LUCIA MIRISOLA GLI ESORDI la filmografia per altri registi


Gli studi

Dopo la guerra, la signora Lucia Mirisola, si iscrive al Liceo Artistico di Venezia e dopo il diploma per qualche anno l’Istituto di Architettura in Venezia durante l’anno accademico 1947 – 48. Ma dopo pochi esami lascia tutto per trasferirsi a Roma e dopo il diploma di scenografa all’Accademia delle Belle Arti, si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia dove nel 1955 si diploma costumista con il Prof. Pietro Gherardi.

Gli esordi come assistente

Dopo il diploma il suo professore, capito il valore della giovane allieva la vuole come assistente ai costumi de “La Dolce Vita” di Fellini, aprendogli la strada nel mondo del cinema. Dopo altre collaborazioni come quella con Danilo Donati ai costumi de “La Grande Guerra” di Mario Monicelli inizia a lavorare autonomamente firmando i costumi di alcuni titoli che oggi rappresentano delle pietre miliari nella storia del cinema italiano.

1957 LA GRANDE STRADA AZZURRA REGIA DI GILLO PONTECORVO

È la storia di un pescatore Maddalenino (abitante dell'isola di La Maddalena in Sardegna), che fa uso di bombe per pescare pesci. Comprando una barca sequestrata, si inimica i compaesani. Nel tentativo di procurarsi dell'esplosivo, aprendo un proiettile residuato bellico, rimane ucciso dall'esplosione. Il film venne girato in Istria (allora in Jugoslavia).

Il Tempo di Roma del 21 dicembre 1957: "Il film sviluppa temi sociali che assumono un turgore drammatico attraverso le avventure umane e pittoresche della gente di mare e ancor più nel risalto di ambienti naturali che fanno di per sé atmosfera. Pontecorvo si è valso di tutti gli accorgimenti a sua disposizione affinché il personaggio risultasse un simpatico eroe di avventure marinare e l'assunto accettabile. L'inaccettabile motivo ideologico nuoce a quel che c'è di buono nel film: quadri di vita densi di calore umano, passaggi stupendi e funzionali, recitazione ottima di tutti da Yves Montand a Alida Valli".




1959: L’AUDACE COLPO DEI SOLITI IGNOTI REGIA DI NANNY LOY

Peppe, detto "er Pantera", dopo il fallimentare colpo raccontato ne I soliti ignoti, si è messo a fare il muratore. Uscendo dal cantiere alla fine del lavoro, subisce uno strano pedinamento da un losco figuro a cui non riesce a sottrarsi e che si ritrova, nonostante i suoi "furbi" stratagemmi per sfuggirgli, ad aspettarlo nella sua povera casa: si tratta di un sedicente gangster di Milano, Virgilio, il quale, venuto a sapere della sua precedente impresa, gli offre un colpo, preparato scientificamente, facile e con un ricco bottino. Peppe dovrà formare la squadra di "esperti" criminali e il milanese fornirà i mezzi e le sue capacità organizzative che includono anche la classica "pupa" svampita, Floriana, che con la sua seduzione ha convinto un ragioniere del Totocalcio a partecipare come complice alla rapina che dovrà avvenire durante il trasferimento dell'incasso delle giocate. Peppe è ingenuamente attirato dalla organizzazione "scientifica" del colpo e convince Ugo Nardi, detto Piede Amaro, marito alle prese con avvocati che non può pagare per la separazione dalla moglie, a preparare un'auto truccata per la fuga dopo la rapina[1]. Anche Mario Angeletti e Ferribotte, che stanno per imparentarsi, poiché Mario è ormai fidanzato con Carmelina Nicosia, la sorella di Ferribotte, daranno la loro competenza "criminale" e infine farà parte della banda anche l'ormai vecchio e sempre affamato Capannelle con il solito compito del "palo". Il colpo dovrà avvenire a Milano dietro copertura di una trasferta calcistica, ma, proprio dopo il viaggio in treno dei ladruncoli, il grande organizzatore milanese viene arrestato dalla polizia per borseggio. Poiché il colpo è stato organizzato, i nostri decidono comunque di attuarlo.

Il piano consiste nel provocare un incidente d'auto alla fine di una galleria di una strada di Milano, facendo con un camion una manovra contromano bloccando così l'auto che trasporta l'incasso delle giocate del Totocalcio. Presi i soldi, la banda avrebbe poi dovuto dividersi in due macchine, per riunirsi poco lontano e dirigersi poi con la macchina truccata di Ugo a Bologna al fine di raggiungere il treno dei tifosi diretto alla capitale: tutto questo in un'ora e cinquanta. Il colpo però non va interamente secondo il piano: Peppe, che è sul camion guidato da Mario, sfonda il parabrezza del camion con la testa, impreca in dialetto romanesco davanti al guidatore della macchina del Totocalcio e, dolorante, scappa a piedi; Ferribotte, che avrebbe dovuto prendere Peppe, carica invece il ragioniere il quale, impaurito, vuole andare al commissariato; Mario si trascina con Capannelle sulla macchina di Piede Amaro che insegue l'auto di Ferribotte. Fermatisi, prendono i soldi e scappano, non prima però che Ferribotte abbia dato una botta in testa al ragioniere poiché questo minaccia di denunciarli se non lo feriscono procurandogli in questo modo un alibi.

Il gruppo, ormai accortosi che Peppe non è con loro, ma confidando nell'idea che sia riuscito a prendere il loro treno per Roma direttamente a Milano, arriva alla stazione ferroviaria di Bologna, dove Mario, Capannelle e Ferribotte riescono a salirvi appena in tempo; Ugo invece proseguirà in macchina fino alla capitale. La sera, giunti a Roma, Mario informa i compagni che Peppe non è sul treno: timorosi che il loro capo sia stato arrestato, decidono di lasciare la valigia con i soldi nel deposito bagagli della stazione.

 Intanto, a Milano, Peppe giunge a casa di Floriana esausto per la fuga, sporco e puzzolente: per fuggire, dopo aver corso per un lungo tratto, si è infilato nello scarico delle immondizie di un palazzo, dove è rimasto nascosto per cinque ore. Il giorno dopo lui e Floriana raggiungono la banda a Roma e festeggiano tutti insieme la riuscita del colpo, ma presto scoprono che le indagini della polizia si sono spostate nella capitale perché l'autista della macchina del Totocalcio ha riferito di aver sentito uno dei rapinatori (Peppe) imprecare in romanesco. Il gruppo viene convocato in questura assieme ad altri sospettati, ma tutti riescono a confermare il proprio alibi; Peppe, in particolare, riferisce al maresciallo in una sorta di colorita "radiocronaca" il testo imparato a memoria di un articolo di giornale sportivo sulla partita di calcio Milan-Roma a cui avrebbe dovuto assistere.

Nel frattempo Capannelle, non resistendo al ricco buffet di un ristorante, ha ritirato la valigia per prendere i soldi sufficienti ad un ricco banchetto. Il risultato è un'enorme indigestione che lo porta in punto di morte in ospedale, con la valigia della rapina nascosta sotto il letto. Peppe e compagni vanno a visitare il finalmente sazio e soddisfatto Capannelle in ospedale, recuperano fortunosamente i soldi ma finiscono col litigare, poiché nessuno vuole o può nascondere la valigia nel proprio domicilio. Alla fine Ugo, l'unico con l'alibi fornitogli da un incensurato, il nuovo compagno della moglie, decide inizialmente di tenersi la valigia, ma preda anch'egli della paura d'esser scoperto, decide di abbandonarla sotto una panchina e di avvertire, con una telefonata anonima, la polizia per andare a recuperarla. I "soliti ignoti" corrono a riprenderla: si affannano però nel tentare di aprirla sul posto, e quando sentono le sirene della polizia scappano a gambe levate, rimanendo così a bocca asciutta.





1959: IL RACCOMANDATO DI FERRO regia di Marcello Baldi

Augusto Zinconi è un ex usciere romano che ha trovato impiego in un'industria petrolifera di Mestre grazie a una falsa lettera di raccomandazione del sottosegretario Goffredo Monaci. Ritardatario e libertino, dopo aver corrotto il portinaio dello stabilimento per farsi timbrare il cartellino in sua assenza, riesce a scampare al licenziamento asserendo di essere amico di vecchia data del sottosegretario, nel frattempo divenuto un potente ministro, l'unica persona che potrebbe salvare l'industria dalla bancarotta. Viene quindi spedito a Roma per farsi firmare dal ministro l'importante pratica; aiutato dalla fortuna riesce ad ottenere il documento, già firmato in precedenza, senza incontrare Monaci. Tornato a Mestre da trionfatore, ottiene nuove e maggiori cariche, finché un giorno viene annunciata la visita all'industria del ministro, mettendo per la prima volta di fronte Zinconi e Monaci.




 

1960: LE PILLOLE D’ERCOLE regia di Luciano Salce

Un gruppo di giovani medici fa trangugiare a un collega, per scherzo, una droga eccitante. Sotto l'influenza della sostanza il medico vive un'avventura con una cliente straniera. Il marito della donna, gelosissimo, chiede come riparazione di poter avvicinare la moglie del medico che è costretto dagli eventi ad accettare non prima, però, di aver ingaggiato una donna disposta a recitare il ruolo della moglie e a soddisfare lo straniero. I problemi non sono risolti, anzi, aumentano: entrano in scena il padre naturale della donna e soprattutto la vera moglie.





1960: I DOLCI INGANNI regia di Alberto Lattuada

Francesca, che ha diciassette anni, è innamorata di Enrico, un architetto che ha vent'anni più di lei. A scuola la ragazzina parla con le sue amiche delle esperienze vissute con Enrico. Uscita da scuola, Francesca accompagna la signora Margherita a fare compere e incontra un ragazzo, presentato come amico intimo della famiglia (in realtà un gigolò), che la porta nella villa patrizia di una principessa, la quale "usa" il ragazzo nel tempo libero. Giunta la sera, l'adolescente sente il bisogno di rivedere Enrico, così lo raggiunge sul posto di lavoro. Pian piano, però, Francesca si rende conto di essersi sbagliata sul suo conto.





1961: IL CARABINIERE A CAVALLO regia di Carlo Lizzani

Un carabiniere a cavallo si sposa, tenendo però nascosto il matrimonio dato che il regolamento dell'arma prevede l'immediato trasferimento di sede del milite. A peggiorare la situazione già intricata ci pensano alcuni zingari che gli rubano il cavallo. Tra varie peripezie l'uomo, assieme all'amico brigadiere Tarquinio, risolverà il tutto.





1961: DON CAMILLO MONSIGNORE MA NON TROPPO regia di Carmine Gallone

Dall'epoca in cui è ambientato il precedente film della serie sono passati 12 anni. Ora siamo nel 1960: da tre anni, i superiori di don Camillo si sono sbarazzati di lui facendolo monsignore e trasferendolo a Roma. Lo stesso hanno fatto i dirigenti del partito comunista con Peppone, eletto senatore. Arriva loro da Brescello, loro paese natale, la notizia che è stato approvato il progetto della costruzione di una casa popolare per alloggiare alcune famiglie in difficoltà; il problema è che sul luogo di costruzione sorge la cosiddetta «Madonnina del Borghetto», di proprietà della Curia. Don Camillo e Peppone, indipendentemente l'uno dall'altro, decidono di tornare al loro paese con lo scopo di seguire la vicenda da vicino, col risultato che si incontrano per caso nel vagone letto del treno che li sta riconducendo a casa.

Arrivati a destinazione, il sindaco di Brescello e Peppone vogliono abbattere la cappella e strumentalizzare politicamente il fatto che presumibilmente la Chiesa avrebbe rifiutato il terreno, cosa che invece non si verifica, a patto però che gli alloggi vengano distribuiti equamente tra famiglie proposte dalla chiesa e famiglie proposte dal comune. La cappella resiste a tutti i tentativi di abbatterla e diventa infine parte dell'edificio. Altra questione che Peppone deve risolvere al suo arrivo è quella del matrimonio di Walter, suo figlio maggiore: il padre, per una serie di questioni legate al partito in cui milita, vuole che il figlio si sposi nella sola forma civile, mentre la moglie di Peppone, così come la futura nuora e i genitori di lei, vorrebbero un matrimonio in chiesa. Peppone, per aver l'assenso del futuro consuocero alla forma civile, gli offre un posto di usciere in comune. Don Camillo, di contro, promette che gli farà avere la concessione di una pompa di benzina, giungendo ad un'empasse.

Gisella, una militante del partito comunista di Brescello, ruba i vestiti di don Camillo, che era andato a cercare refrigerio dalla calura estiva con una nuotata nel fiume Po. Peppone, pensando di aver tolto di mezzo temporaneamente il rivale, si appresta a far celebrare il matrimonio civile ma la notizia, che poi si scoprirà falsa, che don Camillo sia annegato nel fiume interrompe il matrimonio. La situazione sembra giunta ad uno stallo, ma alla fine si trova un compromesso, dovuto anche al fatto che Peppone vince al totocalcio, con lo pseudonimo di Pepito Sbazzeguti, ma non sa come ritirare il premio senza essere scoperto dai "compagni": don Camillo lo aiuta nell'intento, andando lui in città a ritirare i soldi e strappandogli la promessa di un matrimonio anche in forma religiosa, che viene celebrato in una chiesina di campagna, mentre la cerimonia civile avviene in pompa magna in municipio.

Intanto da Don Camillo si presenta il marito di Gisella, disperato perché la moglie è troppo presa dalla politica e non sta mai a casa trascurando così la famiglia; nell'esternare la sua disperazione di marito si fa scappare che è stata proprio la moglie a rubare i vestiti al monsignore, così che don Camillo prende ancor più a cuore la vicenda dell'uomo. Il giorno dopo arriva la notizia che Gisella è stata aggredita: viene infatti trovata in un bosco con un sacco in testa e le terga dipinte di rosso col minio. La donna si ritrova così coperta di vergogna per via dello scherno dei compaesani e non ha più il coraggio di uscire di casa.

Ormai i vari problemi sono stati risolti e sia don Camillo che Peppone non possono più ignorare i richiami da parte dei loro superiori a rientrare a Roma. La malinconia nel dover lasciare i luoghi a cui sono affezionati è molta, ma entrambi ritornano ai loro doveri con la consapevolezza che a Roma non sono più distanti l'uno dall'altro di quanto lo sarebbero stati a Brescello.





1961: UNA VITA DIFFICILE regia di Dino Risi

Nel 1944, nel pieno della seconda guerra mondiale, il romano Silvio Magnozzi, che fino all'armistizio dell'8 settembre aveva combattuto col grado di sottotenente nelle file del Regio Esercito nei pressi del lago di Como, si trova a combattere al seguito dei gruppi partigiani locali contro le forze nazifasciste. Cercando un rifugio per nascondersi dopo un'azione partigiana, viene inviato in un albergo per prendere contatto con la padrona, la signora Amalia Pavinato. Qui Silvio viene però scoperto da un soldato tedesco che intende fucilarlo sul posto, ma Elena, la figlia della proprietaria dell'albergo, gli salva la vita uccidendo il tedesco con un ferro da stiro. Inoltre, la ragazza indica al partigiano un luogo sicuro dove dormire e ripararsi dalle rappresaglie tedesche: il mulino che era di proprietà dei suoi defunti nonni.

Silvio, pur essendo fermo sulle sue idee della lotta armata contro le forze occupanti nemiche, non ha però il coraggio di riunirsi ai partigiani e per alcuni mesi lui ed Elena vivono da amanti nel mulino. Dopo la liberazione, Silvio torna a Roma, dove trova un modesto impiego come giornalista presso "Il lavoratore", quotidiano d'ideologia comunista a tutela della classe operaia. Come giornalista Silvio è fermamente convinto nelle sue idee di sinistra, crede saldamente nell'antifascismo ed è contro il Re e la classe borghese. Al giornale Silvio lavora gomito a gomito con Franco Simonini, amico e compagno di partito. Solo sul finire del 1945 Silvio si reca con Franco nuovamente in Lombardia, per effettuare un servizio giornalistico a Dongo. Confida così all'amico la sua avventura con Elena per poi, un po' perché mosso dalla nostalgia di quel periodo trascorso con la donna, decidere di chiamarla per una "rimpatriata". La donna, inizialmente offesa, si fa però anche lei prendere dai vecchi sentimenti ed accetta perciò di seguirlo a Roma per iniziare una convivenza, sia pure in condizioni di ristrettezze economiche.

Il giorno del referendum istituzionale del 1946 un marchese amico della famiglia di Elena riconosce la ragazza per le strade di Roma e i due sono invitati a cena in una casa di aristocratici monarchici e conservatori. Silvio, frenato da Elena, si trattiene a stento dal dichiarare apertamente la sua fede repubblicana pur di non rinunciare a un succulento pasto, finché non viene annunciata la vittoria della repubblica. La vita della coppia, malgrado il matrimonio e l'arrivo di un figlio, procede con difficoltà soprattutto perché Silvio, non intendendo scendere a compromessi con le sue idee, è costretto a un lavoro sottopagato e frustrante. Finisce anche in galera per le sommosse avvenute in occasione dell'attentato a Togliatti del 1948, per le quali viene condannato a due anni e mezzo di prigione. Uscirà a metà del 1950 (nel frattempo in carcere dedica molto tempo alla scrittura di lettere per Elena e di un romanzo autobiografico di matrice politica che vorrebbe chiamare Una vita difficile.) Appena uscito dal carcere scopre immediatamente che il suo amico e collega Simonini, suo compagno d'idee, ha lasciato il posto al giornale per schierarsi dalla parte dei padroni.

Elena inizialmente lo sostiene, ma poi, anche per le esortazioni della propria madre, cerca di convincerlo a prendere una laurea ed a trasferirsi a Cantù-Cermenate, dove, con alcune raccomandazioni messe in moto dalla suocera, gli si procurerebbe un posto fisso presso un'importante azienda della provincia di Como. Silvio rifiuta sia di svolgere un lavoro estraneo al giornalismo sia di lasciare Roma, tuttavia prova ad accontettarla lo stesso tenendo un esame, ma con scarsi risultati; non reggendo la vergogna, la sera stessa si ubriaca, arrivando poi ad insultare Elena, rimproverandola di non averlo mai capito e dichiarandole di aver sempre provato per lei solo attrazione fisica. La donna, sconvolta, sparisce dalla vita di Silvio. Passano due anni e troviamo Silvio intento a vendere, dopo essersi visto rifiutare il manoscritto da tutte le case editrici, il suo romanzo come soggetto per il cinema, nel caso specifico a Cinecittà, dove cerca di proporlo con scarsissimo successo a registi e attori noti (qui compaiono Alessandro Blasetti, Silvana Mangano e Vittorio Gassman nel ruolo di loro stessi). Mentre viene allontanato bruscamente dal set, ha un incontro del tutto fortuito con il marchese amico di Elena già incontrato nel 1946, la sera del referendum. Dal marchese viene a sapere della nuova vita di Elena e Silvio, ancora innamorato della moglie, cerca di fare un ultimo tentativo di riconquistarla recandosi a Viareggio, ma Elena non solo non ha perdonato Silvio, ma ormai ha un altro uomo e non sembra disposta a rinunciare allo stile di vita agiato che ora conduce. A notte alta Silvio, disperato, sfoga la sua amarezza sputando sulle lussuose macchine che circolano nella cittadina toscana: pare che nella nuova Italia del boom economico non ci sia posto per lui e per i suoi ideali di giustizia sociale.

Molto tempo dopo (nel 1961), in Lombardia si svolge il funerale di Amalia, la madre di Elena: Silvio, con sorpresa di tutti, si presenta al volante di una lussuosa automobile, tanto che i presenti sembrano più interessati a guardare la vettura che a seguire il corteo funebre. Silvio prega Elena di perdonarlo ancora, affermando che ha trovato un posto fisso e ha messo da parte le sue idee politiche e le sue velleità di scrittore per cercare la stabilità e la sicurezza economica, come lei e sua madre avevano voluto. Elena si commuove rivedendo il mulino dove avevano passato giorni felici e decide di tornare con lui.

Il film si conclude con una festa organizzata dall'affarista Bracci, che ha assunto Silvio come segretario tuttofare. L'uomo, pur potendosi con il suo nuovo stipendio permettere lussi prima inconcepibili (Elena sfoggia una splendida pelliccia), è costretto a svolgere ogni tipo di mansione per conto del suo datore di lavoro: quest'ultimo non perde occasione di umiliarlo pubblicamente, finché per ridicolizzarlo davanti agli ospiti gli spruzza in faccia un intero sifone di acqua di Seltz. Silvio, non potendo sopportare quest'ultimo affronto, dà uno schiaffone a Bracci facendolo cadere in piscina: finale solo apparentemente lieto, considerando le inevitabili conseguenze di un gesto simile.




1962 : IL MIO AMICO BENITO regia di Giorgio Bianchi

Peppino Di Gennaro è un semplice impiegato che vorrebbe fare carriera ma senza successo. Quando un amico gli regala una foto presa durante la prima guerra mondiale che lo ritrae in guerra con Benito Mussolini, decide di approfittarne per farsi ricevere dal Duce, ma l'OVRA lo blocca ogni volta. Dopo numerosi tentativi riesce ad entrare nel suo ufficio, emozionato si siede alla scrivania di Mussolini e quando si accorge che c'è la sua stessa foto in cornice, se la mette al petto. Proprio in quel momento ascolta il Duce che dal balcone annuncia l'entrata in guerra dell'Italia; deluso e amareggiato, Peppino smonta la foto e macchia il proprio viso con una goccia di inchiostro. Se ne va mesto e ormai emancipato dalla follia collettiva.






1962: GLI ANNI RUGGENTI regia di Luigi Zampa

1937. Omero Battifiori è un giovane assicuratore che crede nel fascismo. Per ragioni di lavoro è inviato nel piccolo comune pugliese di Gioiavallata, dove viene scambiato per un gerarca del Partito Nazionale Fascista inviato da Roma a compiere un'ispezione politico-amministrativa. All'origine dell'equivoco sono la sua provenienza dalla capitale e una lettera ricevuta dal podestà Salvatore Acquamano, con la quale un suo parente della prefettura di Taranto lo metteva in guardia dall'arrivo di un funzionario del partito che intendeva compiere una visita in incognito.

I vertici locali del partito sono convinti che l'ispezione debba far luce sulle malefatte con cui si sono arricchiti a spese della finanza pubblica, operando soprusi a danno della povera gente. Cercano così di correre ai ripari, riservando al giovane assicuratore, che credono sia il funzionario del partito in incognito, un'accoglienza calorosa e servile, imbastendo così una commedia tanto complicata quanto, di fatto, inutile. Il dottor De Vincenzi, un medico antifascista, rivela infine a Omero la verità. Chiarito l'equivoco, rompe con lui la figlia del podestà, con cui nel frattempo Omero si stava fidanzando. Mentre arriva il gerarca vero, che dimostra di andare subito d'accordo con podestà e soci, Omero riparte, con una nuova consapevolezza sulla realtà del fascismo.

1963: UN TENTATIVO SENTIMENTALE regia di Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa

Carla e Dino, entrambi sposati e in crisi coniugale, si incontrano nella sala d'aspetto dell'Aeroporto di Fiumicino e passano il pomeriggio insieme nella casa di lui al mare, sulla duna costiera nei pressi del Circeo. Nel momento di lasciarsi, decidono per i futuri appuntamenti, che se uno dei due deciderà di non presentarsi, la loro storia sarà finita per sempre.

Nel frattempo Carla decide di lasciare il marito Giulio dopo 10 anni di matrimonio. Giulio non è contento della decisione ma parte ugualmente per New York dove lo attende un nuovo impegno lavorativo. Intanto Dino non si presenta all'appuntamento successivo, ma i due amanti si rincontrano per caso e riprendono il loro rapporto.

In quello che sarà il loro ultimo appuntamento nella casa al mare si presenta inattesa la moglie di Dino, Luciana, che in un drammatico finale inviterà i due a scegliere una nuova vita mettendosi insieme; ma Dino non sarà capace di prendere una decisione radicale, rimanendo in silenzio alle argomentazioni della moglie. A questo punto Carla, amareggiata e incredula, comprende che il loro rapporto non è mai stato per Dino una cosa veramente importante, e decide pertanto di andare via per sempre.




1965: LA BUGIARDA regia di Luigi Comencini

Maria è una bella ragazza romana piuttosto spregiudicata. In occasione del censimento della propria abitazione, nella quale vive con la madre, incontra Adriano, un nobile di età matura, che folgorato dalla sua bellezza inizia a corteggiarla, inizialmente nascondendo il fatto di essere già sposato.

Maria rimane colpita da Adriano, e tra i due inizia una relazione. Nel frattempo la madre di Maria, che vorrebbe veder la figlia ben sistemata, la spinge a fidanzarsi con Arturo, un giovane. Maria, dopo aver scoperto che Adriano è sposato, si fidanza con Arturo, ma mantiene la sua relazione clandestina con Adriano, iniziando a raccontare una serie di bugie alla madre ed all'ignaro fidanzato, e nascondendo ad Adriano del suo fidanzamento con Arturo.

Per potersi dividere tra i due amanti, Maria costruisce un castello di menzogne che culmina con il far credere ai due uomini che sta lavorando come hostess, prendendo in prestito l'identità di un'amica che effettivamente lavora in una compagnia aerea, così da poter giustificare ad entrambi gli uomini le proprie assenze.

Il castello di bugie di Maria crolla però quando l'amica cui aveva preso in prestito l'identità rimane vittima di un incidente aereo: i due uomini, angosciati per la sorte della loro Maria, nel vederla sana e salva scoprono il suo inganno, lasciandola sola. Anche l'amica ricompare sana e salva, essendosi trattato non di un vero incidente, ma di un atterraggio di fortuna.

Disperata per aver perso le sue relazioni sentimentali, Maria inscena un tentativo di suicidio, dichiarandosi pentita della propria condotta e inducendo a credere entrambi gli uomini che il suo cuore non è che di uno solo di loro due, e che l'altro non rappresenta niente per lei. La ragazza va prima da Adriano e poi da Arturo, raccontando ad entrambi la stessa storia. I due si ripromettono di non serbare rancore per la questione, ormai apparentemente risolta.

Allontanato ogni sospetto di adulterio, Maria riprende dunque a frequentare entrambi i suoi amanti, ma la cosa non funziona e quindi lei accetta la corte di un giovane vicino di casa.




1969 UNA SULL’ALTRA regia di Lucio Fulci

George Dummurrier è un giovane e ambizioso medico che, insieme al fratello Henry, gestisce una prestigiosa clinica sempre sull'orlo della bancarotta; infatti sulla struttura grava una pesante ipoteca e George, per trovare sponsor e finanziatori, non risparmia uscite sensazionalistiche con la stampa, come annunciare la prima operazione per il trapianto di cuore.

Neanche la vita coniugale di George è semplice: i rapporti con sua moglie Susan, gravemente malata d'asma, sono ai ferri corti e il medico preferisce passare del tempo con la sua amante Jane e lasciare Susan alle cura di un'infermiera privata.

Una notte Susan muore in seguito ad un grave attacco e George scopre di essere il beneficiario di una polizza sulla vita da un milione di dollari. Grazie a quei soldi riesce a sistemare i problemi finanziari della clinica ed inoltre, scomparsa la moglie, può finalmente dedicarsi totalmente a Jane.

Qualche tempo dopo, mentre è a cena fuori con Jane, George riceve una telefonata anonima che li suggerisce di visitare un locale notturno dove si esibisce una ballerina particolare. Recatosi nel night insieme a Jane i due fanno la conoscenza di Monica Weston spogliarellista del tutto uguale a Susan se non per il fatto di essere bionda e avere gli occhi verdi invece che castani.

George è comunque sospettoso di Monica e pensa che possa davvero essere sua moglie, quindi decide di incontrarla; mentre è a casa della ragazza, George nota un flaconcino di una medicina usata da Susan e inizia a fare domande sulla salute a Monica. Il dialogo viene interrotto dall'arrivo di un'amica della donna che le chiede di farsi ridare proprio quel flaconcino che le aveva prestato, in modo da far cadere qualunque dubbio a George sull'identità della ragazza.

Tuttavia la compagnia assicurativa in cui Susan aveva stipulato la polizza sospetta una truffa e grazie ad un suo investigatore scopre l'esistenza di Monica, e chiede alla polizia di aprire un'inchiesta. Il cadavere di Susan viene riesumato, e si scopre che la donna è morta per avvelenamento; Monica viene quindi interrogata dalla polizia, che perquisendo il suo appartamento trova un biglietto in cui sembra che la ragazza si sia allenata a falsificare la firma di Susan. Pressata dalla polizia Monica crolla e confessa di aver ricevuto 10 000 dollari da George per falsificare la polizza assicurativa di Susan: la prova è una busta piena di soldi nascosta nell'appartamento di Monica che reca le impronte digitali del medico.

Intanto George inizia a sospettare dell'infermiera lasciata con Susan la notte della morte della donna. Infatti, mentre è nello studio fotografico di Jane, l'uomo riconosce la donna in una delle modelle fotografate. Grazie a Larry, collega di Jane, scopre che la ragazza si chiama in realtà Elizabeth O'Neill e fa la spogliarellista nello stesso locale di Monica. La ragazza sembra però sparita nel nulla e dopo la scoperta delle impronte digitali di George sulla busta trovata a casa di Monica, il medico viene arrestato e condannato alla camera a gas.

Il giorno prima dell'esecuzione, George riceve la visita di suo fratello Henry. Protetto dall'insonorizzazione della stanza, privilegio lasciato ai condannati a morte, Henry confessa di aver architettato l'intero piano insieme a Susan, in realtà ancora viva. I due erano da tempo amanti ed entrambi covavano del risentimento per George: Henry perché il padre aveva lasciato la clinica solo al fratello, e Susan perché trascurata da lui.

Susan inizia così a fingere la sua malattia e a crearsi il personaggio di Monica Weston. La notte della tragedia viene uccisa Elizabeth, la spogliarellista ingaggiata da Susan e Henry per fingersi infermiera. Come unico erede di George, Henry eredita la clinica che grazie ai soldi della polizza non è più ipotecata ed è facilmente vendibile: con i soldi ricavati Henry e Susan fuggono in Francia lasciando George a morire.

L'uomo però non si arrende e confessa tutto al suo avvocato che chiede il riesame dell'impronta dentale del cadavere; purtroppo Henry aveva previsto tutto sostituendo l'impronta di Susan con quella di Elizabeth, e la condanna a morte di George viene confermata.

Mentre Henry e Susan sono a Parigi, vengono rintracciati da Benjamin Wormser, un vecchio amante che la donna si era fatta con l'identità di Monica. L'uomo, accecato dalla gelosia, spara e uccide i due amanti. La polizia francese comunica subito l'omicidio di due cittadini americani alle autorità statunitensi, e così l'esecuzione di George viene interrotta all'ultimo minuto.



1971: HOMO EROTICUS regia di Marco Vicario

Michele Cannaritta è un siciliano trasferitosi a Bergamo apparentemente in cerca di lavoro. In realtà è stato cacciato dall'isola per la sua insaziabile libido sessuale. Assunto come maggiordomo e autista dalla famiglia Lampugnani, il suo datore di lavoro lo fa visitare da un medico, che scopre la particolarità fisica di Michele: il triorchidismo.

La notizia si sparge a macchia d'olio in città, tra gli amici e i conoscenti dei coniugi Lampugnani. Michele può così soddisfare il suo appetito sessuale con una serie di signore della buona società bergamasca, non senza diversi problemi e tra l'imbarazzo di molti.

Stanca dei continui pettegolezzi e delle insinuazioni delle amiche, la signora Lampugnani licenzia Michele. L'uomo si trasferisce a casa di Carla, una delle sue amiche, ma non sarà il suo ultimo trasloco.




1972: NULLA TENENTI SENZA FAMIGLIA CERCANO AFFETTI regia di Vittorio Gassman

Agostino, un poveraccio sbandato, ha una fissazione: ritrovare la madre. Sarebbe facilmente preso in giro da persone senza scrupoli se su di lui non vegliasse Armando, anche lui spiantato ma meno sprovveduto. La conclusione è comunque triste per entrambi: Agostino finisce in un ospedale psichiatrico, Armando in prigione. Quando entrambi tornano in libertà, Armando riprende la sua vita errabonda, mentre Agostino tenta di integrarsi nella società che lo aveva sempre respinto.

Durante la guerra del Vietnam, un plotone di marines libera due prigionieri, Tom Thompson e Charlie Bukowski. Mentre il capitano Norman Hopper (John Saxon) tenta di tirarli fuori dalla fossa viene morso al braccio da Thompson. L'ufficiale si sveglia sul suo letto, sconvolto.




1980 APOCALYPSE DOMANI regia di Antonio Margheriti.

Anni dopo, negli Stati Uniti, Charlie Bukowski viene dimesso dall'ospedale psichiatrico. Telefona al capitano Hopper e gli dà un appuntamento. Il ragazzo, tuttavia, presenta segni di squilibrio e decide di barricarsi armato dentro un supermercato.




 1981 IL TURNO regia di Tonino Cervi

Stellina va sposa al vecchio don Diego nella speranza di poterne presto ereditare le sostanze e sposare l'amato ma squattrinato Pepé. Ma prima che giunga il suo turno, Pepé deve attendere che il secondo marito di Stellina, don Ciro, anch'egli sposato per interesse, muoia inaspettatamente.




1995/ 1996 PAZZA FAMIGLIA serie televisiva

Di ritorno da un viaggio all'estero, Leonardo trova la sua casa vuota. I figli Valeria (Alessandra Bellini) e Michele (Riccardo Salerno) e la moglie sembrano essersi dileguati nel nulla. L'unica traccia del passato è una videocassetta in cui la sua seconda moglie, Gianna (Alessandra Casella), ha inciso il suo addio. Parenti, amici e vicini di casa, tra cui Lara (Barbara Snellenburg), cominciano allora ad affollare la casa per aiutarlo, ma finiscono col complicargli la vita ancora di più.

Il suocero (interpretato da Paolo Panelli) vorrebbe tornare a vivere con Leo. I figli si fanno vivi con i loro problemi. I tentativi di ricomporre la sua famiglia vengono intralciati da equivoci e malintesi. Leo, oppresso dai tanti problemi, finisce in uno stato confusionale che lo porta addirittura al ricovero in una clinica. Tornato a casa, tenta di ricomporre i pezzi delle sue famiglie, ma ben presto il suo sogno si scontra inesorabilmente con la realtà. Leo riesce però ad affrontare il tutto con ottimismo e speranza...

Seconda stagione

Continuano le disavventure dell'architetto Leonardo Capasso (Enrico Montesano), che ha ormai fallito qualsiasi tentativo di riallacciare i legami con la seconda moglie (Alessandra Casella) e decide quindi di iniziare una nuova relazione sentimentale con una giovane moretta chiamata Giulia (Kay Rush). Il tutto mentre il figlio di Leo, Michele (ora interpretato da Fabrizio Cerusico, successivamente diventato un ginecologo specialista nella cura dell'infertilità), scopre che la propria fidanzata, originaria di Ponsacco, è rimasta incinta e programma di trasferirsi nella cittadina toscana. Ancora importante sarà per Leo l'apporto del suocero (Paolo Panelli).




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