1987 IL GENERALE scenografie e costumi di Lucia Mirisola
Ancora una pagina del
risorgimento, con un lavoro sulla figura di Garibaldi, dal titolo “IL GENERALE”
protagonista Franco Nero con Flavio Bucci, Maria Rosaria Omaggio e Kim Rossi
Stuart
FRANCO NERO: “SON GARIBALDI PER
ORGOGLIO”
“ Quando Garibaldi, l’eroe antico e giovane apparirà mercoledì 21 alle ore 20.3’0 su Rai Due nella prima delle quattro puntate (le altre andranno in onda il 22,28 e 29 Gennaio) del film per la tv “Il Generale” diretto da Luigi Magni ogni generazione metterà probabilmente a fuoco “la sua immagine” dell’eroe dei due mondi. Quella sera racconta Franco Cristaldi coproduttore con la Rai TV ( Rete Due) e con altri partner francesi, tedeschi, e spagnoli di questo kolossal costato 13 miliardi e 800 milioni di lire, anch’io sarò di fronte alla televisione e mi ricorderò dei miei trascorsi di partigiano nella brigata garibaldina e di qualche ingiallito ritratto del Garibaldi “bello e di gentile aspetto” attaccato ai muri delle case italiane dei nonni dei ragazzi che hanno poi scelto i poster di Che Guevara, Mao, Fidel Castro!” Dietro questo nostro grosso lavoro, dice Pio De Berti direttore di Rai Due : “C’era forse un desiderio segreto: riunire di fronte al piccolo schermo padri e figli, farli discutere sul Mito, sull’Uomo, sul Soldato, riproporre pagine della nostra storia. Il film “Il Generale” ricostruisce la vita di Garibaldi dall’impresa dei Mille all’ingresso come deputato nel primo parlamento italiano. In concomitanza con la programmazione delle puntate, la Eri lancerà diversi libri e, certo si intrecceranno ovunque dibattiti sulla verità storica della nostra trascrizione in immagini dell’eroe del nostro avventuroso risorgimento. Avevamo messo in preventivo anche questo quando abbiamo varato il progetto ormai realizzato e che per anni altri avevano tentato di mandare in porto” Appena terminata la proiezione in anteprima delle quattro puntate ricordi e aneddoti, considerazioni e puntualizzazioni si intrecciano nella platea del cinema Fiamma. Luigi Magni, il regista dichiara di aver letto con grande interesse la presentazione fatta dal “fan” di Garibaldi di Bettino Craxi, al libro sul “condottiero” e di con un filo di compiaciuto affetto: “ Per anni ho desiderato realizzare un film sull’avventuriero dell’ideale. Non ho quindi esitato quando mi è stata fatta la proposta e, subito, ho fatto scendere dai tanti monumenti sparsi in Italia “Il Generale” per farlo venire con me a Zagabria dove il 16 settembre del 1985 sono iniziate le riprese che si sono concluse il 20 Febbraio 1986” Piano piano, prima che prendano il via del critiche e consensi su questo grosso impegno televisivo europeo, che contrapporrà nei grandi mercati televisivi internazionali agli intrighi di Dallas e Dinasty l’alfiere del “partito d’azione” l’uomo temprato dalla dura esistenza sul mare, il ribelle alla servitù dei troni e degli altari, ogni attore presente, ogni produttore concorre a raccontare i “dietro le quinte” del film per la televisione tratto da un soggetto di Luigi Magni e Arrigo Petacco. Fanno capolino gli occhialini del Cavour di Erland, Josephson, il pizzetto di Vittorio Emanuele II ( l’attore francese Jacques Perrin) il Mazzini di “ Dio e il popolo” e “Pensiero d’Azione”, il Cialdini di Philippe Leroy alla guida dell’esercito piemontese, deciso ad impedire a Garibaldi di raggiungere Roma, l’Anita temeraria e appassionata di Laura Morante, la femminista antesignana Jessie White interpretata da Lara Naszinski. Tra battaglie, sommosse, fuori dal popolo, intrighi politici, leggende epiche, folle festanti, sventolii di bandiere tricolori, eserciti pittoreschi, borbonici tattici, ufficiali come Bixio, Bronzetti, Medici, il piccolo schermo cercherà di rendere a Giuseppe quel che è di Giuseppe.
“Ed io aggiunge Franco Nero,
l’attore, prescelto per la parte dell’eroe, mi prenderò la mia rivincita.
Perché per anni, quando mi sentivo un futuro ragioniere frustrato, andando a
scuola a Parma incontravo a Piazza Garibaldi lo sguardo del condottiero. Figlio
di un carabiniere, nato Giuseppe Sparanero a San Prospero nel 1941, io sognavo
guardandolo e trascinando la mia cartella sotto il suo annerito monumento un
futuro da eroe western o da cavaliere armato della spada di Lancillotto. Certo
allora non immaginavo che interpretare l’eroe delle mie impossibili evasioni
adolescenziali! Invece dissi “no” a Franco Rosi che nel 1970 mi propose per la
prima volta di diventare Giuseppe in camicia rossa in Colombia. Comincia ad
accarezzare il progetto una seconda volta quando Franco Cristaldi mi disse che
pensava a un Garibaldi diretto da Giacomo Battiato. Il progetto da allora
all’inizio delle riprese con Luigi Magni, ha subito molti mutamenti. Oggi sono
molto soddisfatto di questo mio impegno e, a chi obietterà che Garibaldi non
era alto ne aveva gli occhi azzurri, ma che soffriva di artrosi e privilegiava
del suo amore donne del popolo, io risponderò che non ho mai cercato nei libri
di storia e nelle cronache d’epoca l’immagine più autentica dell’Eroe dei Due Mondi”
Come si è preparato
all’interpretazione del personaggio?
“ Rileggendomi un libro di scuola
e studiando la sceneggiatura datami da Luigi Magni. Giorno dopo Giorno mi sono
legato a triplo filo al Garibaldi che voleva andare a ogni costo a Roma, al suo
orgoglio quando rifiutò di tendere la mano a Cavour, alla tenerezza con la
quale viveva in battaglia e in privato, il suo rapporto viscerale e severo con
i figli. Di Garibaldi si parla sempre in Italia tra oleografia e folclore, ma
io non so quanti realmente amino “quest’uomo di scintilla, capace di accedere
il cuore di mille volontari. Ebbene, io l’ho amato davvero interpretandolo e ho
ripercorso infantilmente, cercando di capire ogni giorno come uno studente
neofita, che cosa doveva essere stata per lui la grande, esaltante idea
dell’Unità d’Italia. Talvolta durante le riprese mi sono fermato a
chiacchierare sino a tarda notte con gli altri attori: Memè Perlini – Alexandre
Dumas – Sebastiano Nardone, Fra Pantaleo, Massimo Abate à- Re Franesco, Sergio
Nicolai Rattazzi. Si chiacchierava del nostro lavoro delle pagine di storia e
di politica che avevamo dimenticato o forse mai studiato e io spesso mi sono
chiesto: “Se avessi avuto vent’anni, allora mi sarei arruolato nei mille”
Secondo lei se lo chiederanno in
molti, giovani e vecchi, vedendo “Il Generale”?
“ Non lo so, ma certo nutro una
speranza: invece di dissertare dei miti western, degli indiani,
dell’aristocrazia anglosassone, del Generale Custer, degli Asburgo, dei poliziotti
armati americani, forse molti ragazzi proveranno autentica curiosità per la
nostra storia. Io ho viaggiato molto per lavoro in Colombia, in Nuovo Messico,
in Argentina, ovunque ho sentito parlare di Garibaldi. Credo di aver accettato
questo film anche per un senso autentico di orgoglio nazionale e mi dispiace
che non possa circolare nelle sale cinematografiche una versione adatta al
grande schermo, ma in questo senso non dispero. Sono convinto, infatti che se
il film in quattro parti per la televisione avrà successo forse se ne farà una
versione ridotta”
Luigi Magni ascolta l’attore con
quella ironia affettuosa che contraddistingue sempre il suo dialogo e il suo
lavoro. “Bravo Franco, dice con sincerità e senza troppi intellettualismi hai
spiegato nella sostanza l’entusiasmo che ci ha coinvolti in questa operazione.
Personalmente reputo “Il Generale” il mio film più serio e spettacolare sino a
oggi: ho sempre cercato nel mio cinema di fare andare a braccetto storia e
umanità, ma in questo caso il binomio ha assunto un significato particolare.
Perché sullo sfondo dell’arco storico che abbiamo scelto per l’intreccio ci
sono tanti personaggi diversi: donne appassionate e generose, malinconia e
false idee dei fatti di casa nostra, immagini scolastiche … No, non mi sono
proposto col Generale di dare risposte a tutte le domande e le speranze
disattese della rivoluzione italiana. Ma una cosa certo mi sono proposto mentre
la scenografa Lucia Mirisola faceva indossare a Nero il poncho e la camicia
rossa mentre in Jugoslavia ricostruivamo Caprera, i vicoli di Napoli e a Torino
ricoprivamo lo splendido Palazzo Carignano, l’animo piemontese più segreto e
legalitario: tracciare a tutto tondo il ritratto di un uomo di popolo
innamorato della vita semplice, avverso a qualsiasi forma di privilegio, ricco
di intuizioni maturate dalle esperienze pratiche. La storia va oggi per altre
strade e le percorse anche quando fu Cadorna a prendere Roma nel ’70 con le
truppe delle camicie azzurre e non rosse. Ma in Garibaldi c’è qualcosa del
sangue vivo della Storia e io spero che tutto ciò traspaia dal mio, dal nostro
film.”
Giovanna Grassi
(Corriere della Sera 17
Gennaio 1987)
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