2002 I CAVALLI DELLA LUNA

 

C’è un punto oscuro, nella storia che impariamo a scuola da ragazzi, un punto che ingloba secoli, di cui non restano che confusi ricordi di nomi astrusi, di invasioni barbariche che si succedono si si confondono come le onde del mare.

E’ il periodo che va dal crollo dell’impero romano a quei tempi oscuri e tristi che costituiscono l’alto medioevo. E’ in quest’epoca che Luigi Magni, cantore filmico di una Roma gloriosa, sontuosa e corrotta, irriverente come i sonetti del Belli, incentra il suo romanzo, in cui la sua città non è che un ammasso di macerie, preda di conquiste e saccheggi, e tutto intorno cresce una campagna selvaggia, dove si aggirano, eremiti e pastori. Monaci e le chimere di un mondo che fu. Affidando la narrazione a Settimio, un povero pastore ciociaro innamorato senza speranza della pastorella Drusilla, l’autore racconta i fatti e i luoghi dove si svolse la guerra tra Costantinopoli e gli invasori goti nel tentativo di riportare sotto il dominio bizantino Roma.

Ma come uno storico antico, non separa la verità fantastica da quella documentata, e così sotto gli occhi ingenui e stupiti del protagonista che nel suo vagare intanto invecchia, personaggi della mitologia classica e cristiana si affiancano ad altri storicamente attestati, centauri e sibille si alternano ad Imperatori e Filosofi come Giuliano l’Apostata, fautore di una rinascita impossibile, o Plotino e quello di Aristotele.

Anni e stagioni scorrono veloci, una vita quotidiana, precaria e sudata trascorre tra eventi bellici e intollerabili indigenze, mentre la cultura si preserva al futuro nel chiuso di laboriosi monasteri e questo non è che lo sfondo di una narrazione rapida e poetica, che ha il taglio vivace di una sequenza cinematografica e il fascino nostalgico di un tempo misterioso, sepolto nel ricordo di una distratta giovinezza.



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