1988 ' O RE scenografie e costumi di Lucia Mirisola
Conclusa la parentesi religiosa,
Magni torna a raccontare la storia, ricollegandosi a “Il Generale”, dove aveva
narrato i fatti che portarono all’annessione del Regno delle Due Sicilie
all’Italia, attraverso la spedizione Garibaldina, per proseguire il racconto
con la storia che vede protagonisti Giancarlo Giannini e Ornella Muti nei panni
di Francesco II di Borbone (Franceschiello) e di Maria Sofia d’Austria esuli a
Roma, ospiti di Papa Pio IX che li aveva accolti al palazzo del Quirinale,
sentendosi in debito di coscienza con Ferdinando II che lo aveva accolto esule
a Gaeta, durante la breve parentesi della Repubblica Romana del 1849. Arriva
così nelle sale ‘O Re film premiato con un Globo d’Oro a Giancarlo Giannini
come migliore attore protagonista – un David di Donatello a Carlo Croccolo come
migliore attore non protagonista nel ruolo di Rafaele – un David di Donatello e
un Nastro d’Argento a Lucia Mirisola come migliore costumista.
CHE FATICA FARE “ ‘O RE “
FRANCESCHIELLO SECONDO MAGNI
Che bello ‘O Re!. Che bravo Luigi
Magni! Sarà che l’approccio narrativo e lo scorcio storico un po’ eccentrico
propiziano subito l’interesse di ogni spettatore. Sarà anche l’azzeccata misura
tra melodramma e ironico su cui si impronta l’intero film coinvolge presto in
una commistione di eventi grandi e privatissimi sempre sospesi tra rendiconto e
reinvenzione fiabesca. E’ un fatto, comunque, che si assiste alla proiezione
con attenzione, oltrechè di grave peso politico civile, di crisi coniugale
domestica di sarcastica ma non mai ridicola sostanza. Si da da tempo quanto
Luigi Magni, sia sensibile ai temi, agli spunti narrativi legati alla Roma pre
o post risorgimento dell’ottocento (Nell’Anno del Signore, Tosca, In nome del
Papa Re) o di altre tormentate epoche storiche (Scipione detto anche
l’Africano, State Buoni se potete). Qui in questo nuovo film, il cineasta
romano torna appunto a perlustrare le zone d’ombra, i luoghi e gli eventi
marginali di una storia per lo meno raccontata male o secondo schemi
faziosamente manichei, intolleratamente denigratori verso i vinti, gli
sconfitti. Poiechè, va detto in “O Re” si parla, si favoleggia soprattutto di
Francesco II di Borbone, di sua moglie Maria Sofia di Baviera e della
targicomica odissea della loro caduta ad opera di Garibaldi e di Vittorio
Emanuele II, i quali avrebbero fatto dell’improbabile regno felice delle due
Sicilie, in definitiva una terra desolata. Il tutto evocato, filtrato
intensamente, puntigliosamente, attraverso l’elegante sofisticata dimensione di
una sorta di straziante psicodramma che vede dialettici protagonisti, da una
parte, il vituperato imbelle Franceschiello, rassegnato a consumare nella
bigotteria e nel rimpianto del tempo che fu le sue tristi giornate dell’esilio
romano.
E, dall’altra parte, la volitiva
indocile moglie Maria Sofia, smaniosa non soltanto di riconquistare il regno
perduto, ma ancor più di dare un legittimo erede alla corona dei Borboni. Tutto
intorno, quindi si muovono o semplicemente fanno da sfondo soldati e ufficiali
borbonici o piemontesi, patrioti e briganti, belle avventuriere saltimbanchi,
maschere e cornici animati sempre dalla più irruenta, ambigua teatralità
partenopea. La vicenda è semplice e complessa ad un tempo, tutta folta di
continue allusioni e rimandi a tante altre questioni di più problematico senso.
Dunque nel 1860, dopo l’annessione alla corona d’Italia del regno delle Due
Sicilie, Francesco II e la moglie Maria Sofia si macerano, si tormentano l’un
l’altro nello squallore delle forzate ristrettezze dell’esilio, vagheggiando il
ritorno di tempi migliori e la controversa nascita di un erede. Andrà a finire
tragicamente per i sogni più arrischiati dei due, ma anche in un ritrovata
complicità di affetti, di umana solidarietà tra gli sfortunati coniugi regali.
In tale e tanto patetismo Giancarlo Giannini, Ornella Muti e il ben ritrovato
Carlo Croccolo, nei ruoli maggiori, forniscono una prova superlativa di misura
e di rigore espressivi modulando sapientemente ironia, malinconica trepidazione
e amara consapevolezza delle variabili controcorrenti del mondo, della vira.
Per il resto, il dècor, prezioso
funzionale ritagliato in interni ed esterni, della chiaroscurale fotografia di
Franco Di Giacomo; le musiche raffinati pertinenti di Nicola Piovani (oltreché
le canzoni napoletane di grande fascino evocativo); le prestazioni ammirevoli
di tutti gli altri interpreti fanno di ‘O Re un’opera davvero compiuta,
pregevolissima. Naturalmente l’assunto storico politico del film è ampliamente
opinabile . Non è storia ne tanto meno verbo rivelato. E’ un racconto
filosofico, una favola. Un occasione da cogliere al volo.
Sauro Borelli
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