un film melodrammatico, l'attore Raffaele Calone decide di chiedere consiglio a un divo degli anni cinquanta ormai in disarmo: il grande Amedeo Nazzari. Dopo aver ascoltato il suo parere e aver visto molti spezzoni di vecchi film in bianco e nero, Calone è pronto per iniziare il film, che si rivela pieno di situazioni paradossali: l'attore infatti deve calarsi nel ruolo di un venditore di oggetti sacri che si innamora di una contessa sovrappeso.


1978 VIAGGIO CON ANITA regia di Mario Monicelli

Guido Massaccesi, dirigente bancario romano, informato da sua sorella Oriana che il padre Armando è gravemente malato, lascia la moglie Elisa con il figlio e parte in macchina, una Alfa Romeo Giulietta, per raggiungere Rosignano Solvay, loro paese natale. Deciso a compiere il viaggio in dolce compagnia, Guido va a trovare Jennifer, la sua amante che non vede da mesi. Il netto rifiuto della ragazza a seguirlo lo spinge a portare con sé Anita Watson, una ventiseienne americana, venuta a Roma per ritrovare un architetto italiano conosciuto a Chicago. La ragazza, all'oscuro sul vero motivo del viaggio, reagisce alle prepotenze del compagno e provoca un incidente stradale. Dopo una sosta ad Orbetello, i due legano maggiormente e compiono una capatina alla deserta Isola del Giglio. Giunti nei pressi di Rosignano Solvay dove nel frattempo Armando è morto, assistito dalla moglie Adelina e dai figli Teo, Omero e Oriana, l'incosciente Guido scarica Anita presso una pensioncina e raggiunge la famiglia. Dopo aver fatto amicizia con la centralinista Sandra e dopo aver atteso invano delle spiegazioni sullo strano comportamento di Guido, Anita scopre casualmente la verità e lo raggiunge mentre il corteo funebre sta per avviarsi al camposanto. L'arrivo dell'americana provoca uno scandalo e Guido si vendica rivelando la presenza di Noemi, l'amante di suo padre da 18 anni. Anita rifiuta di far pace con Guido e parte da sola alla volta di Pisa.




1979 BUONE NOTIZIE regia di Elio Petri

Un anonimo funzionario di una società televisiva conduce una vita ordinaria, pur versando con la propria moglie in un'evidente crisi coniugale, caratterizzata da una forte incomunicabilità. Un giorno, il protagonista viene contattato da un vecchio amico che non vedeva da tempo, con il quale s'incontra. Questi gli confida di essere minacciato da misteriosi sicari.

Dopo alcune traversie, tra le quali un'avventura erotica con la moglie dell'amico, quest'ultimo, prima di morire, gli fa pervenire una busta con la dicitura "da non aprire". La busta contiene una serie di bigliettini che ripetono enigmaticamente la stessa frase. Al funerale, celebrato con rito ebraico, il protagonista ritrova la moglie che gli confida di aspettare un figlio dall'amico ucciso.




1979 CRISTO SI E’ FERMATO ad EBOLI regia di Francesco Rosi

Carlo Levi è un pittore, scrittore e medico che, nel 1935, per la sua ideologia antifascista, viene condannato al confino ad Aliano, in Lucania. Aliano è un paese sperduto, povero, dove Cristo non è mai sceso a portare la sua redenzione. Inizialmente in difficoltà, entra poi in contatto con una varietà di personaggi: l'arciprete, uomo di cultura ma col vizio di bere, il carabiniere arricchitosi alle spalle dei contadini, Giulia, la donna di servizio, e il podestà, uomo di cultura e sostenitore di Benito Mussolini.

Si tratta di un mondo primitivo, pieno di superstizioni (memorabile la scena in cui Giulia afferma che non può buttare la spazzatura di notte perché l'angelo che c'è alla porta se ne andrebbe, o quando la donna rifiuta il ritratto che il pittore le voleva fare dicendo che il dipinto le avrebbe rubato l'anima). Levi entra in contatto con i contadini, che non giudica ma comprende, e si schiera dalla loro parte, ottenendo di essere il loro medico al posto dei medici locali, nonostante sia laureato in medicina ma non abbia mai esercitato la professione.

In questo paese arretrato, dove basta un po' di pioggia per far franare tutto, dove chi è andato in America è tornato vinto dalla malinconia, risuonano i discorsi di Mussolini, e la retorica della patria sembra l'unica via d'uscita ad una vita di privazioni e povertà per i giovani che si arruolano volontari nella guerra in Abissinia, nella speranza di poter ottenere un po' di terra. C'è però anche chi si chiede per quale motivo il governo debba spendere soldi nelle guerre invece che nel migliorare le condizioni di vita del paese. Con i successi militari in Africa arriva l'amnistia, e quindi il momento in cui Levi viene rilasciato e deve tornare a Torino. Il film si chiude a cerchio su Levi che ricorda malinconicamente i contadini lucani con cui ha fatto amicizia.




1979 DIMENTICARE VENEZIA regia di Francesco Brusati

Nicky e Marta, fratello e sorella, si riuniscono nella loro vecchia casa nella campagna veneta: lui arriva col suo giovane compagno, Picchio (Sandro), e tutti insieme programmano di trascorrere una domenica a Venezia. Tutto però inizia rapidamente ad andare male: la mattina della gita Marta, ex cantante lirica, è colpita da infarto e muore dopo una breve agonia. La tragedia spinge Nicola (Nicky) a isolarsi e a rinunciare anche al rapporto amoroso con Sandro.





1979 I GIORNI CANTATI regia di Antonio Pietrangeli

Marco, un cantautore molto famoso ai tempi del '68, in seguito ad uno sfiorato incidente in autostrada sale sul tettuccio della sua automobile cominciando a cantare i primi tre numeri. Andato invano il tentato suicidio, cerca di riprendere in mano la propria vita stando a contatto con gli altri colleghi cantautori e con il contesto politico del suo tempo. Deluso da ciò che ha ritrovato decide di lasciare tutto per unirsi ad un gruppo di giovani che occupano l'appartamento a fianco al suo: Guglielmo, Luca e Costanza. In loro compagnia riesce a trovare la sua vena compositiva, accorgendosi che la sua vita è nel mezzo tra l'astrazione completa dalle cose ed il bisogno di esse. Angela, la moglie, dopo una lunga attesa decide di continuare a vivere fingendo che Marco sia tornato. Isolato dai tre ragazzi dopo una notte di sesso, Marco decide di fare ritorno, ma il suo mondo e sua moglie hanno ormai deciso di abbandonarlo. Nell'ultima sequenza vediamo il seguito della prima scena, con Marco che, sempre accompagnandosi con la chitarra sul tetto dell'automobile, continua la sua enumerazione cantata davanti ad una fila di auto bloccate.



1979 PROVA D’ORCHESTRA regia di Federico Fellini

Il film inizia con il vecchio copista che racconta la storia delle tre tombe dei papi e dei sette vescovi che si trovano all'interno di un oratorio duecentesco, trasformato in auditorium nel Settecento. La stanza vuota, riempita solo dalla voce del copista, inizia a popolarsi di leggii, spartiti, quadri che raffigurano musicisti del passato fra i quali Wolfgang Amadeus Mozart. “Oggi il pubblico non è più così”, afferma il vecchio copista (dopo aver annunciato il ritiro per sopraggiunti limiti d'età) mentre sistema i fogli per l'arrivo dell'orchestra. Ed ecco che sbuca la televisione, ancora parzialmente discreta, nel riprendere documentaristicamente la seduta di prove. Il regista (la voce è dello stesso Fellini) inizia a interrogare tutti gli elementi dell'orchestra a uno a uno. I musicisti scherzano, ridono, si fanno beffe a vicenda, ascoltano la partita di calcio in radio nell'attesa di iniziare a suonare. Raccontano dell'assoluta necessità dei propri strumenti all'interno dell'orchestra, come a convincersi che ciascuno di loro sia lì per fare la differenza. Qualcuno, invece, si rifiuta di rispondere alle domande della troupe televisiva, forse troppo invadente, forse poco generosa nel retribuire gli sforzi altrui. Infatti, una piccola sommossa sembra fare capolino quando si scopre che l'intervista è totalmente gratuita, e la presenza dei sindacati in sala non fa che accrescere il nervosismo fra gli astanti. I racconti continuano a susseguirsi uno alla volta, i personaggi felliniani sono come al solito delineati alla perfezione.

L'anziano clarinettista racconta delle sue performance davanti ad Arturo Toscanini, mentre gli altri lo canzonano colpendo la sua vanità. I trombettisti dialogano tra loro, una violinista si nasconde mentre beve un goccetto di whisky rimproverata dai suoi compagni. Ma ecco che arriva il direttore d'orchestra: biondo, con un forte accento tedesco, inizia a bacchettare i musicisti invitandoli subito all'ordine. Le prime prove non vanno, le note stonate che provengono dalla sala fanno notare il poco affiatamento presente, mentre il terribile direttore comincia a spazientirsi e a rimpiangere l'ordine del passato. Dopo una lunga pausa (in cui il direttore viene intervistato nel suo camerino privato dalla televisione), l'atmosfera che si respira in sala, colta da un improvviso black out, non è più recuperabile. La rivoluzione è ormai compiuta al ritmo di slogan populisti e sessantottini: “La musica al potere, no al potere della musica!”. Il direttore è ormai sconfitto, deriso, messo alla gogna dai suoi musicisti. I muri sono pieni di scritte, l'anarchia è totale. Qualcuno spara (in possesso di regolare porto d'armi), qualcun altro fa finta di niente e continua ad ascoltare la radio (come lo zio in Amarcord che continua a mangiare nonostante la confusione).

Quando la situazione è ormai degenerata e i musicisti si ritrovano gli uni contro gli altri, una enorme palla demolisce uno dei muri della sala investendo anche la povera arpista. In uno scenario apocalittico di polvere e macerie, il direttore d'orchestra richiama allora gli orchestrali ai loro posti che, ammansiti ed ubbidienti, ricominciano a suonare. Ma il direttore, nonostante un inizio che sembrava finalmente positivo, ricomincia a inveire contro gli orchestrali prima in italiano poi in tedesco, con foga sempre maggiore.




1979 TEMPORALE ROSY regia di Mario Monicelli

Raoul, giovane pugile soprannominato "Spaccaporte", è costretto a interrompere una brillante carriera per una frattura alla mano causata da una banale scommessa. Si riduce così a lavorare in un baraccone dove si esibiscono alcune campionesse di catch femminile; tra di esse c'è Temporale Rosy.

Raoul e Rosy si innamorano, ma la loro unione è ostacolata dal proprietario del baraccone Mike Fernandez, a sua volta invaghito della donna. Raoul tenta maldestramente di far ingelosire Rosy fingendo una relazione con una pedicure. Dei due pretendenti, Rosy opta per sposare Fernandez. Dopo un ultimo litigio, Raoul si allontana.

Anni dopo, ritroviamo Rosy che, lasciato Fernandez e il mondo del catch, lavora come cameriera al bar di un porto. Lì incontra per caso Raoul, che attende di imbarcarsi per cambiare vita. I due decidono di tornare insieme.


1980 ARRIVANO I BERSAGLIERI regia di Luigi Magni

Nel giorno in cui le truppe italiane guidate dal Generale Cadorna si apprestano a conquistare Roma e a completare l'unificazione dell'Italia aprendo una breccia a Porta Pia, il nobile Don Prospero di Sant'Agata, ufficiale pontificio di origine bolognese e fortemente anti-sabaudo, è costretto da Papa Pio IX a presentare personalmente la resa dello Stato Pontificio, presentandosi con un picchetto d'onore e con la bandiera bianca sul Gianicolo nel tentativo di evitare ulteriori spargimenti di sangue.

Mentre un plotone di bersaglieri festeggia la vittoria, Don Alfonso D'Aragona, alla guida di un piccolo drappello di Zuavi pontifici, ignaro dell'avvenuta resa spara e uccide il loro comandante, un tenente di nome Urbano, venendo successivamente ferito dal suo migliore amico Gustavo Martini quando rifiuta nonostante tutto di deporre le armi.

Prima che Gustavo possa uccidere Alfonso, Don Prospero riesce a portarlo in salvo nel proprio palazzo, dove assieme a lui vivono anche la figlia Olimpia, convinta nazionalista italiana, l'avida seconda moglie Costanza, e il fratello di questa, il prelato Padre Paolo, scroccone e opportunista.

Con la caduta di Roma, Don Prospero decide di murarsi all'interno del palazzo, sprangando la porta, dichiarando il lutto e proclamandosi, in un delirio di vittimismo, assediato dagli Italiani; ciò che ignora è che il tenente ucciso da Alfonso non era altri che suo figlio, che tutti credono a Parigi intento a inseguire i suoi sogni di pittore.

Mentre l'avida Costanza e l'opportunista Paolo già pensano a come ingraziarsi le nuove autorità italiane e progettano una vasta speculazione edilizia per far fronte all'imminente arrivo di un gran numero di funzionari di cui Roma avrà bisogno in quanto nuova capitale, Don Prospero tenta di coinvolgere Alfonso, pavido e segretamente finito in rovina dopo aver sperperato il patrimonio di famiglia, in un'ultima quanto vana resistenza (successivamente vanificata ancor prima di iniziare nel momento in cui le truppe italiane completeranno l'occupazione della città per evitare le sollevazioni antipapali della popolazione), arrivando a promettergli in cambio del suo aiuto la mano di Olimpia.

Olimpia, però, finisce per innamorarsi di Gustavo, che tenta a più riprese di informare Don Prospero della morte di Urbano, venendo però sempre cacciato in malo modo.

Grazie alla serva Nunziatina, Gustavo riesce infine ad incontrarsi con Olimpia, cui rivela la sorte di Urbano; quindi, nel momento in cui riconosce Alfonso, tra i due scoppia un duello, che tuttavia finisce per far scoprire a Don Prospero la presenza del giovane sottotenente in casa sua.

Infuriato, il patriarca pretende un duello alla pistola con Gustavo, che tuttavia viene interrotto nel momento in cui Don Prospero ha un infarto. Costretto a letto, e convinto di essere ormai in punto di morte, Prospero rivela a quel punto di aver sempre saputo che il figlio Urbano fosse in realtà un Bersagliere (oltre che di essere stato lui stesso, nel 1848, un ufficiale savoiardo e convinto sostenitore della causa unitaria, salvo poi abbandonarla dopo averne capito gli intenti meramente colonizzatori a spese degli altri stati italiani), ma nel momento in cui Gustavo, in un impeto di rabbia, lo informa della sua morte, avvenuta oltretutto per mano di Alfonso, il vecchio patriarca subisce un ulteriore, durissimo colpo.

Così, la notte in cui Roma celebra il plebiscito che sancisce l'annessione di Roma al Regno d'Italia, un manipolo di bersaglieri si presenta a Palazzo Sant'Agata per arrestare Alfonso; Don Prospero li affronta, rinfacciando loro le pessime premesse attorno a cui l'Italia sta nascendo, e facendo presagire tutti i problemi a cui il nuovo stato, unificato con la forza e per il mero interesse politico di pochi, andrà inevitabilmente incontro.

Di fronte alle rimostranze di Gustavo, Don Prospero tenta di ucciderlo sparandogli, ma il giovane bersagliere viene difeso a prezzo della vita proprio da Alfonso, che si sacrifica per non vedere Olimpia perdere, oltre al fratello, anche l'uomo di cui è innamorata.

Quindi, dopo aver cacciato i Bersaglieri da casa propria, Don Prospero sbarra nuovamente la porta precedentemente riaperta da Olimpia, chiudendo simbolicamente la porta alla neonata nazione Italiana, per poi esalare l'ultimo respiro tra le braccia di Costanza, che solo a quel punto riconosce nell'uomo che ha sposato una persona ammirevole e degna di rispetto, che ha mantenuto saldi i propri principi fino alla fine.

Con la morte di Don Prospero, Gustavo è libero di vivere la sa storia con Olimpia, mentre Don Paolo decide di lasciare il palazzo e di stabilirsi altrove con il suo giovane amante, convinto come altri che, a conti fatti, nulla cambierà davvero, e che chi comandava ieri continuerà a comandare anche domani.




1980 LA CITTA’ DELLE DONNE regia di Federico Fellini

Marcello Snàporaz è un uomo maturo ed incauto il quale, durante un tragitto in treno, ha un fugace flirt con una misteriosa signora, che decide di seguire, scendendo alla fermata di un'irreale stazione in mezzo alla campagna.

Seguendo la sconosciuta, Marcello Snàporaz si ritrova in un albergo, nel bel mezzo di un tumultuoso congresso di femministe che parlano per slogan e formule preconfezionate, procedono su temi frusti e rivendicazioni scontate che, tuttavia, il protagonista non riesce a comprendere.

L'atteggiamento ostile delle astanti volge Marcello Snàporaz a una fuga precipitosa e, aiutato da una delle femministe presenti e da una inserviente, riesce a uscire dall'albergo. Fuori dall'albergo, rimasto a piedi dopo essersi separato dalla inserviente, riceve un passaggio da un gruppo di strane ragazze; cercando quindi di scappare da loro, arriva al castello di Katzone, un maturo santone dell'eros che sopravvive nell'adorazione di una femminilità ormai desueta, custodendo gelosamente e metodicamente un'ordinata collezione di testimonianze delle sue conquiste, una sorta di pinacoteca multimediale dove è possibile ascoltare le voci delle donne ritratte nei momenti di intimità, nella vana attesa di un ritorno agli antichi splendori.

La notte stessa Marcello scopre sotto il letto della camera dove alloggiava un passaggio segreto che lo conduce a uno strano lungo scivolo (sul quale assiste a visioni delle donne protagoniste della sua infanzia) che finisce in una gabbia. Fatto prigioniero viene condotto in un'aula di tribunale dove, ancora inconscio della propria colpa, viene condannato dalle femministe che lo portano in un'arena dove l'uomo assisterà al proprio pubblico linciaggio uscendone però "vincitore" e riuscendo a uscire da quello strano luogo. Si risveglia sul treno, davanti alla moglie Elena: tutto farebbe pensare a un brutto sogno, ma Marcello nota che i suoi occhiali sono rotti, proprio come nel sogno. Ancora più incomprensibile è per Marcello il fatto che, poco dopo, si siedano accanto a lui tre donne che erano personaggi del suo sogno. Ma il suo volto, inizialmente perplesso e preoccupato, subito cambia e volgendosi alla moglie esprime un compiaciuto atteggiamento di serena indifferenza.




1980 CORSE A PERDICUORE regia di Mario Garriba

Stefano è un deputato comunista costretto a fare il pendolare tra Roma e Bologna, dove vive con la moglie Luisa. Suo figlio Enrico, il più piccolo, è affetto da meteorismo che non si riesce a curare e, mentre nell'ambiente scolastico si trova a disagio, a casa non ha problemi di alcun tipo, spiando a volte i genitori e le spregiudicatezze della sorella. Questa, l'adolescente Antonella, decide di fuggire da casa ma, ritorna poco dopo con il napoletano Poldo. Luisa, fedele alla sua comprensività, difende la nuova situazione. Stefano, che generalmente tende ad essere molto calmo e ordinato, va a Roma per cercare di stare tranquillo. Ma Luisa lo raggiunge subito e lo convince a tornare a casa per una festa di società nel corso della quale Poldo e il suo cane Epicuro provocano disastri tali da far impazzire il padrone di casa. La notizia che Antonella è incinta da due mesi lo coglierà ancora una volta di sorpresa.

1981 CAMERA D’ALBERGO regia di Mario Monicelli

Tre giovani cineasti, Guido Bollati, Tonino Accrocca ed Emma Crocetti hanno formato il gruppo "La Svolta", che vorrebbe proporre un nuovo genere di film, "un nuovo neorealismo" come lo chiamano loro, e per far ciò nascondono delle cineprese in una camera dell'albergo Luna di proprietà del padre di una di loro (Emma), riprendendo tutto ciò che vi accade.

Si rivolgono ad uno scassato produttore cinematografico, Achille Mengaroni detto il "Menga", proprietario della Ursus cinematografica, sempre in bolletta e asfissiato dai creditori, a cui propongono di far uscire i risultati delle loro riprese, durate diversi mesi, sino al momento in cui tre giovani turiste polacche, accortesi delle cineprese, rompono tutto. Nel visionare le riprese in sede di montaggio, saranno contattati gli ignari interpreti per la necessaria liberatoria, e per alcuni di loro cambierà la vita.





1981 IL MARCHESE DEL GRILLO regia di Mario Monicelli

Roma papalina, 1809. Il marchese Onofrio del Grillo, nobile romano alla corte di papa Pio VII, trascorre le sue giornate, che cominciano sempre tardi al mattino (con i servi del palazzo costretti a non fare rumore fino al suo levarsi), nell'ozio più completo, frequentando bettole e osterie, coltivando relazioni amorose clandestine con popolane e tenendo un atteggiamento ribelle agli occhi di sua madre e della parentela conservatrice, bigotta e autoritaria.

Il suo principale passatempo, che lo rende famoso in tutta la città, è costituito da innumerevoli scherzi e beffe, nei quali è sempre accompagnato dal fedele Ricciotto, e dei quali risulta spesso vittima la sua aristocratica famiglia, composta da personaggi stravaganti e chiusi al mondo esterno: una madre affezionata, ma ostile e conservatrice; una parente povera di nome Genuflessa innamorata segretamente di lui; una sorella (con un alito terribile) sposata e con un figlio adolescente, che si reca costantemente dal cappellano di famiglia a confessare masturbazioni.

Il ricco nobile proprietario terriero è in grado sempre di uscire indenne dalle tante beffe e provocazioni organizzate, sfruttando la propria posizione sociale e spendendo senza remore il patrimonio. Un incontro casuale con il povero carbonaio alcolizzato Gasperino, suo perfetto sosia, consente ulteriori burle e persino di scampare inconsapevolmente ad una condanna a morte dal pontefice, comunque sospesa in extremis.

Il suo impudico edonismo e gli scherzi nei confronti di mendicanti, papi e consanguinei, proseguono liberamente fino al giorno in cui Napoleone invade lo Stato Pontificio ed i francesi occupano Roma. L'incontro con una bellissima cantante lirica straniera (essendo rimosso dagli invasori il limite che solo uomini possano esibirsi in teatro - in particolare, con castrati a recitare nelle parti da donna) ed un ufficiale dell'armata napoleonica gli fanno pensare per la prima volta pensare di abbandonare Roma per Parigi ed una vita meno provinciale ed autoreferenziale. Il viaggio comincia ma viene presto abbandonato, dopo la sconfitta in battaglia delle truppe imperiali in Italia.

Il pontefice Pio VII ritorna sul trono, finge a sua volta di condannare a morte il marchese (arrestando per errore tuttavia il carbonaio Gasperino), ma gli concede poi la grazia e persino di riprendere il suo posto tra i Sediari pontifici. Tutto ritorna come prima, solo il sosia povero del marchese sembra apprezzare maggiormente la propria vita anche se misera, dopo aver rischiato la morte nel lusso.






1981 LA PELLE regia di Liliana Cavani

Napoli, 1944, seconda guerra mondiale. Tra miseria e macerie di una città appena liberata, Curzio Malaparte, capitano del Corpo Italiano di Liberazione, quel che resta del Regio Esercito, media tra gli Alleati e la popolazione di Napoli, dove tutto accade nonostante la vita continui.

Prigionieri tedeschi venduti a peso, un carro armato americano smontato in pieno centro da abili scugnizzi, quartieri dichiarati off limits ai soldati alleati, bambini dati dalle loro madri indigenti ai soldati nordafricani per essere posseduti, e tante altre scene di ordinaria follia bellica, la cui apoteosi sta nella tragica eruzione del Vesuvio.

Infine una fanatica aviatrice americana viene violentata da alcuni commilitoni, e un romano festante viene travolto da un carro armato alleato sulla via Appia. Un banale incidente per i militari, il segno di una tremenda sconfitta per il protagonista.








1981 STORIA DI ORDINARIA FOLLIA regia di Marco Ferreri

Dal microfono di un teatro, lo scrittore Charles Serking, declama una poesia sullo stile alternando le parole ai sorsi di vino. Nel camerino, lo attende una ragazza nana, che gli si concede per rubargli il biglietto per Los Angeles. Di ritorno a casa l'uomo subisce rimproveri dalla moglie, per poi invaghirsi di un'avvenente bionda incrociata sulla spiaggia. La segue a casa e la possiede brutalmente, ma poi questa lo denuncia per violenza carnale. Successivamente accetta un posto in una casa editrice a New York, ma l'alcolismo lo rende inadempiente ai suoi compiti. L'amore è tutto per Cass, la più bella ragazza del quartiere, perduta in un delirio autodistruttivo e vari tentativi di suicidio: quando l'ennesimo tentativo riesce, l'unica consolazione per Serking (le cui promesse d'amore si sono rivelate insufficienti) sarà di riuscire a baciare il suo cadavere nella bara.




1981 TRE FRATELLI regia di Francesco Rosi

È la storia di tre fratelli originari del sud, divisi dalla differente età e da percorsi di vita molto diversi, che si ritrovano dopo molti anni al paese natio in occasione della morte della madre. Ognuno fa i conti con il proprio passato e si confronta-scontra con i fratelli e il padre, facendo un bilancio della propria vita. Sullo sfondo il malessere della cupa Italia dell'inizio degli anni ottanta, tra lotte operaie contro la restaurazione, disagio sociale e ultimi colpi di coda del terrorismo, che Rosi analizza attraverso lo scontro generazionale-familiare.






1982 AMICI MIEI ATTO II regia di Mario Monicelli

Rimasti in quattro dopo la morte del giornalista Perozzi, il conte Mascetti, l'architetto Melandri, il barista Necchi e il chirurgo Sassaroli continuano senza freno i loro scherzi zingareschi. Una visita al cimitero dove riposa l'amico diviene la scena di un'atroce burla ai danni di un vedovo davanti alla tomba della consorte: Sassaroli racconta all'uomo che la defunta è stata anche sua amante, facendolo infuriare. In seguito i quattro ricorderanno l'amico scomparso con flashback narrativi.

Perozzi, non appena termina il turno al giornale, passa a casa dell'amante Anita Esposito, moglie del fornaio sotto casa sua. La moglie Laura lo scopre per la terza volta e decide di ritornare dai suoi genitori, lasciandogli il figlio Luciano. Ogni giorno la vita di Perozzi si complica sempre più a causa del figlio, un bambino (a differenza del padre) serioso e studioso, allora Mascetti si offre di accudirlo in cambio di 150.000 lire al mese. Luciano, come compito scolastico, scrive un tema pesantemente offensivo sulle misere condizioni in cui è costretta a vivere la famiglia di Mascetti, che non esita a restituire il bambino ed i soldi al padre, consigliandogli di riconciliarsi con Laura, e Perozzi ci riuscirà con un astuto trucco: aggiungere falsamente il nome dell'amante tra le vittime di un incidente in un articolo sul giornale scritto da lui stesso.

Passano i giorni e, dopo un mese di assenza, riappare Melandri, che annuncia di aver deciso di battezzarsi, essendosi innamorato di Noemi Bernocchi, una fanatica religiosa, sorella del prete battezzatore, ed invita gli amici al battesimo. Dopo la cerimonia, durante la quale il Perozzi, in veste di padrino, quasi affoga il Melandri nel fonte battesimale insieme agli altri tre, Noemi invita a casa sua l'architetto, il quale tenta di sedurla, ma proprio sul più bello è costretto a tornarsene a casa in seguito alla furia dell'alluvione di Firenze, per salvare i suoi adorati libri e mobili antichi; nel frattempo Perozzi, svegliatosi di soprassalto per via del fiume esondato, viene scoperto nel letto di Anita dal marito, che l'aggredisce furioso. A seguito di ciò, la moglie di Perozzi capisce di essere stata raggirata dal marito per l'ennesima volta e l'abbandona definitivamente, portando con sé anche Luciano.

Ritornati nel presente, i quattro lasciano il cimitero: Necchi finge un litigio con la moglie Carmen accusandola di tradimento per avere ricevuto un mazzo di rose rosse, in realtà mandate proprio da lui allo scopo di avere la scusa del litigio per dedicarsi all'ennesima zingarata con gli amici. Alice, moglie di Mascetti, venuta a sapere che la figlia Melisenda è rimasta incinta, tenta nuovamente di asfissiare l'intera famiglia col gas, fallendo nuovamente in quanto ai Mascetti il gas è stato tagliato per non aver pagato le bollette. Il conte riesce quindi a farsi rivelare dalla figlia l'identità del seduttore, che si rivela essere Giovannone, il sottocuoco della mensa in cui lei lavora, un individuo enorme e poco raccomandabile; Mascetti, sconsolato, decide comunque di aiutare Melisenda a crescere il figlio, anche senza il padre, al quale dà il suo stesso nome.

Per distrarre l'addolorato Mascetti, gli amici organizzano una zingarata in cui conquistano la fiducia dei passanti per sorreggere la Torre di Pisa; successivamente, per essere passati contromano, vengono fermati da un vigile che chiede la patente a Necchi: questi esibisce il documento di un certo Augusto Verdirame, concordando alla fine che c'è stato un caso di scambio di patente, quindi non viene multato. Necchi scopre così di essere stato veramente tradito dalla moglie e l'aggredisce. L'amante si presenta al ristorante e Necchi lo obbliga a ingurgitare una minestra nella quale ha prima urinato.

Viene poi introdotta una contorsionista di nome Carmencita, con la quale Mascetti ha avuto anni prima una relazione, indebitandosi con l'usuraio Savino Capogreco. A spese dello strozzino, il conte invita la ragazza ad alloggiare in un lussuoso albergo, per poi svignarsela con il trucco del "rigatino" da lui inventato e lasciare la circense in balia degli albergatori. Per estinguere il debito con l'usuraio di Mascetti, i cinque inventano uno scherzo per ottenere l'annullamento del debito: il Sassaroli fa credere a Capogreco di essere in punto di morte e gli propone di estinguere i debiti in cambio di un intervento chirurgico che gli salverebbe la vita, per poi in realtà farlo addormentare e risvegliarlo senza avergli fatto nulla. Al bar di Necchi, tuttavia, arriva la contorsionista, che pare avere capito tutto. Sassaroli si finge dunque impresario di spettacoli circensi e chiede alla ragazza, poco esperta della lingua italiana, di dare prova delle proprie capacità, chiudendosi in una valigia da viaggio: questo servirà a disfarsi della malcapitata, caricandola come bagaglio su un bus in partenza.

Alcuni giorni dopo, nel presente attuale, mentre i quattro stanno chiacchierando, il Mascetti si sente dire dagli amici che loro non darebbero mai la propria vita per lui e si allontana rattristato. Gli amici lo raggiungono per scusarsi e rassicurarlo, ma in quel momento lui improvvisamente si sente male; anche se gli altri tre pensano inizialmente che stia fingendo, il conte è realmente colpito da una trombosi e rischia la vita. Se la cava su una sedia a rotelle, con una piccola pensione da invalido (ottenuta grazie a qualche imbroglio del Melandri al comune e del Sassaroli alla mutua, visto che il Mascetti non ha mai lavorato) e una villa in campagna del Sassaroli, dove il primario concede loro di vivere, per permettere al conte di rifarsi una vita con la moglie, la figlia e il nipotino Raffaello. Il film si conclude con una gara Interregionale della sezione handicappati nella quale Mascetti gareggia sulla sedia a rotelle, incitato dai suoi amici in lacrime.





1982 BELLO MIO BELLEZZA MIA regia di Sergio Corbucci

Gennarino Laganà è un siciliano poveraccio, che si dà da fare con umili lavori per mantenere la famiglia, mentre i suoi lo spingono a cercare fortuna al Nord. Gennarino non lascerebbe mai la sua amata isola, se non fosse incappato in una relazione amorosa con Donna Egeria, moglie del boss mafioso Don Mimì. Per sfuggire a una sicura vendetta, sale su un treno merci. In sogno gli appare San Totino, che gli promette protezione in cambio di una vita regolata. Giunge così a Milano, dove conosce Armida , una donna di strada, che lo porta in casa sua, lo rende suo protettore e amante. Ma San Totino appare ancora a Gennarino e gli rimprovera la sua condizione di mantenuto: lui deve lavorare e Armida cambiare vita. Nel frattempo don Mimì rintraccia Gennarino, si vendica rimpinzandolo di un pessimo gelato, e poi lo assume al suo servizio: dovrà recapitare delle misteriose scatole rosse.

Intanto Gennarino ha conosciuto una fioraia sciancata, sorda e muta, con un viso d'angelo: Clarabella. Egli se ne innamora perdutamente e vuol farla curare e guarire. Armida nel frattempo è ritornata alla sua Sicilia per rifarsi una vita normale. Anche Gennarino, dopo aver recapitato vari pacchi vuoti o quasi, partirà con una scatola rossa colma di esplosivo per far saltare in aria la tribuna dello Stadio Adriatico di Pescara, ove si trovano numerose personalità politiche. È don Mimì che ha organizzato il complotto. Mentre Gennarino attende inconscio l'ora fatale, sente il canto di una donna che conosce: è Armida, ormai divenuta un'onesta gelataia. Il loro incontro è interrotto dalla comparsa di don Mimì e di Clarabella, piena di salute, mai stata né sordomuta né sciancata.

I due, vedendo Gennarino col pacco rosso in mano che a momenti deve scoppiare, fuggono in un'auto. Gennarino vi getta la fatale scatola e, in un'esplosione tremenda, tutto salta in aria. Anche Gennarino, ferito gravemente, si trova ormai alle porte del paradiso, ove incontra San Totino. Ma Armida prega perché Gennarino guarisca e viene esaudita. Incominciano così una vita felice.


1982 I CAMIONISTI regia di Flavio Mogherini

Le vicende di Ofelia, avvenente gestrice di una stazione di servizio, corteggiata da un camionista e da un lord inglese, il quale, pur di conquistarla, ingaggia un ladrone che gli insegna con successo a comportarsi come un borgataro.

1982 IL CONTE TACCHIA regia di Sergio Corbucci

Roma, 1910. Figlio di un falegname, Francesco "Checco" Puricelli, detto "conte Tacchia", sogna da sempre di far parte dell'aristocrazia incarnata nel principe Terenzi; deve però fare i conti con la dura realtà di una nobiltà romana ormai rozza e decadente.

La vicenda si articola tra l'amore per la popolana Fernanda e l'infatuazione per la duchessina Elisa, in una sequela di situazioni grottesche alle quali il conte Tacchia sfugge beffardamente, non ultimo il duello con un nobile francese, per il quale scomoda addirittura il Sovrano che lo eleva al rango di nobile per fargli prendere parte alla disfida e difendere i colori italiani. Morto il principe Terenzi, Puricelli ne eredita le proprietà, il titolo e, ovviamente, i debiti. In ogni caso la nobiltà romana non lo accetta e non gli perdona comunque le umili origini plebee.

Scampato ad un matrimonio d'interesse con la duchessina Elisa, si arruola nell'esercito come ufficiale e partecipa alla guerra per la campagna di Libia, dove vedrà la pochezza e la codardia di molti suoi superiori che avevano ottenuto l'incarico solo in virtù delle loro amicizie. Riesce a scampare alla morte grazie al fortunoso incontro con un soldato libico, che aveva difeso anni prima quando quest'ultimo lavorava in un circo in Italia.

Creduto morto da tutti, Checco ne approfitta per tornare a Roma in incognito, spacciandosi per un commerciante ambulante maghrebino: ritornato a casa vedrà su una targa a lui dedicata di essere stato decorato alla memoria, ma gli resterà solo il tempo di prelevare Fernanda, suo vero amore, e di ricominciare una nuova vita con lei in America.




1982 OLTRE LA PORTA regia di Liliana Cavani

Il patrigno di Nina è in carcere a Marrakech in Marocco, accusato dell'omicidio della madre della ragazza. L'uomo in realtà è innocente, ma Nina, che conosce la verità, lo vuole in carcere per poterlo dominare. Spetterà a un giovane americano portare a galla la verità.


1982 SPAGHETTI HOUSE regia di Giulio Paradisi

A Londra, cinque immigrati italiani impiegati presso una spaghetteria (in inglese chiamata appunto spaghetti house), ovverosia i camerieri Domenico Ceccacci (ciociaro), Salvatore Manzilla (siciliano) e Biagio Cerioni (marchigiano), il caposala Valentino Cottai (toscano) ed il cuoco Efisio (sardo), desiderosi di mettersi in proprio dopo anni di duro lavoro, sono riusciti a raggranellare una somma di denaro sufficiente a rilevare i locali di un'anziana titolare d'un ristorante cinese ma la sera del loro ultimo turno di lavoro, durante la consueta chiusura della giornata in cui ricevono il commercialista, italiano anch'egli (per l'esattezza lombardo), per il quotidiano rendiconto, subiscono l'improvvisa incursione d'un trio di rapinatori di colore, Martin, Bill e Tom.

I tre, non proprio organizzatissimi, tentano di farsi dare l'incasso della giornata ma nella cassa trovano soltanto spiccioli, mentre il grosso del denaro è stato occultato di soppiatto dal commercialista in un vano mobile, il quale approfittando poi d'una loro distrazione riesce a darsela a gambe e ad avvertire una pattuglia della polizia sulla rapina in corso. Con i rapinatori imboscati per non farsi avvistare dalle guardie, i cinque ne approfittano alla loro volta per sgattaiolare sul retro, nascondendosi in un magazzino in attesa che la situazione si calmi, però anche i rapinatori, convinti di raggiungere una qualche uscita di servizio, vi si recano.




Quando ormai sono sopraggiunti nel locale svariati poliziotti, tra cui il commissario Hutchinson, i tre non possono che barricarsi nel magazzino assieme agli italiani. Sulle prime i tre rapinatori vorrebbero arrendersi ma quando si fermano a riflettere per bene sulla situazione, soprattutto alla luce del fatto di non essere incensurati, fanno retromarcia e, confidando in delle attenuanti per un reato politico, si fingono un commando d'una specie di fronte di liberazione rivoluzionario dei neri, dichiarando per bocca di Martin (presentatosi come loro comandante) d'aver sequestrato gli italiani dopo esser stati sorpresi nel bel mezzo di una rapina d'autofinanziamento e richiedendo per cui due taxi per la fuga entro la mattina seguente; gli italiani cercano di smentirli, ma vengono prontamente zittiti. Il commissario non pare prenderli troppo sulla parola ma cionondimeno decide per il momento d'assecondarli, dicendo che dovrà prima consultarsi col suo diretto superiore, il questore Davis, prima di poterli dare un responso; contattato a casa, il questore, pur condividendo i suoi dubbi, lo invita comunque a non abbassare la guardia ed a prendere più tempo possibile, suggerendogli di fingere d'essere bloccato al telefono in attesa d'esser messo in contatto proprio con lui e di non poterli perciò assecondare in ogni loro altra richiesta fino a nuovo ordine. Tutt'e otto gli uomini si ritrovano perciò costretti a trascorrere la nottata nel magazzino del ristorante, asserragliati dalla polizia (che nel frattempo è riuscita a montare delle cimici per monitorarli), e quando i rapinatori si tolgono la maschera, Domenico riconosce in Martin l'uomo che, solo qualche ora prima, s'era presentato al locale per chiedere lavoro e col quale aveva avuto un piccolo alterco; questi infatti, da quando è stato scarcerato, non è riuscito a trovare lavoro e per disperazione, dopo aver ricevuto l'ennesimo rifiuto proprio alla spaghetteria, s'era appunto avvicendato in questo sgangherato tentativo di rapina.

La mattina seguente la notizia del sequestro s'è già diffusa all'esterno, attirando così un fitto capannello di curiosi accampati all'ingresso del ristorante, tra cui gli stessi cari degli ostaggi, come la moglie inglese di Domenico, Kathy, che inutilmente cercherà di comunicare col marito. Anche al procuratore è giunta voce della vicenda per cui, quando il questore si reca nel suo ufficio per discutere della cosa, questi gli comunica seccamente che i tre rapinatori vadano considerati degli effettivi terroristi e che perciò si dovranno far intervenire i reparti speciali dell'antiterrorismo, aggiungendo inoltre che vista la situazione non sono da escludersi eventuali perdite tra gli stessi ostaggi. Aggiornato sulle ultime direttive, il commissario informa il trio che la loro richiesta non può essere esaudita, al che Martin controbatte che adesso vogliono un aereo; dinanzi al continuo temporeggiare del commissario, che pare voler eludere anche questa richiesta, Domenico sbotta in un violento sfogo nei confronti dell'operato della polizia, dichiarando a gran voce che a questo punto teme di più loro che i tre sequestratori. Trascorrono le ore e, complice pure l'aria estremamente viziata e la mancanza d'acqua, Salvatore diviene preda d'un forte malore (soffre infatti d'asma e di piccoli scompensi cardiaci) che gli impedisce persino di reggersi in piedi, al che Domenico cerca d'intercedere con Martin per il suo rilascio; quest'ultimo però si mostra inamovibile finché, constatando come possa essere per davvero in pericolo di vita, decide di lasciarlo andare. Frattanto giunge Buntin, comandante dei reparti speciali che dovranno fare irruzione, il quale comincia ad orchestrare i preparativi per l'operazione.

Trascorre un'intera giornata e, col tempo che passa sempre più inesorabilmente, i rapinatori finiscono per immedesimarsi nei loro ruoli di rivoluzionari neri, specie Martin, che con Domenico ha dei serrati confronti sulla diseguaglianza sociale ed il razzismo cui devono sottostare le persone di colore. Passati ormai due giorni, in cui la permanenza nel magazzino diventa ormai insostenibile, cominciano ad insorgere delle frizioni tra i ranghi dei sequestratori, soprattutto tra Martin e Tom, che litigano forsennatamente su come il primo conduca l'assedio e gestisca gli ostaggi, soprattutto Domenico, che pare trattare poco a poco alla stregua d'un amico, confidandogli i suoi pensieri più intimi e parlando a vicenda delle loro vite. Dopo il terzo giorno, messo infine alle strette, Martin decide di rompere gli indugi e cominciare a fare sul serio, giustiziando gli ostaggi; li fa dunque schierare l'uno accanto all'altro, facendo inoltre spegnere le luci per non doverli guardare negli occhi mentre li ucciderà, ma alla fine preferisce fermarsi, scegliendo dunque di lasciarli andare.

Proprio mentre i reparti speciali sono pronti ad entrare in azione, Martin si dichiara sconfitto al commissario Hutchinson e, dopo aver fatto uscire tutti, si spara un colpo al petto nel tentativo d'uccidersi. Passano due mesi e Martin, sopravvissuto al suo tentato suicidio, è detenuto al carcere di Brixton in attesa di giudizio, dove riceve le visite di Domenico, col quale ormai ha stretto una forte amicizia; Domenico gli promette che, quando avrà scontato la sua pena, avrà il posto di lavoro che non poté offrirgli al loro primo incontro. Tuttavia, nonostante le testimonianze favorevoli rese da lui e dal commissario, Martin viene condannato a ventun'anni di galera.

1983 CARMEN regia di Francesco Rosi

Atto primo

Vicino a una manifattura di tabacchi vi è una caserma. Micaela, una giovane navarrese, vi si appressa per cercarvi José, un brigadiere suo compaesano. I soldati cercano di trattenere la ragazza, ma questa, non trovando José, se ne va, rifuggendo dalle civetterie. Don José viene avvisato che lo si cerca. Rintraccia Micaela: è lei la ragazza che sua madre gli ha destinato come sposa e che viene, sua messaggera, a portargli la benedizione materna.

José è commosso, ricevendo il casto bacio che gli dà la giovinetta. Ma i suoi sensi sono turbati: poco prima Carmen, la più conturbante delle sigaraie, gli ha lanciato un fiore. E Carmen non è donna che si dimentichi facilmente. Alla manifattura scoppia una lite, due donne vengono alle mani. Una delle due è Carmen, che ha sfregiato la rivale. José viene incaricato di portare in città la bella zingara. Carmen si rende conto che avrà buon gioco e, celiando, promette il suo amore al brigadiere se lui la lascerà scappare. Quando lei tenta la fuga, infatti, José fa ben poco per fermarla.

Atto secondo

È passato del tempo. José è stato condannato e deve scontare la sua pena in prigione. Carmen, però, fedele alla promessa, lo attende alla locanda di Lillas Pastia, vicino alle porte della città. Neanche gli sguardi di fuoco che le lancia un famoso torero, Escamillo, concupito da tutte le belle, servono a distoglierla dal suo amore per José che, quella sera, finalmente giunge.

La taverna è ormai chiusa, non ci sono più clienti. Solo alcuni contrabbandieri amici di Carmen che han cercato di convincere la zingara a partirsene con loro per le montagne, inutilmente.

Felice di essere con l'uomo che ama, Carmen balla per lui solo. José, nel silenzio della notte, sente in lontananza il suono della tromba che chiama alla ritirata. Saluta Carmen, deve tornarsene in caserma. La donna, quando comprende l'affronto, diventa furibonda. Ah! Ma se José preferisce la tromba a lei, che se ne vada pure, ma che non osi tornare mai più. José è irremovibile. Niente può l'amore contro il dovere. Ma ciò che non riesce a fare l'amore, riesce a farlo la gelosia. Giunge in quel momento Zuniga, l'ufficiale di José, sperando in un incontro amoroso con la bella gitana. Al vedere il presunto rivale, José non si contiene più: gli si getta contro, sfidandolo a duello. Chiamati da Carmen, intervengono i contrabbandieri che dividono i due. Legano Zuniga. José, a quel punto, è costretto a seguire i fuorilegge sulle montagne.

Atto terzo

Tra le montagne, José e Carmen litigano ormai in continuazione. Se l'uomo è geloso, la zingara non sopporta la gelosia. Le due compagne di Carmen, Frasquita e Mercedes, fanno le carte vicino al fuoco. Anche Carmen vuole leggere il suo destino. Le carte parlano: l'aspetta la morte. Trae una carta anche per José: stessa sorte. Guidata da un vecchio, intanto, si sta avvicinando all'accampamento Micaela. Cerca Don José per avvisarlo che sua madre è in fin di vita. Un altro che sopraggiunge è Escamillo: cerca la bella che lo ha stregato. Ma Carmen non c'è, è andata con le sue compagne a cercare di distogliere dai loro doveri i doganieri del passo, per agevolare il passaggio dei contrabbandieri.

Quello che Escamillo trova è, invece, Don José che, geloso, lo sfida a duello. Il torero non vuole colpire, cerca solo di difendersi. Ma Don José, trovando in sua mercé il rivale, sta per ucciderlo. È fermato dall'intervento di Carmen che è tornata in quel momento. Il torero ringrazia la bella che lo ha salvato e rimanda il duello con Don José ad altro momento. Si fa avanti Micaela, fino ad allora celata nell'ombra. Reca il messaggio della morente che vuole accanto a sé il figlio. Don José, suo malgrado, deve abbandonare Carmen.

 Atto quarto

Siamo di nuovo a Siviglia, alla Plaza de Toros. Escamillo si prepara per la corrida, il popolo si riversa nell'arena. Cominciano le sfide di toreadores e picadores. Su un carro, vestita a festa, c'è Carmen con le sue amiche. Prende posto nella tribuna. Escamillo le rivolge parole d'amore, e lei ricambia. La corrida ha inizio. Tra la folla, José lancia sguardi di fuoco verso la sua amante. Carmen se ne accorge. A un suo cenno, lo segue fuori dall'arena: vuole mettere la parola fine a tutta quella storia. Ancora geloso, José supplica la gitana di tornare da lui. Farà ogni cosa per lei, anche il bandito. Potranno andarsene e ricominciare una nuova vita...

Ma Carmen non ne vuole sapere: lei non lo ama più. Vuole essere libera. Non teme le sue minacce. Preferisce la morte alla schiavitù di un amore che non esiste più da molto tempo. Non lo seguirà a nessun costo. Allora, mentre la folla grida alla vittoria, all'uccisione del toro, José si lancia con un coltello contro la donna che dice di amare e la uccide.

 




1983 E LA NAVE VA regia di Federico Fellini

1914: il piroscafo "Gloria N." salpa dal molo n. 10 di un non meglio definito porto di Napoli con a bordo le ceneri della "divina" cantante lirica Edmea Tetua. Meta della crociera: l'isoletta di Erimo nel Mar Egeo, nelle cui acque - per ottemperare alle ultime volontà del soprano - le ceneri dovranno essere sparse.

A bordo della nave, celebrità varie, nobili e amici della defunta artista, descritti con un'ironia comprensiva e impietosa al tempo stesso dal giornalista Orlando, a bordo per redigere una cronaca dell'evento. A bordo è presente persino un rinoceronte, ammalato di tristezza d'amore, che saltuariamente viene visitato dai passeggeri.

Il corso della Storia irrompe però con forza: a Sarajevo il granduca Ferdinando è ucciso e scoppia la prima guerra mondiale; contemporaneamente, il comandante della nave si trova costretto a dover soccorrere dei naufraghi serbi.

In vista della meta, il piroscafo italiano incrocia una corazzata austriaca e viene colpito ed affondato. Nell'ultima scena il giornalista Orlando informa il pubblico del fatto che i passeggeri non sono tutti morti: Un idrovolante ha recuperato i superstiti della scialuppa Aurora [...] La scialuppa Stella del nord è miracolosamente arrivata ad Ancona [...] Per quanto mi riguarda io ho una grande notizia da darvi: Lo sapevate che il rinoceronte dà un ottimo latte?

Nel dir questo il giornalista si scherma le labbra con la mano per non farsi sentire dal rinoceronte, il secondo passeggero della barca, che finalmente sereno, mangia un ciuffo d'erba.






1983 I PALADINI, STORIA D’ARMI E D’AMORI regia di Giacomo Battiato

E' uno stralcio di poema epico in immagini, che sfrutta in tono minore le vicende e i personaggi della "Gerusalemme Liberata" di Torquato Tasso. Cavalieri cristiani da una parte e guerrieri saraceni dall'altra attraversano boschi e torrenti, superano territori scoscesi, percorrono valli solitarie verso i rispettivi accampamenti, chiamati a raccolta dai capi per la guerra imminente. Durante il percorso si alternano e s'intrecciano avventure e storie d'amore degli uni e degli altri. La storia di Bradamante, giovane guerriera cristiana, alla quale una maga profetizza che s'innamorerà di un nemico, il principe saraceno Ruggero, destinato a morire per mano di Rolando, s'intreccia con quella della principessa Isabella, amata da Rolando, che - divenuta prigioniera di Bradamante - è ricercata da Ruggero, deciso a liberarla; e ancora con la storia dello stesso Ruggero, che sfuggirà momentaneamente al proprio destino di morte, grazie all'amore di un oscura guerriera, Marfisa ...

 


1983 SING SING regia di Sergio Corbucci

Prologo

I due attori comici Enrico Montesano e Adriano Celentano, all'anteprima del loro ultimo film: Sing Sing. Insoddisfatti del risultato finale, propongono due alternative al produttore cinematografico.

Episodio 1: Edoardo

Edoardo Mastronardi, un meccanico romano con il culto dell'Inghilterra, scopre, oramai trentenne, che i suoi veri genitori sono il barone Orfeo della Torre, un nobiluomo di Frascati, caduto nella miseria più totale, ex donnaiolo incallito ormai in punto di morte, e una prostituta inglese, soprannominata dalle colleghe la Regina d'Inghilterra a causa dei suoi modi raffinati e aristocratici. A causa di un'incomprensione, Edoardo crede di essere invece il figlio illegittimo della vera sovrana inglese e, pertanto, vola a Londra nel tentativo di conoscerla, cosa che avverrà nel più curioso dei modi: la salverà involontariamente da un attentato. La Regina, riconoscente, ospita Edoardo a palazzo e, affascinata, tenta di sedurlo. Lui, convinto di esserne il figlio, respinge le avance della sovrana facendo una brutta figura. Rientrato a Roma viene chiarito l'equivoco ed a quel punto Edoardo tornerà dalla donna e si riscatterà prima di tornare in Italia.

Episodio 2: Boghi

Un dispotico e burbero tenente di polizia, Alfredo Boghi, deve proteggere la giovane attrice di pellicole sexy-horror Linda dalle molestie telefoniche di un misterioso maniaco. Dopo un primo incontro burrascoso e nonostante i suoi atteggiamenti indisponenti, subito tra i due sboccia una forte attrazione, al punto che quando "Boghi" scoprirà che il fantomatico maniaco altri non è che il suo vicino di casa Oscar, un giovane squilibrato e disoccupato, ma palesemente inoffensivo, deciderà di non denunciarlo a patto che collabori con lui per conquistare definitivamente il cuore della bella Linda.



1983 STATE BUONI SE POTETE regia di Luigi Magni

Roma, seconda metà del cinquecento. In una ricca chiesa della Capitale, un piccolo ladruncolo, Cirifischio, ruba la preziosa pisside d'oro ma viene scoperto dal parroco e inseguito dalle guardie. Entra all'interno della bottega del fabbro mastro Iacomo, il quale gli indica una chiesa nelle vicinanze, in cui il piccolo può rifugiarsi chiedendo asilo.

Lì Cirifischio incontra un giovane prete fiorentino, don Filippo Neri, che in quella chiesa dà vitto e alloggio ai bambini e ai pellegrini in cerca di asilo giunti a Roma. Quando le guardie entrano in chiesa per arrestare il ladruncolo, don Filippo arriva con la pisside in mano e fa credere che lui stesso aveva mandato il bambino a chiedere in prestito l'oggetto, salvandolo dalla morte.

Grato al prete, Cirifischio decide di unirsi a lui nella sua opera cristiana di raccolta dei piccoli orfanelli della città. Per sfamare tante bocche don Filippo è costretto a elemosinare qualche tozzo di pane per i suoi bambini. Una sera la sua strada si incrocia con quella del giovane cardinale Duca di Caprarola. Di fronte alle richieste di elemosina del parroco, il ricco prelato risponde ordinando ai suoi sgherri di malmenarlo, suscitando la rabbia di Cirifischio che giura vendetta contro di lui. Il giorno dopo infatti, Cirifischio, insieme agli altri orfanelli di don Filippo, fermano il paggetto per punirlo del suo comportamento: scoprono però che quest'ultimo è in realtà una ragazzina, Leonetta, che il duca di Caprarola tiene con sé per le sue brame sessuali e che viene accolta da don Filippo. Cirifischio incontra di nuovo il Duca e gli lancia una pietra in volto ma viene arrestato dalle sue guardie. Don Filippo va quindi dal Duca e con uno stratagemma riesce a portarsi via i due ragazzi.

Per garantire alla ragazzina una buona educazione, don Filippo decide di condurla nelle scuole dei gesuiti, dirette dal fondatore dell'Ordine Padre Ignazio di Loyola, suo amico. Leonetta, intimorita dai metodi dei gesuiti, chiede a Cirifischio di aiutarla: quest'ultimo, in combutta con mastro Iacomo, cerca di farla evadere, ma viene inseguito da Padre Ignazio e don Filippo, che nel frattempo sistema con un secchio d'acqua benedetta mastro Iacomo, incenerendolo - egli infatti è la personificazione del Diavolo. Cirifischio e Leonetta vengono acciuffati dai gesuiti e condotti di fronte a Padre Ignazio, che decide tuttavia di lasciarli liberi.

Anni dopo, Cirifischio e Leonetta, ora adulti e fidanzati, decidono di sposarsi e don Filippo prepara per loro un pranzo di fidanzamento nel quale invita alte personalità religiose. Tuttavia Cirifischio, su indicazione della vecchia che ora occupa il negozio di Mastro Iacono, incontra di nuovo il Duca di Caprarola, che viene ucciso dal giovane con una coltellata, dopo una provocazione di quest'ultimo. Il pranzo viene dunque interrotto perché Cirifischio confessa il crimine a Leonetta e si dà alla fuga in quanto ricercato.

Anni dopo, Don Filippo Neri, dopo aver svolto un incarico da parte del Papa, incontra Leonetta, diventata suora, e insieme a lei prega per la redenzione di Cirifischio, diventato un brigante. Intanto Ricciardetto, figlio di un nobile che frequenta l'oratorio di don Filippo nonostante l'avversione del padre, è attratto dal diavolo nelle vesti di una giovane mora, nuova inquilina del negozio di fronte alla chiesa di Don Filippo, e muore improvvisamente. Nella camera funeraria dove giace il piccolo, questi resuscita momentaneamente davanti al prete chiedendo perdono per essersi fatto tentare dal demonio, addormentandosi poi fra le braccia di Dio.

Qualche tempo dopo, un brigante entra all'interno dell'oratorio e chiede a don Filippo di recarsi ai ruderi della chiesa di Santa Maria per battezzare il figlio di un bandito. Al battesimo è presente anche Cirifischio, che intende incontrare Don Filippo perché è stanco di vivere come un malfattore. Nuovamente il diavolo, ora nei panni di uno scultore, propizia l'incontro di don Filippo con un frate e, durante il tragitto per giungere ai ruderi, don Filippo discute con lui sulla situazione del tempo. Don Filippo critica infatti le esagerate riforme effettuate dal nuovo Papa, Sisto V, senza sapere che lo stesso frate cercatore è in realtà il pontefice sotto mentite spoglie il quale, benché criticato, ammira molto gli insegnamenti del sacerdote fiorentino. Durante il battesimo, don Filippo incontra Cirifischio e felice lo abbraccia ma le guardie del Papa entrano di soppiatto e lo arrestano. Cirifischio è condannato a morte e l'unico modo per salvarlo è rivolgersi al Papa Sisto V.

Al cospetto del pontefice, don Filippo riconosce in lui il frate cercatore incontrato qualche giorno prima. Sisto V decide di farlo cardinale, affinché possa diventare suo consigliere spirituale. Don Filippo però non accetta l'incarico e chiede al pontefice la scarcerazione di Cirifischio ma purtroppo per lui oramai non c'è più nulla da fare e qualche giorno dopo viene impiccato, non prima di avere saputo da don Filippo di essere stato ingannato per tutta la vita dal demonio ed essere riuscito a rivedere per l'ultima volta l'amata Leonetta, ormai divenuta suora.

Tornato al suo oratorio, vecchio e stanco, don Filippo continua a dedicarsi ai suoi piccoli orfanelli, nella gioia di seguire Dio.





1983 STORIA DI PIERA regia Marco Ferreri

Eugenia e Lorenzo hanno una figlia di nome Piera. La condizione mentale della madre non è delle migliori e si aggrava col trascorrere degli anni. Il film percorre la vita di Piera dalla nascita fino all'età adulta, dai ragazzi del quartiere che le vanno dietro alla relazione di tipo omosessuale con Arianna. Anche il padre attraversa un periodo in manicomio. Piera inizia a lavorare come sarta, ma avrà più successo a teatro.



1984 A TU PER TU regia Sergio Corbucci

Emanuele Sansoni è un ricco faccendiere che passa le sue giornate su di un panfilo al largo di Rapallo, in compagnia di due avvenenti amiche. Improvvisamente braccato dalla Guardia di Finanza e da alcuni banditi per via di sue spregiudicate operazioni finanziarie, fugge rocambolescamente e sale a bordo del primo taxi che incontra, condotto dal goffo Gino Sciaccaluga, ordinandogli di portarlo immediatamente a Milano. Arrivati nell'abitazione meneghina di Sansoni, questi recupera scottanti documenti con cui ricattare l'establishment politico-affaristico italiano e, insieme al povero tassista presto divenuto suo succube, si dirige verso la Svizzera.

Alla dogana di Gaggiolo, Sansoni si rende conto di essere ancora inseguito dai finanzieri e decide quindi di travestirsi da donna, fingendosi la sua presunta sorella Enrichetta. In queste vesti, blandendo con sorrisi e ammiccamenti l'ingenuo Sciaccaluga, lo prega di condurlo dapprima a Lugano, e poi in Lussemburgo; il tassista, che vede nella fantomatica Enrichetta la possibilità di rifarsi una vita lontano dall'opprimente moglie, si trova così coinvolto nella trama che l'affarista va ordendo. Andati a vuoto i tentativi di ricatto, Sansoni cede con l'inganno tutti i suoi beni a Sciaccaluga, usandolo come prestanome nel tempo necessario a rifinanziare le sue imprese tramite fondi neri. Una volta risollevato il proprio impero, Sansoni prevede di convincere (nei panni della sorella) il tassista a rigirargli le sue società in cambio di pochi soldi: lo scopo di Sansoni è raggiungere Casablanca per poter utilizzare i suoi documenti, dato che in Europa non può a causa della crisi finanziaria.

Sciaccaluga cade nella trappola, ma a seguito di diverse disavventure, e dopo essersi reso conto che Enrichetta non esiste, decide di suicidarsi lanciandosi da un molo. Viene però salvato, concidenza, dalle amiche di Sansoni che lo riportano proprio dal faccendiere, il quale ha ora bisogno della firma dell'uomo per ritornare in possesso dei suoi beni: ma nel frattempo Sciaccaluga ha finalmente capito il gioco, non firma e mantiene così la proprietà dell'intero patrimonio di Sansoni. Sciaccaluga diventa quindi un affermato faccendiere, mentre l'ormai nullatenente Sansoni è costretto a riciclarsi come tassista per tirare avanti.





1984 BERTOLDO BERTOLDINO E CACASENNO regia di Mario Monicelli

VI sec. d.C. In un violento e rozzo alto medioevo, alla corte del re longobardo Alboino giunge il villano Bertoldo, entrato nelle grazie del re con un'astuzia che ha molto divertito il sovrano. Invitato a pranzo, Bertoldo viene messo alla prova dai commensali e dimostra di avere una risposta per ogni quesito. Alboino però gli tende un tranello. Nell'atto di offrirgli un cappone ripieno, giura di fare al villano esattamente quello che egli farà all'animale. Bertoldo la scampa di nuovo, infilando le dita nel didietro del cappone e mangiandone il contenuto.

Tornato ad Acquamorta, il suo villaggio di capanne nella palude, Bertoldo trova il figlio sciocco Bertoldino che sta covando le uova dell'oca Nerina. La moglie Marcolfa ha infatti ceduto il pennuto, una coperta e una fiasca di vino a frà Cipolla da Frosolone, per avere in cambio una strabiliante reliquia: la penna dell'arcangelo Gabriele. Bertoldo mangia la foglia e parte con Bertoldino e il somaro Cavallo all'inseguimento di frà Cipolla.

Raggiuntolo nella grotta in cui si è accampato, il villano scopre una vera e propria riserva di penne dell'arcangelo Gabriele. Minaccia allora il frate di rivelare a tutti la verità, ma Bertoldino manda tutto a monte. Pur avendo recuperato l'oca (frà Cipolla ha già bevuto tutto il vino), Bertoldo decide di giocare un tiro al disonesto sant'uomo. Nottetempo s'introduce nuovamente nella grotta e sottrae le penne, sostituendovi un mucchio di carbone. Frà Cipolla si accorge dello scambio solo l'indomani, durante la messa.

Si trae comunque d'imbarazzo spacciando il carbone per un'altra reliquia (quello del supplizio di San Lorenzo), e viene finalmente a patti con il villano promettendogli la metà delle offerte dei fedeli. Presso una locanda, Bertoldo e Frà Cipolla dividono il bottino. Per sicurezza, Bertoldo impone a Bertoldino di nascondere il denaro nella biada di Cavallo. Ma Bertoldino viene distratto dalla bella e svampita Menghina e nel frattempo il somaro divora la biada. Menghina suggerisce allora di dare anche le monete in pasto a Cavallo: se Bertoldo ha ordinato di metterle nella biada, e questa si trova ormai nel suo stomaco, è lì che vanno nascoste.

Quando Bertoldo scopre il pasticcio va su tutte le furie. Frà Cipolla invece non si scompone e fa preparare la miracolosa pozione di San Clemente che "fa cacare immantenente". Mentre Cavallo espelle le monete, assistono alla scena i genitori di Menghina, proprietari della locanda. Bertoldo e Frà Cipolla danno loro ad intendere che l'asino produca monete e lo vendono. Tempo dopo re Alboino riceve l'ambasciatore di Teodoro di Ravenna, detto il Macilento, un brutto esarca bizantino promesso sposo della principessa Anatrude.

Il re si reca poi ad amministrare la giustizia e s'imbatte proprio in Bertoldo, imprigionato a causa della truffa. Trova però anche le donne del reame, fra cui la regina Magonia e la stessa Anatrude: esse si ribellano ai soprusi degli uomini, indossano le cinture di castità e gettano le chiavi in uno stagno. Alboino libera allora Bertoldo in cambio di un consiglio. Il villano lo ripaga con un efficacissimo stratagemma, ricevendo in ricompensa un anello destinato alla regina. Anatrude però è nei guai. La principessa rifiuta di sposare Teodoro e ordina a sua volta a Bertoldo di suggerirle una via d'uscita.

Bertoldo le consiglia di farsi dipingere a sua volta, tremendamente imbruttita, per un ritratto da inviare al promesso sposo. Truccata in modo grottesco, Anatrude si fa ritrarre dal pittore Ruperzio, ma per ironia della sorte se ne innamora. Bertoldo intanto, nel tentativo angoscioso di proteggere il prezioso anello dall'avidità dei compaesani, va incontro a una serie di sventure e assiste impotente alla distruzione della sua capanna. Dopo aver ingerito il monile, decide che è il momento di renderlo alla regina. Magonia non immagina le modalità della restituzione e gli ordina di compiere il gesto alla sua presenza. Bertoldo obbedisce, ed evacua di fronte alla sovrana.

Un simile affronto non può restare impunito, e il re impone allora al villano di compiere un gesto di sottomissione: dovrà inchinarsi di fronte a lui. Per sicurezza fa poi apporre alla porta una sbarra, a mezz'altezza, così che Bertoldo non possa entrarvi che a capo chino. Bertoldo entra invece all'indietro mostrando le natiche. È troppo: Alboino lo condanna a morte. Bertoldo chiede allora un'ultima grazia: poter scegliere la pianta dove venire impiccato. Mentre parte alla ricerca dell'albero, torna inattesa la delegazione bizantina a comunicare il rifiuto di Teodoro per Anatrude.

Su tutte le furie, Alboino fa evirare gli ambasciatori e decapitare un eunuco. Ma poi scopre il ritratto di sua figlia e ordina di giustiziare il pittore. Anatrude e Ruperzio fuggono insieme. Dopo quest'ultimo smacco, Alboino cade malato. Saltimbanchi e guaritori si avvicendano alla sua corte nel tentativo di farlo ridere, dietro promessa di una lauta ricompensa ma sotto minaccia di gravi punizioni. Fra i tanti si presenta anche frà Cipolla, che si è fatto la fama di possedere reliquie miracolose e viene tradotto a corte con la forza. Naturalmente fallisce e si avvia ad essere giustiziato.

Nel frattempo torna Bertoldo: ha scelto la pianta sulla quale morire: è una piantina appena nata e occorrerà aspettare che cresca. Di fronte all'ennesima arguzia, Alboino scoppia a ridere fragorosamente e i condannati hanno salva la vita. Anatrude ottiene inoltre il permesso di sposare Ruperzio, mentre frà Cipolla, Bertoldo e la sua famiglia sono condotti a corte con tutti gli onori. Ma Bertoldo anela alla libertà: non resistendo in tanta opulenza, non digerendo i cibi raffinati di corte, si ammala e peggiora di giorno in giorno.

Fa infine testamento delle sue povere cose ed elargisce le sue ultime perle di saggezza, poi muore; Alboino affranto scrive il suo epitaffio. La tristezza è comunque di breve durata: Menghina è incinta di Bertoldino e dà alla luce un bambino che è il ritratto vivente del nonno. Trionfante, re Alboino leva in aria il piccolo accingendosi a dargli un nome, ma il neonato gli deposita i suoi escrementi in faccia e viene di conseguenza chiamato Cacasenno.






1984 DESIDERIO regia di Anna Maria Tatò

Lucia, giornalista pugliese che vive in Francia, perde a Brindisi il traghetto che la deve portare in Grecia dove trovasi il marito. La forzata, brevissima sosta le consente di rivedere la sua terra, la madre e la nonna, ma la obbliga anche a subire la violenza di uno sconosciuto aggressore, in un rapporto tanto silenzioso quanto intenso. Esso suscita in lei un forte turbamento, che non la lascia nella sua "rivisitazione" non solo dei luoghi, ma anche delle persone care e di taluni episodi della sua infanzia e adolescenza. Durante un temporale, rifugiatasi con una bambina che le si è fatta amica in un trullo, rivive con dolcezza il suo recente passato. Lucia incontra ancora, sulla spiaggia vicina, il proprio aggressore ma, dopo che questi ha poco gloriosamente rischiato di affogare, lo lascia. Una pausa della vita di Lucia si è chiusa: partirà con il traghetto verso la Grecia, lasciando di nuovo alle sue spalle infanzia e ricordi.

 

1984 IL FUTURO E’ DONNA regia di Marco Ferreri

In una affollata discoteca, Malvina, una ragazza incinta, viene molestata e sballottata da un gruppo di balordi. È presente Anna, che la salva dall'aggressione e la porta a casa sua, dove vive col suo compagno Gordon. Si instaura quindi uno strano rapporto tra i tre, fatto di ammiccamenti, di mille sfumature e tentazioni: le scene di sesso non mancano, ma Anna sembra riversare nell'imminente maternità della nuova amica l'entusiasmo che non ha potuto finora avere in prima persona, non avendo mai avuto figli.

Un giorno, mentre i tre assistono a un concerto di Pierangelo Bertoli, un gruppo di giovani sbandati irrompe nel palasport: seguono degli scontri in cui Gordon perde la vita a seguito di un duro colpo alla testa, mentre cercava di proteggere Malvina. Dopo l'evacuazione del palasport, uno sbalordito Bertoli riprende il concerto davanti agli spalti ormai quasi deserti, col terzetto di protagonisti ancora al suo posto nonostante il corpo di uno di loro sia senza vita. Il nascituro invece è salvo. Ora le due donne stringono ancora di più il loro rapporto: lasciano la città e si fermano su una spiaggia, dove nascerà il figlio di Malvina. Dopo aver partorito, questa parte senza dire una parola, lasciando il bambino nelle mani di Anna.





1984 PIANOFORTE regia Francesca Comencini

È la storia di due tossicodipendenti, Maria e Paolo, che cercano di liberarsi dall'assuefazione all'eroina perché si amano. La lotta, difficile, contro la droga porta i due a una decisione opposta: Paolo si suicida e Maria decide di vivere con o senza di lui.


1984 VEDIAMOCI CHIARO regia di Luciano Salce

Il manager televisivo Alberto Catuzzi, in seguito a un incidente automobilistico, diventa cieco. La compagnia assicurativa che dovrebbe risarcirlo invia la bella Eleonora in avanscoperta per cercare di capire se la cecità di Alberto sia reale o meno, naturalmente all'insaputa del malato. Nonostante Alberto sia già sposato, giorno dopo giorno i due s'innamorano.

Improvvisamente, in seguito a un ulteriore trauma, Alberto ritrova la vista, ma proprio mentre sta per rivelare la bella notizia alla moglie, scopre che quest'ultima lo tradisce con il suo migliore amico. Alberto decide così di continuare a fingere la cecità per scoprire tutte le magagne che lo circondano, e delle quali non s'era mai accorto a causa della fiducia mal riposta nel prossimo.



1985 LE DUE VITE DI MATTIA PASCAL regia di Mario Monicelli

Dopo la morte del padre, Mattia Pascal conduce nel paese di Miragno una vita pigra e inconcludente, anche a causa delle questioni di eredità che sono nelle mani di Malagna, un amministratore astuto e di dubbia correttezza. Mattia è sposato con Romilda e i due vivono nella casa di lei insieme alla suocera, una donna vessatrice e grossolana. Mattia ha una relazione con Oliva, figlia di un suo dipendente, che gli darà un erede. Quando anche la vecchia madre muore, Mattia, ormai insofferente di tutto, decide all'improvviso di salire su un treno notturno che transita verso la Francia e di scendere a Montecarlo. L'idea di sparire, "tout court", ha sopraffatto quella di suicidarsi. Al casinò Mattia, come spesso accade ai neofiti, è aiutato da una fortuna sfacciata e vince somme esorbitanti. Intanto in paese, non avendo più sue notizie, i familiari decidono di tumulare un corpo nelle cui fattezze tutti hanno identificato lo scomparso Mattia. Assistendo di nascosto al rito nel cimitero, Pascal si adatta subito alla nuova e favorevole situazione e ormai, ufficialmente morto, parte per Roma deciso a ricominciare da zero una nuova esistenza. Tuttavia commette l'errore di stracciare i suoi vecchi documenti e con ciò annulla la sua personale identità. Si fa passare allora per tale Adriano Meis, esponendosi alla mercé del caso e correndo il rischio di essere coinvolto in sospetti e contrattempi. Trovata ospitalità presso una famiglia di Roma, Mattia si innamora, ricambiato, di Adriana. I due partono per Venezia ma l'uomo, ormai abituato a concedersi ogni lusso, si trova nei guai a causa della sfortuna al gioco. Proprio mentre Adriana gli annuncia felice la sua maternità Mattia, ormai invischiato nei debiti, decide vilmente di piantare lei e il suo fardello, di "uccidere" Adriano Meis e di ripresentarsi a Miragno nei panni del redivivo, con tutti i diritti conseguenti. Giunto nel paese, Mattia però scopre che la moglie Romilda ha sposato il suo amico Mino Pomino e che i due hanno una neonata. Per evitare lo scandalo, parenti ed amici concordano che di tanto in tanto, il fu Mattia Pascal andrà a prendere il caffè in casa della moglie e gli capiterà di incontrare Oliva - la quale gli fa conoscere il figlio avuto da lui, ma riconosciuto dal Malagna, ora marito della donna - e che potrà ritirarsi a vivere e lavorare nella biblioteca comunale come aiutante. Ormai ridotto in povertà, ogni tanto Mattia Pascal si reca a rendere un patetico omaggio floreale alla propria tomba.


1985 GINGER E FRED regia di Federico Fellini

Amelia Bonetti e Pippo Botticella in arte Ginger e Fred sono due attempati ballerini di tip-tap, ormai da molto tempo fuori dal giro.

Ginger e Fred vengono coinvolti da una TV privata in una sorta di "operazione nostalgia", per la serata di Natale. Ma si capisce subito che al centro della scena stanno in realtà la figura del presentatore e la pubblicità. Mentre Amelia è diventata una signora borghese benestante, vedova, proprietaria di una piccola azienda, ancora in forma, Pippo appare in situazione più precaria: bisognoso di soldi, ha problemi con l'alcool e non sembra in buona salute. Si saprà pure che, dopo aver sciolto la coppia con Ginger, era stato ricoverato per un periodo in un manicomio. La donna, che era ansiosa di rivedere finalmente il vecchio compagno, appare preoccupata per le sue condizioni. Pippo, che ha un atteggiamento da contestatore, vorrebbe alla fine del loro numero fare un intervento fuori programma molto critico sull'attuale società, ma poi rinuncia all'idea. Quando i due vengono chiamati sul palco si verifica un blackout che interrompe il loro numero. Fred, confabulando con Ginger sull'insensatezza della loro presenza al programma, la convince ad andarsene dal palco insieme a lui prima della ripresa del programma. Proprio mentre stanno uscendo e Pippo sta rivolgendo un gestaccio agli spettatori, torna la luce e i due riprendono il loro numero di ballo, terminandolo con molta fatica da parte di Fred e ricevendo alla fine un tiepido applauso. Quando si congedano, Amelia presta soldi a Pippo e l'invita a venirla a trovare. Ma la sensazione è che non si rivedranno mai più.







1985 HAREM regia Arthur Joffè

Diane è una giovane donna americana, la quale viene rapita da uno sceicco arabo e tenuta prigioniera nel suo harem. In un primo momento lei cerca di fuggire, ma col tempo si innamora del suo rapitore, e i due trascorreranno pochi giorni in un albergo. Poi Diane torna a New York, in attesa di ritrovarsi con il principe Selim, ma quest'ultimo proprio quando sta per partire dal deserto, viene ucciso in un momento di anarchia da uno dei suoi servi.

1984 INTERNO BERLINESE regia di Liliana Cavani

Berlino, 1938. Louise von Hollendorf è la moglie di un alto funzionario del Ministero degli Esteri che a un corso di disegno incontra Mitsuko, l'affascinante figlia dell'ambasciatore nipponico. Inizia con lei una storia estremamente passionale che coinvolgerà anche il marito; Mitsuko li condurrà in un gioco erotico di cui è protagonista anche il suo amante. Tutta la storia, poi, viene complicata anche dalla situazione politica della Germania nazista.


1985 I SOLITI IGNOTI … VENT’ANNI DOPO regia di Amazio Todini

Dopo vent'anni, Tiberio esce dal carcere trovando una Roma profondamente cambiata. Torna a casa da sua moglie Teresa, per prendersi le macchine fotografiche, gli obiettivi, i filtri; trova, invece, l'armadietto occupato dalle pitture e dalle vernici del nuovo uomo della donna. Quest'uomo rude, che lavora saltuariamente come imbianchino, gli rivela che Teresa si è venduta tutto per poter pagare gli avvocati, e frantuma il simulacro di fotocamera realizzato in carcere con le molliche di pane da Tiberio, per poi cacciarlo brutalmente dall'abitazione. Tiberio si adatta a dormire all'interno di un'auto abbandonata nello sfascia carrozze davanti a casa.

Nel frattempo, da Milano, è tornato il figlio Brunino, che subito interrompe un tentativo di furto del padre. Ormai rassegnato a riprendere l'antica attività, Tiberio va a trovare il suo vecchio amico Ferribotte, addetto ad una pompa di benzina e quasi chiuso in casa dalla sorella Carmelina ormai emancipata, per chiedergli dove può trovare Peppe er Pantera.

Lì conosce anche Augusto Cruciani, figlio di quel Dante Cruciani che vent'anni prima aveva istruito Tiberio e la sua banda sui metodi per scassinare una cassaforte, oggi complice di Ferribotte nel commercio di medicinali sottratti all'ospedale. A casa di Peppe per cercare un posto nel colpo che stava organizzando, Tiberio viene respinto per via della necessità di Peppe di arruolare una donna di mezza età per il colpo. Con un disperato tentativo di farsi comunque arruolare, Tiberio si presenta vestito da donna all'appuntamento che Peppe aveva con un'altra signora. Scoperto il travestimento, Peppe esplode in una fragorosa risata che, a causa dell'età ormai avanzata, gli causa un leggero attacco di cuore ed il successivo ricovero in ospedale sotto le cure proprio di Augusto Cruciani. Tiberio decide quindi di prendere il posto di Peppe nell'organizzare e gestire tutta l'operazione, cercando di riabilitarsi con l'amico.

Augusto Cruciani contribuisce all'operazione fornendo la casa di Tivoli, la macchina e la donna, Marisa. Tiberio recluta anche suo figlio Brunino, il neonato di Marisa e la portinaia del suo vecchio palazzo, ai quali si aggiunge anche Ferribotte. Il gruppo si mette in marcia verso Trieste dove hanno appuntamento con alcune persone per farsi consegnare il denaro da portare oltreconfine. Dopo varie difficoltà, il gruppo giunge a Trieste e grazie all'astuzia di Brunino passa la frontiera. Una volta consegnati i soldi, al gruppo viene detto di aspettare il pomeriggio per riprendere la strada.

Durante il viaggio di ritorno Tiberio si rende conto che il sedile del pulmino è stato cambiato e dopo aver lasciato Brunino alla stazione dei pullman per Milano, scopre assieme a Ferribotte che dietro al sedile in realtà è nascosta della cocaina. Vengono colti sul fatto dal mandante dell'operazione che lascia loro i soldi pattuiti e se ne va con il pulmino carico di droga. Mentre Tiberio, Ferribotte e l'anziana rientrano a Roma in treno, il pulmino carico di droga viene fermato dai carabinieri: il malvivente cerca di fuggire ma viene colpito dai proiettili sparati dai militari, mentre il capo riesce ad allontanarsi a bordo di un'altra auto, rinunciando così al carico. Sul treno, nel frattempo, il viaggio di Tiberio si trasforma ben presto in un viaggio nei ricordi, rimpiangendo assieme a Ferribotte i tempi andati. Maturano infine la volontà di lasciare Roma, ormai troppo cambiata per loro, e di ritirarsi in un paesino fuori porta dove trascorrere serenamente il resto della loro vita. Durante la festa di compleanno di Peppe, mentre tutti festeggiano non solo il compleanno ma anche la riuscita dell'operazione, uno dei trafficanti spara a Peppe, uccidendolo.




1985 SPERIAMO CHE SIA FEMMINA regia di Mario Monicelli

«Speriamo che sia femmina è un ritratto di una famiglia borghese allargata, come ce ne sono tante al giorno d’oggi, in cui i toni della commedia convivono con quelli drammatici di ogni esistenza umana trovando l’equilibrio in un tono medio, favorito dal contesto un po’ irreale della vita di campagna. Rispetto alla commedia all’italiana gli angoli sono più smussati, uniformati da uno sguardo meno aggressivo, più attento ai chiaroscuri che alle sottolineature.»

In un casale della campagna toscana vive in armonia un gruppo di donne. Elena, donna energica e razionale, dirige la fattoria, mentre la domestica Fosca, pratica e di buon senso, è il vero nume tutelare della casa, che provvede alle necessità materiali di tutte. Fosca si prende cura di due ragazzine, sua figlia Immacolata e la nipote di Elena, Martina che è figlia di Claudia, famosa attrice residente a Roma, che per egoismo e necessità di lavoro ha abbandonato la ragazzina affidandola alla sorella Elena.

Un'altra donna, Franca, la figlia maggiore di Elena, appare e scompare a seconda dei fidanzati presi o lasciati. La figlia minore, Malvina, mite e sottomessa, pensa prevalentemente ad allevare e curare con affetto i cavalli della fattoria.

In questo gineceo l'unica figura maschile è il vecchio zio Gugo, rimbambito e fastidioso per i suoi colpi di testa, accudito dalla domestica. In questo ambiente irrompe il conte Leonardo, marito della padrona, sebbene i due vivano separati di comune accordo. Il motivo della visita è economico: il conte vorrebbe ristrutturare un complesso termale in disuso, di proprietà della famiglia, per trasformarlo in uno stabilimento moderno, ma mancandogli i denari per realizzare l'affare, è venuto a battere cassa. Le sue speranze vengono deluse: la moglie chiede un parere sull'affare al suo esperto fattore Nardoni, che fra l'altro è il suo amante, il quale la sconsiglia di impegnarsi in un'impresa sconsiderata.

Nel frattempo le due ragazzine sono scappate a Siena per assistere, contro la volontà e all'oscuro dei parenti, a un concerto di Ron; dunque la famiglia e il fattore si mobilitano per la loro ricerca. Poco tempo prima il conte, con lo zio Gugo alle costole, era andato a visitare un belvedere posto ai margini di un profondo dirupo. Deluso e senza i finanziamenti sperati, decide di tornare a Roma. Nel fare manovra in retromarcia sull'orlo del precipizio, chiede assistenza allo zio Gugo, che nel frattempo esegue un suo strambo "esperimento" lanciando un piccione nel vuoto e gridandogli: "Vai! Vai!"; il comando viene equivocato dal conte, che precipita nel burrone morendo sul colpo.

Il fattore Nardoni ritrova le bambine fuggite, che vengono riportate a casa, dove giunge la notizia della morte del conte. Tutti, meno lo zio Gugo, che ha riferito solo di un guasto alla macchina e ha dimenticato l'accaduto, si sentono colpevoli di essersi preoccupati delle bambine mentre il povero conte si sfracellava al belvedere. Durante il funerale compare ancora un'altra donna: Lori, amante del defunto conte, anche lei vittima indebitata per gli affari di Leonardo, la quale viene bene accolta da Elena e dalle altre donne.

Tornate a casa, Franca annuncia di aver deciso di sposare Mario Giovannini, uno squinternato studioso di canti popolari, quasi per assolversi dal rimprovero del padre, che prima di morire l'aveva biasimata per il suo modo disinvolto di vivere l'amore. Da qui si origina un reciproco rinfacciarsi di colpe e accuse per la morte del conte, che causa una crisi dei rapporti tra le donne, portando Elena a credere che ormai il legame che le univa si sia spezzato; per questo motivo, oltre che per la necessità pressante di pagare i debiti lasciati dal marito, Elena prende la decisione di vendere tutto a Nardoni rompendo così l'unità familiare tutta al femminile: Claudia, in preda a sensi di colpa per la fuga di Martina, decide di portarla a Roma con sé; Fosca progetta di raggiungere il marito, da anni emigrato in Australia; Elena, rimasta sola con Malvina, immagina il proprio futuro in un residence a Roma; per lo zio Gugo non c'è altra soluzione che l'ospizio. Gli avvenimenti , invece, porteranno le donne ad avvicinarsi ancora di più, a causa di un'ulteriore serie di delusioni da parte degli uomini: Franca, rimasta incinta di Mario, si scopre stanca della sua inconcludenza e lo lascia; anche Claudia rompe con il suo amante Cesare, che da parte sua aveva insidiato Malvina durante una visita di questa alla zia; quanto a Fosca, riceve la notizia che suo marito ha già da tempo un'altra famiglia in Australia.

Elena sente l'importanza del legame che la unisce alle altre, e a pochi minuti dall'appuntamento con il notaio decide di non vendere più il casale. Pur rimanendo la necessità di pagare i debiti e altri problemi, la piccola comunità matriarcale si dispone serenamente ad affrontare il futuro.




1986 ANCHE LEI FUMAVA IL SIGARO regia di Alessandro di Robilnat

Giobbe, un giovane dai modi spicci, conosce una notte Brambilla - una ragazza che gestisce un sordido locale con il cieco e malvagio Bongo - e la porta nella sua squallida tana. Preso da improvviso amore, Giobbe per donare abiti e lustrini vari alla ragazza, fa una razzia in un magazzino di abbigliamento nel centro di Milano dove, sorpreso da una pattuglia dela polizia, uccide quattro agenti. Ma Bongo è geloso e denuncia Giobbe alla polizia che, guidata dal brigadiere Madeddu, piomba nella dimora del teppista, il quale tuttavia riesce a fuggire, grazie all'aiuto di Brambilla. I due giovani si rifugiano in campagna, nella casa dei genitori di Giobbe, dove la madre, possessiva e subito gelosa della nuova venuta, non esita a chiamare per telefono gli agenti dell'ordine per fare catturare Brambilla ricercata anche lei. Mentre Giobbe riesce a scappare, Brambilla viene arrestata, ma Bongo, verso il quale Madeddu è in debito di alcuni favori e che di lei si è ormai innamorato, ne ottiene il rilascio. In Giobbe, sempre latitante riaffiora l'antica passione per il rock: egli ottiene un contratto da un discografico e già al suo debutto incontra uno strepitoso successo. Quella sera medesima Madeddu si spara un colpo di rivoltella, perché Brambilla si è rifugiata presso il nuovo divo, il quale, messo di fronte alla scelta tra il successo e la ragazza, opta per quest'ultima e fugge lontano, ma questa volta insieme a lei.



1986 I LOVE YUO regia Marco Ferreri

Michel è un bel giovanotto desiderato dalle donne, di cui non ne può più. Invece s'innamora d'un piccolo oggetto, un portachiavi elettronico, che risponde al suo fischio con le parole "I love you". Ma infine s'accorge che l'oggetto fa lo stesso con tutti.






1986 UNA SPINA NEL CUORE regia di Alberto Lattuada

Siamo in un paesino sul lago d'Orta dove la gente si conosce tutta: Guido è un giovanotto senza alcuna voglia di lavorare che passa l'intera giornata nell'albergo locale al tavolo da poker e riesce a vincere discrete somme con molta fortuna. Un giorno alla stazione conosce Caterina, una bella ragazza che sembra non volergli dare confidenza. Guido se ne innamora e lei, dopo qualche indugio, accetta la corte di lui. Inizia la loro storia d'amore tra alti e bassi: la ragazza a volte assume atteggiamenti misteriosi. Ci sono molte ombre sul suo passato; Guido vuol saperne di più, è assalito da troppi dubbi. Caterina alla fine decide di lasciarlo e fugge: il giovane è disperato, non si dà pace e la cerca ovunque. Scopre così che Caterina è stata l'amante di Dionisotti, un signorotto del luogo; del medico del paese dottor Trigona che l'ha irretita fin da bambina e che l'ha tenuta legata a sé con droghe leggere; che è stata amica di Teresita una ragazza senza alcuno scrupolo o inibizione; che è stata infine coinvolta dalla levatrice del paese in giochi perversi ed equivoci. Viene a sapere poi che Caterina, dopo tante peripezie, ha deciso di sposare Tibiletti, un giovane garzone di macellaio sfregiato al viso in seguito ad un incidente di moto, che sembra amarla davvero nonostante il suo passato. Guido vorrebbe riconquistare Caterina ma riesce solo a liberarla dai fantasmi del suo passato costellato di vari uomini che l'hanno sfruttata ed umiliata. Alla fine lei sposa Tibiletti ma il loro sogno dura pochissimo poiché hanno un pauroso incidente con la moto e muoiono entrambi nel lago. A Guido non resta altro che ricordare Caterina felice con lui sia pur per breve tempo.


1986 VIA MONTELEONE regia di Carlo Vanzina

Nella rinomata via Montenapoleone si intrecciano le storie di vari personaggi dell'alta borghesia milanese.

Elena è una fotografa di successo che vive varie avventure amorose ma deve pagare i debiti di un padre fannullone: quando questi muore dopo l'ennesimo eccesso si scopre incinta e decide di tenere il figlio che deve nascerle, sposando un amico.

Margherita è una bella donna borghese, ricca e annoiata, che decide di lavorare in un'agenzia di pubbliche relazioni: innamoratasi di un architetto play-boy viene poi lasciata e scopre che lei era solo una delle sue conquiste, così rientra delusa nei ranghi familiari.Francesca ha un'agenzia di organizzazione di eventi ed è molto possessiva nei confronti del figlio adolescente, timido con le ragazze: questi è avviato alla scoperta del sesso da Chiara, la socia in affari della madre, che rimane sconvolta dalla scoperta. Solo dopo qualche mese riusciranno a chiarirsi.

Guido è un giornalista omosessuale, riservato e sensibile, che vive con disagio la sua condizione ma che poi riuscirà a farsi accettare per quello che è dai colleghi e soprattutto dalla madre, che inizialmente non capisce la situazione ma che diverrà comprensiva dopo un tentativo di suicidio del figlio.

Luca e Raffaella preparano il loro matrimonio esagerato, lei estremamente snob, lui yuppie rampante; dopo pochi mesi il matrimonio naufraga e si incontrano in via Montenapoleone con i rispettivi nuovi compagni.


1987 COME SONO BUONI I BIANCHI regia di Marco Ferreri

Un piccolo gruppo di volontari europei, fra cui tre giovani donne, giunge in Africa per portare alle popolazioni del Sahel generi alimentari come pasta, salsa di pomodoro e farina. Il capogruppo spagnolo, Ramirez, tuttavia sembra sempre impreparato di fronte ai vari imprevisti del viaggio. I volontari, che si presentano subito con abiti inadatti all'ambiente, nervosi, suscettibili, insoddisfatti, delusi dalle proprie esperienze, sono attesi da cinque camionisti anch'essi sbalestrati che con i loro veicoli li porteranno a destinazione. Fra di essi c'è Michele, il quale nota immediatamente Nadia, un'appassionata di fotografia, che tra le ragazze del gruppo è la più carina, e fa in modo che salga sul suo camion per avere la possibilità di corteggiarla e conoscerla meglio. Riesce nel suo intento e il viaggio inizia. Il funzionario del protocollo, un nero emancipato e sbrigativo, dà agli europei le prime indicazioni sul percorso da fare, ma quasi subito il gruppo, per un blocco dovuto ad una fantomatica guerriglia, si ritrova in un superalbergo con tutte le comodità e con un conto esagerato da pagare. Tutto si risolve lasciando una parte del carico di pasta al gestore dell'hotel. I volontari riprendono il viaggio ma devono fermarsi di nuovo più volte: prima ci sono i soldati che vogliono controllare che tutto sia a posto e familiarizzare con loro; poi arrivano in un villaggio sperduto dove il capotribù e i suoi non hanno un'aria pacifica e vorrebbero farli tornare indietro. A salvarli interviene la figlia del capo, ex top model a Parigi, amica di Nadia, che si infatua di Michele. Al villaggio la vita non è idilliaca: anche lì la droga miete le sue vittime; ci sono controversie religiose tra animisti e musulmani. Comunque il gruppo, dopo una notte passata al villaggio, riprende il viaggio e incontra un missionario francese, padre Jean Marie, che, in piena crisi esistenziale e vocazionale, se ne vuole tornare al suo paese. Nadia e Michele tra complimenti ed insulti reciproci, solidarizzano fra loro e capiscono di volersi bene. La ragazza confessa all'uomo di avere alle spalle una storia d'amore fallita ed un bambino a Parigi. Il gruppo intanto arriva in pieno deserto, tra il freddo della notte e la totale indifferenza e la subdola ostilità della gente del luogo. Fanno la conoscenza di una tribù con gli uomini travestiti da scheletri che mettono gli occhi sul carico di viveri e sul carburante che un elicottero ha portato ai volontari per rifornire i camion rimasti a secco: il viaggio è lungo, faticoso ed esasperante; gli europei sono all'estremo delle forze. Improvvisamente si guasta il camion di Michele, ma per fortuna sono vicini ad un'oasi dove c'è acqua e gli estenuati volontari possono rifocillarsi. Ma devono ripartire alla volta del Sahel che ormai è vicino. Michele e Nadia rimangono nell'oasi in attesa del pezzo di ricambio per il camion che un elicottero porterà loro al più presto. I due rimangono così finalmente soli in quel posto ideale e possono amarsi senza alcun problema. Purtroppo la mattina dopo al risveglio si ritrovano circondati da molti indigeni il cui capo non ha affatto un'aria amichevole: infatti ce l'ha con loro perchè hanno sporcato l'acqua. Un negro che parla la loro lingua, poichè è stato a lavorare in Sicilia, cerca di convincerli ad andare via ma per i due ciò è impossibile in quanto il camion è ancora guasto. Allora il negro torna dal suo capo e dopo un po' va di nuovo verso i due porgendo loro una coppa con un liquido biancastro che gli europei bevono con tranquillità dopodichè si addormentano. Due giorni dopo giunge l'elicottero con il pezzo di ricambio: Ramirez ed un altro autista scendono, chiamando Nadia e Michele, vanno vicino al camion, vedono tutte le cose dei loro amici, ma di essi nessuna traccia.

 

1987 CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA regia di Francesco Rosi

Il maturo dottor Cristof Bedoya scende dal battello che l'ha ricondotto lungo il fiume a uno sperduto villaggio della Colombia, dove ha fatto la sua prima pratica medica, chiamato a dirigerne l'ospedale. L'assalgono i ricordi della giovinezza, quando il ventunenne amico Santiago Nasar, rampollo di una famiglia benestante del paese, venne ucciso a coltellate dai fratelli Vicario, per vendicare l'onore della loro sorella Angela che, ripudiata subito dopo le nozze dal marito Bayardo San Roman perché non illibata e violentemente pressata dai familiari, si era lasciata sfuggire il nome del giovane colpevole.

Sull'onda dei ricordi, Bedoya riesce a ricostruire pezzo per pezzo la cronaca dell'uccisione dell'amico, dall'arrivo dello spavaldo Bayardo, al suo vano corteggiamento di Angela che lo rifiuta, ai modi strafottenti e alla sfacciata profusione di denaro con cui riesce a convincere la famiglia a concedergliela in sposa, fino alle nozze fiabesche, cui farà seguito il ripudio e la tragica uccisione dell'amico, davanti al passivo fatalismo di quasi tutto il paese, riversato sulla piazza in occasione del passaggio del vescovo. Nessuna prova concreta delle presunte responsabilità di "seduttore" di Santiago affiora dalle ostinate ricerche dell'amico. Frattanto Angela, incredibilmente fedele al marito, continua a scrivergli lettere su lettere per anni, fino al ritorno di lui al paese e alla patetica riconciliazione finale.



1987 IL GIORNO PRIMA regia Giuliano Montaldo

Quindici volontari accettano di farsi rinchiudere per venti giorni in un rifugio antiatomico per testare gli effetti di una simile situazione sul comportamento umano.

I partecipanti, scelti tra svariate tipologie di persone, avranno le reazioni più imprevedibili, soprattutto quando verranno a sapere, attraverso la televisione installata nel bunker, che un missile atomico sta forse per colpire la città in cui si trovano.

1987 I MIEI PRIMI QUARANT’ANNI regia di Carlo Vanzina

Quando ci fu la liberazione di Roma dall'occupazione tedesca, Marina era appena una bimba; dopo la sua infanzia il padre e la madre prenderanno coscienza che la sua adolescenza fa presagire molta inquietudine. Dopo le sue prime esperienze erotiche con la cameriera di casa, incomincia a frequentare ragazzi conosciuti in piazza Navona e nei dintorni. Prima costruisce un atelier di moda con una sua amica marchesina, Doris Caetani. L'uomo scelto per le sue nozze è il giovane duca squattrinato, Massimiliano Caracciolo Villalta, ma dopo la nascita della loro figlia Lucrezia avviene la separazione, anche per le violenze che subisce Marina. Dopo il divorzio con il duca Caracciolo Marina, ormai diventata ancora più bella ed elegante, diviene l'accompagnatrice del Principe Riccio, un uomo d'affari molto ricco, amante però del lieto vivere e che al posto di fare l'amore preferisce affilare coltelli.

Infatti il principe permette a Marina di tradirlo facendo l'amore con playboy della Costa Azzurra. Non soddisfatta del suo lieto vivere, Marina pianta il principe per vivere con Roberto D'Angelo, un pittore d'avanguardia, contestatore e cocainomane, ma poco dopo lo lascia per un suo tradimento, per tornarvi dopo un suo tentativo di suicidio. In Spagna poi nasce un rapporto con il giornalista Nino Ranuzzi de l'Espresso, il giorno della nomina di Bettino Craxi a presidente del Consiglio. Ranuzzi preferisce alla fine restare con la moglie e Marina continua la sua vita movimentata finendo con l'innamorarsi dell'organizzatore della Biennale del dissenso, a Venezia, Carlo Donati Dadda, con il quale si sposa.

1987 MONTECARLO GRAN CASINO’ regia di Carlo Vanzina

Furio

Furio, giovane avvocato di Roma, vince una grande somma al Casinò. Ridotto successivamente sul lastrico al gioco del Backgammon contro il Barone Duroc, si trova non solo a non poter pagare il conto dell'albergo ma, abbandonato dalla sua compagna Magda, capita fra le grinfie di una anziana regina della finanza, Romilda Scotti, detta Romy, affamata d'amore, che gli promette di saldargli i debiti, se lui sarà disposto ad accontentarla come gigolò. Con il passare dei giorni la donna continua a non pagarlo, consapevole che, se lo facesse, lui se ne andrebbe via da lei.

Neanche una notte d'amore dove Furio si é scambiato con il suo amico Muflone sembra risolvere la situazione. Una sera all'interno del casinò monegasco trova per puro caso una fiche incustodita di alto valore che gli fa vincere un'immensa fortuna grazie ad una puntata secca alla roulette sul numero zero e, non sopportando l'ennesimo capriccio dell'anziana miliardaria, le dà il definitivo benservito con uno schiaffone buttandola in piscina. Dopo averla buttata in acqua e in preda alla gioia se ne ritorna dentro il casinò per giocare nuovamente alla roulette.

Gino e Lino

Gino e Lino sono invece due fratelli milanesi, proprietari di un ristorante, venuti a Montecarlo per comprare un appartamento. Gino si fa prendere dal vizio del gioco d'azzardo ma riesce a trattenersi perché Lino invece è una persona molto cauta e bada a lui. Molto fresconi e parecchio sprovveduti, incontrano Silvia, una bella ragazza maniaca pure lei del gioco d'azzardo e miliardaria.

Gino, per corteggiarla perde tutto il denaro in contanti tartufonati (in nero) che i due fratelli avevano portato per l'acquisto. Alla fine diventeranno una coppia di improbabili e maldestri ladri per andare a rubare una collana d'oro al loro amico "cumenda" Ambrogio Colombo di cui Silvia è l'amante, in modo da recuperare il denaro perduto ma purtroppo falliranno miseramente.

Oscar

Oscar è un baro professionista ma di scarso successo che, dopo l'ennesima perdita, vede la sua partner Patrizia, di cui è innamorato, passare in società con il Barone Duroc de Rothschild, un collega francese d'alta classe. Oscar si prende alla fine la soddisfazione di far sconfiggere Duroc da Paolo, un falso ingegnere da lui manovrato che a sua volta si scopre un baro abilissimo. In questo modo riuscirà anche a riconquistare Patrizia, ma quest'ultima lo abbandonerà la mattina dopo rubando l'immensa fortuna vinta da entrambi ai danni di Duroc la sera precedente.

Paolo

Paolo è un elettricista comunale di San Remo. Molto bravo a barare a carte, viene reclutato da Oscar che gli crea la falsa identità di un miliardario vero, l'ingegner Borghini, al quale è molto somigliante, nell'intento di battere al gioco il Barone Duroc, rivale di Oscar. Dopo varie disavventure i due riescono a trionfare sul Barone, ma Oscar si farà fregare tutta la vincita da Patrizia.



1987 I PICARI regia di Mario Monicelli

Lazarillo de Tormes e Guzmán de Alfarache si incontrano ai remi di una galera, entrambi per espiare le colpe di una vita instabile e truffaldina e iniziano così a raccontare le rispettive storie.

Lazarillo de Tormes è cresciuto in una casa poverissima insieme ad innumerevoli fratelli e sorelle dove, per sopravvivere, la madre si prostituiva. Le aspettative della sua famiglia sono così misere che, nella speranza di andare incontro ad una vita migliore, un giorno viene affidato ad un viandante cieco scaltro, truffatore nonché incredibile spilorcio, che insegna la vita così come va imparata per strada: con raggiri, inganni e beffe, sfruttando il bambino come suo lacchè per le sue malefatte. Sfruttando la cecità del suo brusco e bieco mentore, Lazarillo lo farà precipitare in un profondo fossato, liberandosi finalmente del suo giogo ed impadronendosi di tutti i suoi averi.

Guzmán de Alfarache invece non ha conosciuto miseria: il padre era orologiaio, ma baro al gioco, molto abile nel truffare con i dadi e le carte, e morì quando Guzmán era ancora un bambino, perché impiccato a causa delle sue truffe. Viene poi indirizzato da un prete in una famiglia nobile, dove un insegnante privato lo userà come capro espiatorio punendolo severamente per ogni errore o colpa commessa dal rampollo della famiglia (perché quest'ultimo, essendo nobile, non può essere nemmeno sfiorato per nessun motivo). Dopo un breve ma angusto periodo, Guzmán esasperato decide di scappare da quella casa.

I due fanno amicizia e dopo esser scampati dalla galea insieme, grazie a un ammutinamento dei prigionieri alla fine del quale vengono gettati in mare, si ritrovano su una spiaggia. Anche lì giocano a sorte scegliendo per "terra" o per "mare" la nuova strada da percorrere, legati ancora dalle catene della galea e dal destino, e da questo stesso divisi per necessità. Infatti, truffato un fabbro e sua figlia, i due riescono a liberarsi ed a fuggire per un soffio dai gendarmi, dividendo le loro strade.

In seguito Guzmán verrà ospitato ed assunto da un nobile squattrinato ma di sangue blu, che gli regalerà il suo personale cavallo come pagamento per i suoi servigi, poco prima di essere arrestato a causa dei suoi debiti non saldati. Più tardi incontrerà di nuovo Lazarillo, che nel frattempo aveva seguito la sua arte da attore improvvisato del farsi passare come mentecatto per strada, il quale per caso era riuscito a far notare il proprio talento di commediante dal proprietario di un teatro, il quale lo assumerà per alcune rappresentazioni, ottenendo così uno sfarzoso vestito nobile e facendo innamorare una monaca di clausura.

Comincia così il loro itinerario, ora in comune, ora separato, sempre in bilico tra truffe e beffe. Con i soldi guadagnati da una truffa Lazarillo e Guzmán decidono di fare un investimento e di acquistare una prostituta, Rosario, da un vecchio protettore. L'affare si rivela tuttavia un inganno poiché la meretrice risulta essere poco ligia al dovere e si fa gioco dei due facendo l'amore con chi vuole lei e gratis. Il carattere indolente di Rosario e l'invaghimento di Lazarillo nei suoi confronti porta i due protagonisti a dividersi di nuovo: Lazarillo decide di mantenere Rosario, facendo i lavori più umili, disparati e pesanti; Guzmán, ora di nuovo senza una precisa meta, viene accolto da una confraternita di malviventi comandata da un losco individuo chiamato Mozzafiato che lo incarica, per una questione di denaro, di minacciare un nobile locale.

La notte stessa Guzmán si reca con pessime intenzioni dal signorotto, che però con astuzia, riesce a tendergli un agguato, insieme ai suoi quattro figli, costringendo Guzmán ad una goffa fuga, durante la quale attacca un gendarme con la spada, nel tentativo di liberarsi, uccidendolo. Nonostante ciò viene ugualmente catturato. A causa del suo gesto il protagonista, proprio come avvenne per suo padre molti anni prima, viene condannato all'impiccagione nella pubblica piazza; l'esecuzione avrà luogo in Plaza de la Real, ad Arévalo.

A risolvere la questione interviene Lazarillo che, dopo esser stato abbandonato da Rosario per un uomo più ricco, ha trovato lavoro come aiutante del boia: il compagno di avventure di Guzmán riesce a scambiare l'amico con un altro condannato, al quale doveva essere tagliata la mano per furto; così anche le condanne vengono scambiate, e Guzmán si salva, rimettendoci solo una mano, dopodiché continueranno insieme nella loro vita fatta di espedienti.

1987 ROBA DA RICCHI regia di Sergio Corbucci

Primo episodio

Attilio Carbone, imbranato assicuratore, dopo aver incautamente assicurato un cane contro i danni ad esso provocati, per non essere licenziato deve riuscire a liquidare alla padrona il risarcimento minore possibile. Verrà però sedotto dalla procace, affascinante e prorompente Dora che lo convincerà a far stipulare al marito una cospicua polizza sulla vita per poi ucciderlo e intascare i soldi dell'assicurazione; la donna, che è in combutta anche col marito, finirà per fregare entrambi, intascandosi i soldi e abbandonandoli in un'isola deserta.

Secondo episodio

Il commendatore Aldo Petruzzelli è un ricco imprenditore e produttore di orecchiette che tradisce abitualmente la moglie Mapi nei suoi continui viaggi d'affari. Raggiunta la famiglia a Monte Carlo, scopre che la moglie ha perso la testa per Napoleone, un suonatore ambulante, e, per farla uscire dalla depressione, la dottoressa di famiglia suggerisce di fare incontrare i due. Petruzzelli accetta per il bene della moglie, venendo anche convinto che Napoleone sia gay. Durante l'attesa, Petruzzelli scopre che Napoleone non è affatto gay, ma ormai è troppo tardi per fermare i due.

Quando Mapi torna a casa, convince il marito che con Napoleone non è successo nulla e che è stata tutta una messa in scena per punire lui per i suoi continui tradimenti. Ritrovata la serenità, si promettono fedeltà reciproca. In realtà, entrambi i coniugi continueranno a tradirsi a vicenda come hanno sempre fatto.

Terzo episodio

Don Vittorino, di ritorno da un viaggio a Lourdes con alcuni parrocchiani, viene bloccato a Monte Carlo, poiché è la copia esatta dell'uomo che turba i sogni della principessa Topazia. Su pressione del futuro marito di lei, dello psichiatra che l'ha in cura, di un Monsignore e dello stesso Papa Giovanni Paolo II, accetta di impersonare l'uomo, nel tentativo di riprodurre il sogno ricorrente della principessa. La messa in scena, seppure con diversi intoppi ed equivoci, arriverà a compimento. Don Vittorino viene anche nominato consulente spirituale della principessa con la gioiosa approvazione del futuro marito e dei genitori di entrambi gli sposi, ma in realtà, per Topazia, è solo una scusa per averlo come amante.

1987 SECONDO PONZIO PILATO regia di Luigi Magni

Gerusalemme anno 33 d.C. Dopo la morte in croce di Gesù, la coscienza di Ponzio Pilato non è in pace. La moglie Claudia, convinta dell'innocenza di Gesù, accusa Pilato e i sommi sacerdoti di essere stati gli artefici della morte del Maestro, e decide inizialmente di tornare a Roma. Ma Gesù aveva fatto una promessa, che dopo 3 giorni sarebbe resuscitato dai morti, così Claudia decide di aspettare per vedere se fosse vero quanto promesso. Gesù resuscita e la moglie di Pilato, il centurione Valeriano, Giuseppe d'Arimatea e altre guardie romane si mettono alla ricerca del Messia, tornato in Galilea dove aveva predicato prima della morte in croce. Pilato, che non trova pace, si muove alla ricerca della moglie e del centurione, recandosi perfino da Erode, fino a quando non li ritrova ad ascoltare in ginocchio le parole del Maestro. Deciso ad arrestarli tutti per sedizione, Pilato assiste all'ascensione al cielo di Gesù.

Tornato a Gerusalemme vi arriva dopo che la popolazione è stata massacrata dall'imperatore Tiberio, il quale, giuntovi per essere guarito dalla lebbra che lo ha colpito, proprio da Gesù, scopre che il "guaritore" è stato giustiziato. Il governatore Pilato, reo di aver condannato chi avrebbe potuto guarire l'imperatore, è destituito ed arrestato in attesa della condanna. Durante la permanenza in carcere l'ex procuratore di Palestina incontra ancora una volta Barabba che, memore del fatto che Pilato l'ha graziato lasciando che Gesù fosse condannato al suo posto, per sdebitarsi promette di aiutarlo a guarire Tiberio e gli fa dono di un panno su cui è impressa l'immagine del Cristo che, a suo dire, sarà capace di guarire la malattia dell'imperatore.

Pilato compie il miracolo e Tiberio cerca in tutti i modi di salvarlo, ma ora è l'ex Governatore a non accettare il suo aiuto in quanto, ormai certo dell'innocenza di Gesù, arriva alla conclusione che la condanna di quell'innocente deve ricadere su chi l'ha decretata e non su tutto il popolo ebreo. L'imperatore, pur non comprendendo la richiesta, accetta di esaudirla e Pilato chiede di morire decapitato con una moneta in bocca, l'obolo per Caronte secondo la tradizione pagana. Il film si conclude con una frase dell'angelo che proclama che "tutte le generazioni lo chiameranno beato poiché sotto di lui si sono compiute le profezie annunciate dai profeti e comparirà quando verranno giudicati tutti quelli che non hanno creduto in Cristo".

1988 LE FINTE BIONDE regia di Carlo Vanzina

Nel mondo benestante della Roma di fine anni ottanta, Graziella, padrona di una lussuosa boutique e moglie di Luigi, un affermato professionista, si sente emarginata per il colore dei capelli bruno, decidendo così di farsi bionda. Dilagano infatti ovunque le bionde, anzi, soprattutto, le finte bionde, arrampicatrici sociali e donne senza scrupoli, spesso molto cafone che però si atteggiano come signore raffinate.


1988 I GIORNI DEL COMMISSARIO AMBROSIO regia Sergio Corbucci

Ambrosio è un commissario di polizia di Milano, maniaco del suo lavoro e con l'abitudine di incaricarsi dei casi più difficili. Una mattina, mentre sta facendo colazione in un bar, intuisce dalle lamentele del barista alle prese coi topi il piano di una banda di scassinatori, che si sta aprendo la strada ai sotterranei di una banca, e provvede a farli arrestare. 

Più tardi, nella stessa giornata, decide di incaricarsi delle indagini apparentemente facili su un incidente stradale avvenuto in un parco. Sono presenti due testimoni: una vecchina col suo cane e un musicista. La vecchina afferma di essere arrivata sul posto dopo l'incidente e di aver incontrato il musicista, Renzo Bandelli, che cercava di soccorrere la vittima. Il musicista conferma sostanzialmente questa dichiarazione, affermando che stava tornando a casa dopo essere passato a incontrare un amico alla stazione ferroviaria. Ambrosio nota quanto possa essere strano che un testimone si affretti a fornire un alibi.

Al proseguimento delle indagini si scopre che il morto è uno spacciatore di droga, Vittorio Borghi, drogato lui stesso e sfruttatore di prostitute, sul punto di lasciare l'Italia. Un'indagine sul suo passato permette di scoprire alcuni collegamenti con la famiglia del testimone. Quest'ultimo, nel frattempo, ritratta la dichiarazione precedente e finisce per accusarsi dell'omicidio, adducendo il pretesto della legittima difesa. Ambrosio, non convinto, continua a indagare e scopre che la figlia del Bandelli, Sandra, è stata traviata da Vittorio Borghi, che l'aveva convinta a drogarsi e prostituirsi nello stesso periodo in cui lo stesso Borghi era pure amante della moglie del Bandelli. Messo alle strette Bandelli racconta la sua ultima versione.

La figlia disperata gli aveva confessato di avere ucciso Vittorio Borghi ed egli sarebbe intervenuto per aiutarla, trovandosi sul luogo del delitto per cercare di recuperare le prove che avrebbero potuto compromettere la figlia. Quest'ultima, in preda alla disperazione, è intanto salita su un cornicione, cercando il coraggio di lanciarsi nel vuoto. Ambrosio riesce a convincerla a non buttarsi e la salva.

1988 LOVE DREM regia di Charles Finch



1988 ‘ O RE regia di Luigi Magni

Roma, 1862. Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie spodestato da Garibaldi e costretto a lasciare la sua capitale, trascorre il proprio esilio nella città pontificia insieme alla moglie Maria Sofia e al fedele maggiordomo Rafele. Il giovane ex sovrano è preda dei sensi di colpa per non aver saputo difendere il trono, il che rende il suo esilio malinconico, segnato dalla nostalgia per Napoli e dalle incomprensioni con la moglie, la quale mostra invece tutta la propria ostinazione nel voler recuperare il trono perduto.

Maria Sofia mantiene i contatti con i lealisti, braccati come briganti dal nuovo stato italiano, e cerca di spronare l'indolente marito alla riscossa contro gli invasori. Ma Francesco non ha né la voglia né i mezzi per condurre la battaglia a cui Maria Sofia lo sprona: la sua posizione economica si fa sempre più difficoltosa. Rafele è costretto infatti a vendere alla spicciolata i beni della famiglia reale per garantire loro il sostentamento.

Francesco è turbato dalle angustie della moglie per quel figlio tanto desiderato e non ancora arrivato. Scampato ad alcuni attentati, tenterà in un primo momento di organizzare la ripresa del trono, ma infine ripiegherà sulla dimensione intima della famiglia, della religione e del soprannaturale, ritrovando un rapporto sereno con la moglie, nonostante la dura prova della morte precoce della figlia che avevano finalmente generato.


1988 LA PARTITA regia di Carlo Vanzina

Venezia, XVIII secolo. Dopo 14 mesi di esilio, il nobile Francesco Sacredo torna in patria e trova il padre che ha appena perso al gioco tutto il patrimonio, sconfitto dall'astuta e diabolica contessa Matilde Von Wallenstein. La contessa è disposta a restituire tutto se Francesco riesce a batterla a "Totum et nihil" (tutto e niente); ma se Francesco perde, la sua anima appartiene alla contessa. Francesco perde, ma non è disposto a onorare il contratto.



1989 DIMENTICARE PALERMO regia di Francesco Rosi

Carmine Bonavia, politico newyorchese figlio di immigrati italiani, è candidato a sindaco di New York. Dato per sfavorito negli ultimi sondaggi, fa una clamorosa (e disperata) proposta, la legalizzazione della droga, sperando così di recuperare terreno su un argomento delicato, ossia i narcotraffici. Sposatosi durante la campagna elettorale, decide di passare la luna di miele con la giovane sposa Carrie a Palermo, città natìa dei genitori.

Alloggiato al lussuoso Grande Albergo delle Palme, visita i più bei monumenti della città, ma ne contempla anche il degrado. E qui la mafia, preoccupata della sua popolarità sempre più crescente a causa della sua proposta che la priverebbe del racket più lucroso, tenta in ogni modo di incastrarlo, prima facendolo adescare da una bella sconosciuta, poi coinvolgendolo nell'omicidio (inscenato ad arte) di un giovane fioraio, con cui Carmine poco tempo prima aveva avuto pubblicamente un alterco. La vicenda rischia di mandare all'aria i progetti elettorali, in quanto egli è accusato di omicidio premeditato.

Su indicazione di un anziano principe che vive segregato nel suo stesso albergo per timore di vendette della mafia, Carmine può così incontrare, in una villa fuori città, un potente boss italoamericano, che gli spiega il "danno" che egli recherebbe a Cosa nostra, e gli propone un patto: rinunciare a liberalizzare la droga, in cambio della diffusione di alcune foto che lo scagionerebbero dall'accusa di omicidio. Carmine accetta, ma una volta rientrato a New York ed essere stato prosciolto, conferma di volere perseverare col suo obiettivo; subito dopo averlo fatto pubblicamente, viene freddato da degli spari in lontananza.


1989 IL MARE OSCURO regia di Mario Monicelli

Calabria; Giuseppe Marchi è uno sceneggiatore frustrato senza successo, che tenta invano di sbarcare il lunario divenendo un romanziere. È sposato, ed ha una figlia. Soffre però di nevrosi psichiche, che lo portano a comportarsi come un malato immaginario; si fa quindi aiutare da uno psicanalista, per scoprire il male oscuro che lo attanaglia.


1988 NIGHT CLUB regia di Sergio Corbucci

l film è ambientato a Roma nella notte del 2 febbraio 1960, la stessa in cui ci fu la prima de La dolce vita di Federico Fellini e la morte di Fred Buscaglione. I modesti impiegati di banca Piero e Ottavio sognano di poter aprire una finanziaria tutta loro: non avendo soldi a sufficienza, cercano un finanziamento e si affidano allo spietato e scaltro Walter Danesi, che procura delle donne disponibili al ricco imprenditore calabrese Balestrelli, chiedendogli in cambio di aiutare i suoi due amici.

Le donne adescate da Walter sono la matura ma ancora sensuale signora friulana Luciana accompagnata dalla nipote Rita, la giovanissima aspirante attrice Cristina, la modella di Renato Guttuso Erina e la svedese tutto pepe Ilsa. A loro si uniscono la cantante comunista Xandra col suo manager omosessuale e l'androgina Carla. Tutti trascorrono insieme la serata, prima in un tipico night club di quegli anni e poi a casa di Piero.

Tranne il padrone di casa e il suo amico, tutti gli altri uomini cercano di "rimorchiare": Balestrelli si invaghisce di Xandra ma, dopo aver avuto un amplesso con lei, viene colpito da un infarto. Piero chiama un'ambulanza e decide di accompagnarlo all'ospedale e, durante il tragitto, si fermano davanti al luogo dell'incidente in cui rimane coinvolto Buscaglione.

Intanto Walter, unico senza "accompagnatrice", cerca di sedurre Rita, nonostante sia minorenne, ma, resosi subito conto della meschinità del gesto, si lascia conquistare dalla nobiltà d'animo della ragazzina e la lascia andare. Subito dopo decide di portare a Montecarlo Ilsa e Carla, che nel frattempo hanno iniziato una relazione, perché la manager ha intenzione di far lavorare la ragazza come modella: a Ponte Sant'Angelo, il gruppo individua Rita e Walter scende dall'auto per raggiungerla, giusto in tempo perché la ragazza aveva intenzione di buttarsi nel fiume. A questo punto l'uomo decide di accompagnarla alla stazione, non accorgendosi che i due tizi che lo aspettavano davanti al locale lo stanno seguendo a bordo della sua macchina: Rita se ne accorge e, dopo averglielo detto, Walter le promette di portarla in America, una promessa che sicuramente non manterrà. Giunti alla stazione, l'uomo scorta la ragazza sulla carrozza del treno, assieme ai due uomini e, appena il treno parte, urla e scappa in cerca di aiuto, inseguito dai medesimi.


1989 LA PIU’ BELLA DEL REAME regia di Carlo Vanzina

Marina Ripa di Meana si reca fuori stagione sulla ricca spiaggia di Deauville dove, tra cieli brumosi e mare preinvernale, scrive a macchina un altro libro sulle sue avventure ed esperienze. È una donna ancora giovane, seducente e raffinata, che chiede alla vita nulla più che il piacere e che ha il culto della bellezza in ogni cosa e circostanza. Abbandonandosi ad un profluvio di chiacchiere sia con un anziano omossessuale (Jeremy, unico ospite con lei di un lussuoso albergo), sia con una giornalista giunta in Normandia per intervistarla, Marina ricorda fatti che la riguardano: in un bagno profumato su cui bizzarramente vengono fatti cadere cubetti di ghiaccio; in Wagon-lit con un giovincello; in piscina a far l'amore con un altro garzone (inviato dalle amiche in un pacco regalo); al telefono a raccogliere l'ansimare della cara amica Giovanna mentre questa si masturba; in rapporti lesbici; nella vetrina di una boutique (si è fatta ingaggiare come manichino vivente). L'unica relazione per così dire inoffensiva è quella con l'anziano omosessuale che poi tenta il suicidio, perché un reputato chef dopo dieci anni lo ha tradito con un sassofonista. Con Jeremy Marina gioca la partita della castità, sentendosi libera, calma e allegra. Poi finisce a Venezia, per una grande festa mascherata in un palazzo patrizio, dove compare trasformata in rutilante pavone, per affascinare i partecipanti.

1989 TRE COLONNE IN CRONACA regia di Carlo Vanzina

L'onorevole Spanò è intenzionato a impadronirsi di un giornale politicamente a lui avverso. L'uomo si serve di un terrorista libanese, Bassouri, e di un cinico uomo d'affari, Gaetano Leporino, per raggiungere il suo scopo. Il terrorista arabo riceve l'incarico di uccidere un agente di borsa, il misfatto innesca una serie di ricatti e sotterfugi con cui i poteri forti che gravitano intorno al quotidiano cercano di ottenere la supremazia.A un vice questore e a un coraggioso giornalista spetta il compito di far luce su tutta la vicenda, ma l'uomo politico, con abili e spregiudicate mosse, riesce a mettere il bavaglio a tutta l'inchiesta.

1990 IN NOME DEL POPOLO SOVRANO regia di Luigi Magni

Dopo l'assassinio del primo ministro Pellegrino Rossi, il Papa Pio IX capisce che è tempo di andare in esilio a Gaeta. Qualche mese dopo, proclamata la Repubblica Romana con Mazzini e Carlo Bonaparte per capi, i francesi di Luigi Napoleone Bonaparte, alleato papale, sono scesi in Italia ed hanno posto l'assedio alla città. È in questo periodo che si svolgono le vicende private di vari personaggi: Cristina, moglie del marchesino Eufemio Arquati e fervente sostenitrice della repubblica, è innamorata del garibaldino Giovanni Livraghi, amico del frate barnabita Ugo Bassi, contrario al potere temporale del Papa. Tra i vari popolani, emerge la figura di Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio, e del di lui figlio minore.

Gli eventi precipitano: a causa della scarsa coordinazione dei difensori e nonostante l'intervento di Garibaldi e dei bersaglieri di Luciano Manara i francesi hanno presto partita vinta e a Ciceruacchio, Ugo Bassi e Livraghi non resta che fuggire al nord, al seguito di Garibaldi, per tentare di raggiungere l'insorta Venezia. Mentre Eufemio ed il padre pranzano con l'"assassino della Repubblica" generale Oudinot, Cristina fugge per raggiungere l'amato Livraghi, ma invano: il capitano, infatti, caduto in mano austriaca, viene fucilato insieme a Bassi, poco dopo l'esecuzione di Ciceruacchio e del figlio Lorenzo, nonostante le "raccomandazioni alla pietà" che la giovane rivolge ad uno zio vescovo che li giudica come "colpevoli".

Rimasta sola, Cristina viene raggiunta da Eufemio che, in un impeto di gelosia, era partito per ucciderla; ma poi, resosi conto della situazione politica e avendo acquisito una presa di coscienza, decide di arruolarsi nell'esercito piemontese "per fare l'Italia". Dieci anni dopo, il vecchio Marchese Arquati osserva soddisfatto le foto del figlio bersagliere e della nuora, che al seguito di Vittorio Emanuele hanno unificato l'Italia. Roma, però, è ancora governata dal Papa.


1990 PUMMARO’ regia di Michele Placido

Kwaku, un ragazzo ghanese, da poco laureatosi, si mette in viaggio alla ricerca del fratello (Giobbe), emigrato in Italia con la speranza di guadagnare abbastanza soldi per pagare gli studi del fratello. Giobbe fa il raccoglitore di pomodori nel sud dell'Italia, a Civitella Licinio (da cui il titolo del film: in napoletano pummarò vuol dire appunto pomodoro), ma Kwaku non troverà mai suo fratello, che è ricercato dalla polizia e dalla camorra per essersi ribellato e aver rubato un camion. Comincia allora un viaggio attraverso tutta l'Italia (Civitella, Roma, Verona, fino a Francoforte in Germania).


1991 LA CARNE regia di Marco Ferreri

Impiegato comunale, pianista per hobby in un pubblico locale, divorziato con due figli (se ne occupa la ex moglie), Paolo ricorda spesso sua madre e la Prima Comunione, con la quale gli pare di vivere una esperienza totalizzante nel divino. Nel night dell'amico Nicola conosce la giovane Francesca: opulenta, reduce da un aborto, assolutamente "fisica"', malgrado il fascino spirituale subito frequentando un guru indiano. L'intimità scocca fra i due: per Paolo è la vittoria dell'ultrasesso e della fusione che tutto completa ed esalta, fusione che la sacerdotessa gli assicura grazie ad una speciale tecnica orientale, che permette al compagno uno stato di permanente efficienza. I due si rifugiano su di una spiaggia isolata a sud di Roma, dove Paolo ha una casetta. Riempito il frigo di carne e altro cibo, la coppia passa il tempo in amplessi, interrotti solo da una rapida incursione dei due figli in visita a Paolo e da un gruppetto di amici. Ma Francesca è migrante, come le cicogne che volano nei paraggi e ad un dato momento pensa di andarsene in altri lidi, mentre il partner capisce che per "comunicare" davvero non c'è che una alternativa: o amarsi totalmente, o fare a pezzi quel corpo bianchissimo e voluttuoso di donna, metterlo in frigo e mangiarselo in riva al mare davanti al sole. Così, dopo aver fatto animalescamente l'amore nella cuccia del prediletto cane Giovanni, l'ansia insana di Paolo viene appagata.



1991 FUGA DAL PARADISO regia di Ettore Pasciulli

Dopo una catastrofe che ha reso invivibile la terra, un gruppo di uomini tira avanti organizzandosi nel sottosuolo. Tutto è dominato dalla tecnologia, le famiglie vivono in case-cellula collegate elettronicamente, un pugno di anziani presiede alla comunità e squadre di pattugliatori si occupano dell'ordine esterno. In questo "Paradiso artificiale", Teo e Beatrice due sedicenni abitano in due casette vicine, si vedono e si innamorano solo al di là delle vetrate, parlando attraverso mezzi meccanici. Un giorno Teo si impossessa del medaglione (un microvideodisco) del padre Eliseo, nel quale sono le informazioni sull'al di là e quelle necessarie per fuggire da quell'asettico paradiso. I ragazzi sono attirati dalla fuga, che avviene attraverso enormi tubature e portelli che si aprono e chiudono inesorabilmente, ma "fuori" vi sono rischi e pericoli inimmaginabili. Intanto i due possono venire contaminati, poi l'ignoto e le sorprese regnano sovrani. Essi scoprono la Terra, anche se ridotta in ceneri e sassi, una città con strade deserte e case semidistrutte, strani apparecchi (auto e moto arrugginite), un curioso edificio zeppo di manichini (è un supermercato). E' un modo ignoto e desolante, in cui la più grande scoperta per Teo e Beatrice è data dal fatto che un tempo la gente in sostanza viveva collettivamente. Intanto Eliseo Tolman ha mobilitato Thor, il capo dei sorveglianti: la perdita del medaglione e soprattutto la fuga di Teo con la ragazza lo pongono in grande ansia, poiché dopo un limitatissimo numero di ore i fuggiaschi rischiano la contaminazione ed il loro sangue dovrà essere completamente sostituito. Thor parte con un gruppo di pattugliatori: l'ordine non è di uccidere i ragazzi, ma di riportarli a casa (il che consentirà a Thor di avere Eliseo in suo possesso). Ma i ragazzi sono stati raccolti ed assistiti da una comunità di umani, fedeli ad un capo Eliah, una tribù cenciosa e grigia, cui i pattugliatori danno fuoco, considerandone i membri una fonte di radiazioni mortali. Thor riesce a prendere Beatrice, ma l'intossicazione si impossessa di lui e cade morto, dopo aver dovuto ammettere, con un ravvedimento tardivo, che "la verità della vita va cercata e trovata nelle leggi della natura". Messa in moto una provvidenziale nave, Teo, Beatrice e la gente superstite salpano le ancore verso l'ignoto, confidando in un mondo migliore, di cui i due innamorati costituiscono il pegno più sicuro.

1991 ROSSINI ROSSINI regia di Mario Monicelli

Parigi, intorno al 1868. Gioachino Rossini, celebre compositore italiano già da tempo residente oltralpe, ricorda la sua vita e i suoi amori insieme alla moglie e ad alcuni amici, tra i quali Costantino Nigra e il Conte de La Rochefoucauld. Da quando ancora bambino nella natia Pesaro, cantava con la madre in teatro all'esordio a Venezia come operista, dove incontra il contralto Marietta Marcolini che gli sarà a fianco nelle prime lotte (tanto da fargli evitare la Campagna di Russia del 1812 entrando nelle grazie di Napoleone II), e che gli ispirerà il suo celebre stile.

Nel 1812, in occasione di una tournée alla Scala, incontra il celebre soprano Isabella Colbran, e poi l'impresario Domenico Barbaja, che lo convincono a seguirlo a Napoli e a lavorare per il San Carlo. Lasciata la Marcolini, Rossini a Napoli mieterà successi, ma anche feroci critiche (soprattutto a causa della rappresentazione, a Roma e non al sud, del celeberrimo Il barbiere di Siviglia, abilmente "boicottata" dallo stesso Barbaja). Tra il pesarese e la Colbran, già amante di Barbaja, scoppia ben presto una travolgente passione, che porterà i due a sposarsi durante un viaggio della compagnia a Vienna, scatenando così le ire dell'impresario.

Ben presto, però, Rossini cambia aria e si trasferisce a Parigi dove, tra grandi fatiche, scrive l'ultima sua opera importante, il Guglielmo Tell, prima di ritirarsi per stanchezza. Poco tempo dopo si separerà anche da Isabella e, dopo un ultimo incontro con Barbaja che lo convince a scrivere lo Stabat Mater, Rossini incontra la sua seconda moglie, Olympe Pélissier, che gli sarà vicino negli ultimi anni.



1992 SCOOP regia di Josè Sancez

Laureato in giurisprudenza e lettere e filosofia. Sánchez per la televisione esordì nel 1984 con la miniserie televisiva La Bella Otero, coproduzione italo-franco-slavo-spagnola interpretata da Ángela Molina e Harvey Keitel. Benché negli anni fosse stato chiamato a curare la regia principalmente di produzioni televisive italiane, fra cui Le ragazze di piazza di Spagna e Il maresciallo Rocca, Sanchez girò anche due film cinematografici, Burro (1989) e Mollo tutto (1995), entrambi interpretati da Renato Pozzetto.

Nel 1994 incominciò la sua collaborazione con la coreografa María Pagés, divenuta poi la sua compagna di vita. Il suo ultimo lavoro, lo spettacolo Sevilla, risale al 2006: uscito a maggio a Tokyo, fu scelto per rappresentare la città di Siviglia per il 2006 e il 2007. Il mese seguente, il 6 giugno, il regista morì dopo una lunga malattia, mentre si trovava a Torrelodones, un sobborgo di Madrid, per poi essere sepolto nel cimitero locale.




1992 LE AMICHE DEL CUORE regia di Michele Placido

Tre amiche adolescenti vivono nella periferia romana: Simona, Morena e Claudia. Le tre ragazze, molto legate, hanno diverse aspirazioni: Claudia vuole fare l'attrice e passa da un letto all'altro, Morena studia da infermiera e accudisce la madre malata, Simona apparentemente sembra avere una vita normale, ma dentro di sé nasconde un segreto profondo, che dopo l'incontro con Lucio porterà nella sua vita una sete irrimediabile di vendetta. Infatti, è oggetto di incesto da parte del padre.




1992 PARENTI SERPENTI regia Mario Monicelli

Si stanno per celebrare le festività natalizie. A Sulmona quattro figli, insieme alle rispettive famiglie, si riuniscono nella casa degli anziani genitori: Saverio, vicebrigadiere dei carabinieri in congedo ora affetto da una lieve forma di demenza senile, e Trieste, ancora energica ed arzilla. La famiglia è composta dai seguenti nuclei: Lina, perenne nevrotica che lavora nella biblioteca comunale di Teramo, il marito Michele, geometra per lo stesso comune, appassionato cacciatore, tifoso del Pescara e iscritto alla Democrazia Cristiana e il figlio Mauro; Milena, casalinga appassionata di quiz televisivi, depressa a causa della sua sterilità, e il marito Filippo, maresciallo maggiore dell'Aeronautica a Roma; Alessandro, impiegato delle Poste a Modena, dalle idee naturaliste e comuniste (nonostante abbia trovato lavoro grazie al cognato democristiano), con la moglie Gina, snob e mal sopportata dalle cognate (ragionevolmente convinte che tradisca il fratello con diversi amanti da cui ottiene regali costosi), e la figlia Monica, ragazzina in sovrappeso e non particolarmente brillante, la cui massima ambizione è quella di diventare una ballerina di Fantastico; infine Alfredo, professore d'italiano in un istituto femminile privato di Como, celibe e senza figli.

Tutto sembra scorrere tranquillamente nel rispetto dell'ordinaria routine festiva – composta da cenone della vigilia, processione, tombolata, messa di mezzanotte e scambio dei regali – finché, durante il pranzo di Natale, Trieste decide di fare un annuncio che cade sulla tavolata come un fulmine a ciel sereno: a causa dell'età che avanza, i due anziani coniugi non se la sentono più di continuare ad abitare da soli ma, rifiutando nettamente l'idea di andare a vivere in un ospizio (dopo averne visitato uno), decidono che saranno i loro figli a dover scegliere chi, tra loro quattro, ricevendo in cambio una parte della loro pensione e l'abitazione dei due in eredità, si assumerà l'onere di accoglierli in casa propria.

Spaventati dall'idea di rinunciare ai propri spazi e alla propria quotidianità, figli e consorti iniziano a riunirsi all'insaputa dei genitori tentando di scaricarsi la responsabilità a vicenda; i violenti alterchi che ne derivano smascherano tutta l'ipocrisia, i segreti, i rancori, le gelosie e la grezza materialità del parentado che se da una parte non vuole saperne di prendersi cura dei due anziani, dall'altra litiga assai ferocemente per l'appartamento e per ciò che contiene (vecchi mobili, quadri, suppellettili ed elettrodomestici di modesto valore). Vengono a galla anche “gli scheletri nell'armadio”: ad esempio l'omosessualità di Alfredo, nascosta ai genitori, il quale rivela a fratelli e cognati di convivere da oltre dieci anni insieme al suo compagno Mario, di professione vigilante, nonché una passata tresca extraconiugale tra Michele e Gina. La vicenda si conclude con la raggelante decisione unanime di uccidere i due anziani, simulando un incidente domestico nella notte di Capodanno, tramite una stufa a gas difettosa da loro regalatagli.

L'intero racconto è narrato dalla prospettiva di Mauro, figlio di Lina e Michele, il quale per tutta la vicenda è stato quasi sempre ignorato dai suoi superficiali e poco affettuosi genitori; al ritorno a scuola, infatti, legge in classe il tema sulle vacanze natalizie appena trascorse che gli era stato assegnato e racconta di come siano morti i suoi nonni, smascherando involontariamente i colpevoli, ovvero i suoi genitori e i suoi zii.


1992 COLPO DI CODA regia di Josè Sanchez

Flavio Morselli, ex attivista rifugiatosi a Parigi a causa di alcuni omicidi a lui imputati ma che non ha commesso, viene contattato da una persona misteriosa, che si rivela essere Piantoni, colonnello dei servizi segreti francesi. Piantoni ha un compito per lui: assassinare il ministro Martini. Il Ministro presiederà la Conferenza di pace per il Medio Oriente e Piantoni, implicato in loschi traffici con alcuni paesi arabi, intende destabilizzare la Conferenza. Morselli finge di accettare con l'intento di smascherare il piano di Piantoni, intanto un agente dei servizi segreti, Artaud, è sulle tracce di Morselli per via degli omicidi. Artaud scopre la verità e cerca di aiutare Morselli ad impedire l'assassinio del ministro. Il ministro è salvo, ma Morselli sarà ucciso, mentre i servizi segreti forniranno una verità distorta. Artaud, disgustato si dimette.


1992 DIARIO DI UN VIZIO regia di Marco Ferreri

Benito, un erotomane venditore di scadenti detersivi, che sognava di diventare professore di filosofia, conduce in solitudine e senza sicurezze una vita da nomade tra squallide pensioni e avventure di poco conto. La sua occupazione principale è quella d'annotare minuziosamente su un diario pieno di ritagli e foto il trascorrere della sua banale esistenza. Vi annota particolari d'ogni genere: pensieri, sogni, le quantità di sigarette fumate, i piccoli problemi di salute, i pasti consumati in solitudine e le osservazioni di carattere sessuale verso le molte sconosciute dalle quali si sente attratto. L'unica nota di colore nella sua vita è il burrascoso rapporto con l'attraente fidanzata Luigia, che un momento prima dice d'amarlo e un momento dopo lo tradisce con uno dei suoi svariati spasimanti. Un giorno Benito scompare nel nulla, lasciando dietro di sé come prova della sua esistenza un'unica traccia: il suo diario personale.


1992 DIARIO NAPOLETANO regia di Francesco Rosi

In occasione di un dibattito sulla speculazione edilizia che si tiene alla Facoltà di Architettura di Napoli, viene proiettato il film-inchiesta Le mani sulla città di Francesco Rosi, che vinse il Leone d'oro alla Mostra di Venezia del 1963. Quasi trent'anni dopo, il regista decide di tornare a Napoli insieme ai suoi collaboratori per cercare di capire quanto sia cambiata la realtà metropolitana. Come se si trattasse di un diario, Rosi ripercorre le vie della città osservandone il degrado, la criminalità giovanile e le terribili conseguenze del mercato della droga. La città è molto cambiata e forse, è diventata più insidiosa e cattiva, ma c'è ancora posto per la speranza che, lottando, si possa restituire alla città un volto civile facendola tornare uno dei luoghi più belli del mondo.


1992 QUANDO VOLANO LE ZANZARE regia di Giorgio Pandolfi

Ettore, licenziato perché rifiuta un lavoro ripetitivo e inutile, convince i suoi genitori a investire i risparmi nell'acquisto di bandiere giallo-rosse. Dopo un'ennesima delusione decide di gettarsi nel Tevere. Ricoverato in ospedale, stringe amicizie brevi e toccanti, infine scappa. Incontra Cecilia, un'ingenua bibliotecaria reduce da un tentativo di violenza da parte di un "distinto" professore. Colpito dallo smarrimento della ragazza, Ettore la segue fino a casa, ignaro della volontà di lei di suicidarsi con il gas. Saltano in aria, ma Ettore la salva, per poi riperderla dopo uno scontro con dei teppisti da cui cercano di difendere una zingarella.


1993 GIOVANNI FALCONE regia di Beppe Ferrari

Il film si basa sulla storia vera del giudice Giovanni Falcone, in particolare sui suoi ultimi anni di lavoro (si parla degli anni 1981-1992) e sulla lotta contro la mafia, che gli costerà la vita nella strage di Capaci, il 23 maggio 1992. Il film si apre in parallelo con due giuramenti: quello di un mafioso e quello del giudice stesso avvenuto nel 1964, per poi concentrarsi sugli episodi più importanti dell'attività di quest'ultimo, dall'uccisione dei boss Bontate e Inzerillo alla seconda guerra di mafia, dall'assassinio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa fino alla collaborazione con Rocco Chinnici. Si intravede anche la Cupola mafiosa, la morte di Ninni Cassarà, gli interrogatori dei pentiti, tra cui quello di Tommaso Buscetta, che rivelò diversi segreti di Cosa nostra ma non tutti, lo smantellamento del gruppo e l'incarico al ministero di Grazia e Giustizia come direttore generale per gli affari penali ed infine la strage di Capaci e quella di via d'Amelio, in cui perde la vita il collega ed amico Paolo Borsellino. Il regista mescola materiale di repertorio, tratto da telegiornali dell'epoca, con scene ricostruite con molta verosimiglianza, per raccontare con uno stile da docufiction l'inquietante intreccio fra mafia e politica. Significativa è la scelta di inserire brevi sequenze tratte da Il settimo sigillo che raccontano la partita a scacchi tra la morte e il cavaliere, e che nel film rappresentano per Falcone una sorta di ossessione ricorrente.




1993 CARI FOTTUTISSIMI AMICI regia di Mario Monicelli

Toscana, agosto 1944. Il teatro delle operazioni belliche si è spostato più a nord e, in mezzo alla devastazione, un anziano ex-pugile genovese raccoglie un gruppo di giovani col fine di fondare una compagnia di spettacoli pugilistici itinerante, così da poter racimolare un po' di soldi e un po' di provviste esibendosi nelle fiere di paese.

Durante il viaggio, si uniscono alla sgangherata compagnia anche un carrista americano di colore fuggito da un campo di prigionia e con aspirazioni da disertore, una ex ausiliaria, l'ex fidanzata di un partigiano comunista e perfino un cane. Tra feste di liberazione, incontri improvvisati, contadini armati e matrimoni partigiani, il gruppo cercherà infine di tornare a Firenze.




1993 I COCCODRILLI regia di Josè Maria Sanchez

1994 LA NOTTE E IL MOMENTO regia di Anna Maria Tatò

In Francia, nel Settecento, uno scrittore galante viene ospitato da una ricca e seducente marchesa nel suo castello. La notte egli si introduce nella stanza della sua ospite e ingaggia con lei un duello tra il verbale e l'amoroso, fatto di proposte ma soprattutto di ricordi. Imprigionato a causa della sua condotta moralmente riprovevole, egli in carcere aveva avuto un'insolita compagnia nella cella attigua, che con biglietti, l'invio di cibi e addirittura di giovani donne, voleva provarne la fede amorosa. Il gioco della "mosca cieca" in giardino gli ha permesso poi di sedurre Armande, una giovane tanto disponibile quanto noiosa, a suo dire. La schermaglia procede con tentativi di seduzione del cicisbeo che la marchesa respinge con sempre minor decisione. Lo scrittore ricorda anche la minuziosa descrizione, con dimostrazione figurata, della vecchia tortura dei ceppi fattagli dal sadico e cortese governatore del carcere. Ma il ricordo dei cunei e della descrizione delle ossa che si frantumano cede il posto al meno cruento ma infuocato pomeriggio estivo in cui la bella Julie, fattasi trovare discinta su un divano, viene convinta dallo scrittore, con una minuziosa prova pratica, che la teoria dei fisici sull'indebolimento delle energie virili, dovuto al caldo, presenta delle consistenti falle. I racconti dell'uomo infiammano la marchesa che narra a sua volta di quando scambiò i suoi vestiti con una ballerina dell'opera per essere sedotta da un uomo che l'appassionava e che la pagò credendola l'altra. Al che lo scrittore le rivela che colui, suo amico, sapeva invece benissimo chi stava seducendo. La marchesa, dopo aver finalmente ceduto alle richieste del seduttore, gli rivela di esser lei la sconosciuta vicina di cella che saputo della sua prigionia, aveva costretto il governatore suo amico a metterla in carcere accanto a lui.


1995 SOSTIENE PEREIRA regia di Roberto Faeanza

A Lisbona, nel 1938, in pieno regime salazarista, vive il dottor Pereira, un anziano giornalista che dirige la rubrica culturale del principale quotidiano della città, il Lisbóa. È un personaggio del tutto mediocre, privo di qualsiasi ideologia politica, quieto, abitudinario, in sovrappeso e affetto da problemi cardiaci, dedito solo alla letteratura, in particolare quella francese, e al ricordo di sua moglie, morta di tisi qualche anno prima, al cui ritratto continua a parlare ogni giorno.

Un giorno, rimasto positivamente colpito da un saggio letto su una rivista, Pereira decide di contattarne l'autore. L'articolo è scritto da Francesco Monteiro Rossi, un giovane di origini italiane, a cui Pereira offre un posto come collaboratore alla rubrica da lui curata. Monteiro Rossi accetta e Pereira lo prende in prova, chiedendogli di scrivere dei necrologi anticipati di celebri scrittori e intellettuali ancora in vita, in modo da essere pronti per pubblicarli in caso di morte improvvisa del soggetto.

Il giovane, tuttavia, scrive una serie di necrologi particolari, come quello di Gabriele D'Annunzio, che definisce "un guerrafondaio" e di cui attacca con ferocia l'adesione al fascismo, e quello di Federico García Lorca, di cui loda la denuncia delle barbarie della dittatura di Francisco Franco. Questi articoli vengono giudicati impubblicabili da Pereira, in quanto, a causa del contenuto avverso al regime, sarebbero scomodi o addirittura pericolosi. Vedendo le difficoltà del giovane, influenzato anche dallo spirito rivoluzionario della fidanzata Marta, Pereira si ritrova combattuto tra il desiderio di aiutarlo e quello di non essere coinvolto in questioni politiche che potrebbero causargli dei problemi.

Poco tempo dopo Pereira conosce il dottor Cardoso, un medico di una clinica talassoterapica (dove il giornalista si reca per curare i suoi problemi di salute, riuscendo a perdere molto peso) che gli confida la sua intenzione di abbandonare il Portogallo per stabilirsi in Francia, paese ritenuto ideale di libertà. Pereira parla con Cardoso del senso di inquietudine che prova da tempo e questi gli espone una teoria, ipotizzata da medici-psicologi francesi: la teoria della confederazione delle anime. Secondo questa teoria, ogni essere umano non ha una sola anima ma una confederazione di numerose anime su cui ne domina una, un "io egemone"; talvolta può accadere che una tra queste anime si rafforzi a tal punto da spodestare l'io egemone e prendere il sopravvento, diventando un nuovo io egemone e determinando così una vera e propria metamorfosi: l'inquietudine di Pereira potrebbe essere quindi il preludio di un grande cambiamento. Pereira inoltre parla anche con un prete suo amico, padre Antonio, che gli confida la sua disapprovazione per l'appoggio dato a Franco dal Vaticano.

Pian piano, Pereira prende coscienza della realtà del regime in cui vive, ossia le violenze, il clima di intimidazione e la pesante censura a cui è sottoposta la stampa, tutte cose cui non aveva fino ad allora fatto caso, isolato com'era dalla vita reale, concentrato solo sul pensiero della moglie, sulla letteratura e sulla paura della morte. Monteiro Rossi, dopo aver cercato rifugio nella casa di Pereira in quanto ricercato, viene picchiato e ucciso da tre uomini della polizia politica in casa dello stesso. Da questo delitto Pereira trarrà la forza per reagire: utilizzando un trucco azzardato (chiede al dottor Cardoso di fingere di essere il capo della censura che dichiara il suo consenso quando lui gli telefonerà dalla redazione), riesce a far pubblicare sul proprio giornale un articolo di denuncia dell'omicidio e del regime, per poi fuggire dal Portogallo.

 


1995 MOLLO TUTTO regia di Josè Maria Sanchez

Il salumiere milanese Franco Giacobetti, trasferitosi a Roma, è stanco dei comportamenti egoisti della moglie Bettina e della figlia Melissa, oltre che tormentato dagli strozzini. Dopo essersi procurato dei documenti falsi, gettando in un fiume quelli originali, scappa all'insaputa di tutti e si trasferisce in Tunisia, con l'intenzione di iniziare qui una nuova vita. Tuttavia, il direttore della banca a cui aveva versato i suoi risparmi lo truffa, così Franco si ritrova solo, senza documenti e senza soldi, in un paese straniero. Fortunatamente, conosce un bambino tunisino, Selim, che lo aiuta a trovare lavoro. Dopo aver accumulato abbastanza soldi, Franco, accompagnato da Selim, riesce a tornare in Italia su una barca di clandestini. Tuttavia, per orgoglio, Franco non intende ammettere alla moglie il fallimento della sua fuga. Si finge allora un immigrato e tira a campare con l'aiuto di Selim, dormendo in un cimitero per auto. Scopre anche che nel frattempo la moglie e la figlia hanno trasformato la modesta salumeria in un negozio di alimentari di lusso e che gli strozzini sono stati arrestati. Dopo un po' Franco viene comunque individuato dalla moglie, la quale, fingendo di non conoscerlo, lo assume come colf proprio in casa sua, con la complicità della figlia. Durante il suo servizio Franco viene continuamente umiliato dalla moglie, la quale finge anche di tradirlo con un architetto. Alla fine però, Melissa e sua madre lo drogano con del sonnifero in una tazza di caffè e al suo risveglio si ritrova nel letto matrimoniale di casa. Moglie e figlia si comportano come se nulla fosse successo e Franco crede d'avere sognato tutto. Tuttavia più tardi, fermo in automobile davanti a un semaforo rosso, rivede Selim e, con il consenso della propria famiglia, lo tiene con sé.

Il salumiere milanese Franco Giacobetti, trasferitosi a Roma, è stanco dei comportamenti egoisti della moglie Bettina e della figlia Melissa, oltre che tormentato dagli strozzini. Dopo essersi procurato dei documenti falsi, gettando in un fiume quelli originali, scappa all'insaputa di tutti e si trasferisce in Tunisia, con l'intenzione di iniziare qui una nuova vita. Tuttavia, il direttore della banca a cui aveva versato i suoi risparmi lo truffa, così Franco si ritrova solo, senza documenti e senza soldi, in un paese straniero. Fortunatamente, conosce un bambino tunisino, Selim, che lo aiuta a trovare lavoro. Dopo aver accumulato abbastanza soldi, Franco, accompagnato da Selim, riesce a tornare in Italia su una barca di clandestini. Tuttavia, per orgoglio, Franco non intende ammettere alla moglie il fallimento della sua fuga. Si finge allora un immigrato e tira a campare con l'aiuto di Selim, dormendo in un cimitero per auto. Scopre anche che nel frattempo la moglie e la figlia hanno trasformato la modesta salumeria in un negozio di alimentari di lusso e che gli strozzini sono stati arrestati. Dopo un po' Franco viene comunque individuato dalla moglie, la quale, fingendo di non conoscerlo, lo assume come colf proprio in casa sua, con la complicità della figlia. Durante il suo servizio Franco viene continuamente umiliato dalla moglie, la quale finge anche di tradirlo con un architetto. Alla fine però, Melissa e sua madre lo drogano con del sonnifero in una tazza di caffè e al suo risveglio si ritrova nel letto matrimoniale di casa. Moglie e figlia si comportano come se nulla fosse successo e Franco crede d'avere sognato tutto. Tuttavia più tardi, fermo in automobile davanti a un semaforo rosso, rivede Selim e, con il consenso della propria famiglia, lo tiene con sé.

1995 FACCIAMO PARADISO regia di Mario Monicelli

L'opera delinea un ritratto della società italiana a partire dal secondo dopoguerra, anche immaginandone gli sviluppi fino al 2011, nel raccontare la vita della protagonista, attraverso gli eventi che hanno fortemente caratterizzato e modificato i rapporti sociali nell'ultima metà del XX secolo, visti e vissuti in un'ottica femminile.

Il film ebbe valutazioni poco favorevoli da parte della critica cinematografica che sottolineò la superficiale trattazione dei temi politici, particolarmente del 1968 e del femminismo, e la scarsa identificazione con il personaggio, da parte di Margherita Buy.


1995 UNA MADRE INUTILE regia di Josè Maria Sanchez

Maria è una ragazza afflitta da problemi mentali, dopo un'infanzia passata a subire le violenze incestuose del padre e le continue punizioni da parte della madre. Il peso del passato si fa sentire poi sul presente. Innocente e consenziente, la ragazza si concede ad incontri occasionali con uomini anziani che vogliono approfittare di lei. Di qui gravidanze indesiderate. Solo il parroco, padre Gino, si prende realmente cura di lei. Il tema è scottante e rimanda a episodi reali dell'esperienza quotidiana. Ma come spesso accade in questo genere di film, il risultato è prima di tutto ricattatorio e finisce per semplificare problemi che meriterebbero maggiori approfondimenti.

1996 LA TREGUA regia di Francesco Rosi ( film che lascia incompiuto)

27 gennaio 1945. La Germania nazista è costretta a difendersi dall'arrivo delle truppe sovietiche da un lato e dall'inarrestabile avanzata degli alleati dall'altro; i soldati tedeschi ricevono l'ordine di abbandonare i campi di concentramento situati in est Europa, per sfuggire all'arrivo dei sovietici. Vengono così cancellate le tracce degli orrori commessi nei lager distruggendo tutti i registri ufficiali e i deportati ancora in vita vengono chiusi nei campi e lasciati al loro destino.

Anche i deportati nel lager di Auschwitz subiscono la stessa sorte e dopo essere stati liberati dai sovietici cercano un modo di tornare alle proprie case. Tra di essi ci sono francesi, polacchi e anche italiani. Uno di loro è Primo Levi, deportato poiché partigiano ed ebreo, che racconta quindi in prima persona il viaggio che ha dovuto affrontare insieme ad altri deportati italiani per fare ritorno in Italia, a Torino, la sua città natale. Il loro percorso attraverso l'Europa centrale è ricco di imprevisti e spesso li costringe a percorrere molti chilometri a piedi o su treni di fortuna.

Il gruppo che viaggia con Levi è formato da Cesare, un romano spaccone ma estroverso e socievole, Daniele, veneto e oramai senza più una famiglia, sterminata dai nazisti. Poi Ferrari, un ladro di professione, Unverdorben, violinista, e D'Agata, siciliano. Di grande importanza è l'incontro che l’autore fa con l'ebreo greco Mordo Nahum, furbo e disilluso che gli farà capire molte cose con il suo acuto modo di sopravvivere ai guai.

Dopo tante disavventure il gruppo giunge a Monaco, dove Levi mostra la sua uniforme da deportato di Auschwitz ad un soldato tedesco catturato e costretto ai lavori forzati all'interno della stazione. Quest'ultimo si inchina come per chiedere perdono. Il ritorno a Torino è vicino, dopo lo scrittore può finalmente riabbracciare la sorella e la madre.





































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