LA ROMA DI LUIGI MAGNI album del racconto dell'ultimo mezzo secolo del potere temprale

 

Luigi Magni, Gigi, per tutti, era un profondo conoscitore di Roma e della romanità. Dopo l’esordio alla regia con il film Faustina del 1968, inizia a scrivere un racconto per immagini degli ultimi cinquant’anni della storia del potere temporale dei Papi. Lo fa, mentre iniziava la contestazione giovanile, quando le donne iniziavano a rivendicare i propri diritti. Il primo capitolo di questa storia è Nell’Anno del Signore, film uscito nelle sale, il 24 Ottobre 1969, dove il maestro sceneggiatore di se stesso, parla di una Roma, soggiogata dalle vessazioni del potere costituito quello del Papa.

“IL GOVERNO A ROMA DI CHI E’?” DEI PRETI DI CHI A DA ESSE, i preti governavano, ma il popolo era costretto a tacere, l’unica voce del malcontento era la statua di Pasquino che attraverso i “pigrammi” che gli venivano affissi ai piedi, colpiva cardinali e lo stesso Pontefice.  Nel film il personaggio di Pasquino o meglio di chi sotto mentite spoglie gli dava la voce è CORNACCHIA un ciabattino finto analfabeta (“EMINENZA IL CALZOLARO IGNORANTE SA SCRIVE” CURIOSO ASSAI MA BONO A SAPESSE”) che introducendosi con la scusa del lavoro negli ambienti del potere carpiva senza destare sospetti notizie anche riservate. Cornacchia (Nino Manfredi) aveva una mezza tresca con GIUDITTA DE CASTRO (Claudia Cardinale) una Giudia che lavorava ufficialmente nella sua bottega. La condizione degli ebrei è un altro aspetto che Magni pone in luce nel film costretti a stare nel ghetto e a subire prediche coatte.



Una delle location de Nell'Anno del Signore a Castel S. Angelo 


Sullo sfondo la cospirazione contro il potere da parte della Carboneria. Leonida Montanari e Angelo Targhini, tentano di uccidere il sor Filippo Spada dopo che a Castel S.Angelo come dice Cornacchia: “HA FATTO IL FISCHIONE – ER MIMOSA – ER PAESANO INSOMMA SA CANTATA” Ma sfortunatamente Spada nonostante che “GLIANNO FANNO NASOLA CHE VA FINO GIU’ IN CANTINA” si salva e li accusa facendoli arrestare.  Giuditta segretamente innamorata dei due cerca invano di salvarli con l’aiuto anche se a malincuore di Cornacchia. Processati vengono mandati a morte dal Cardinale Rivarola (Ugo Tognazzi) “CONDANNATI ALL’ ESTREMO SACRIFICIO MEDIANTE IL TAGLIO DELLA TESTA” ORA NON RIDETE PIU". Splendida la colonna sonora di Armando Trovajoli. Qui il grande compositore romano, (ha firmato 350 colonne sonore) ha lasciato nel patrimonio della musica da film italiana lo straordinario TEMA DI GIUDITTA a ragion veduta il pezzo più bello da lui scritto trasposto anche per violino e suonato da Salvatore Accardo. Il racconto prosegue con IN NOME DEL POPOLO SOVRANO uscito nelle sale il 21 Dicembre del 1990 trent’anni fa. 


Piazza Mattei altra location per Nell'Anno del Signore


Qui il maestro parla della Repubblica Romana proclamata dopo la fuga a Gaeta di Pio IX in seguito all’assassinio di Pellegrino Rossi, nel film sono presenti delle figure che sono state protagoniste di quei fatti, come Padre Ugo Bassi dei Chierici Regolari di San Paolo detti i Barnabiti che cerca con qualsiasi mezzo di indurre il Papa ha rinunciare al potere temprale e di non lasciare Roma, ma Pio IX non lo ascolta anzi lungo il corridoio dei Musei Capitolini dove sono state girate le prime scene del film tenta in tutti i modi di evitarlo andando dritto (mentre si spoglia delle vesti pontificie e indossa quelle di un abate) verso la carrozza che lo attende nel cortile del Palazzo dei Conservatori sempre in campidoglio per lasciare Roma e andare esule nel Regno delle Due Sicilie ospite del sovrano borbonico Ferdinando II. Roma orami è senza governo e Armellini – Saffi e Mazzini proclamano la Repubblica Romana che sarà soffocata nel sangue dai Francesi decisi a rimettere il Papa sul trono. Sullo sfondo come sempre in tutti i film di Magni, le vicende di alcuni personaggi che fanno ben capire la vita quotidiana dell’epoca. 

Gli Arquati sono una famiglia di tradizione papalina, infatti servono il trono e l’altare nella Guardia Nobile. Eufemio (Massimo Wermuller) è sposato con Cristina (Elena Sofia Ricci) una giovane donna che vive male la sua permanenza in famiglia essendo di pensieri e di idee vicine alla Repubblica Romana e i Garibaldini che stanno arrivando a Roma per difenderla tanto che in segreto ricama un tricolore con il monogramma repubblicano. Il vecchio marchese interpretato da Alberto Sordi, legato come abbiamo detto alla tradizione poco tollera questa presenza, ordinando al figlio di riportare la moglie alla ragione, quando la sente cantare al pianoforte “SE IL PAPA E’ANDATO VIA” (il canto di liberazione dal potere temporale scritto da Mameli che perirà proprio nella battaglia del Gianicolo) Mentre nella cappella del Palazzo si recita il Rosario. “EUFEMIO ORDINA A TUA MOGLIE DI SMETTERLA CON QUESTA CANZONACCIA OSCENA” con queste parole il vecchio Marchese interrompe aprendo di botto la porta della stanza.

Ma la donna balza in piedi rivendicando la libertà di pensiero “ LA MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO E’ LIBERA. ARTICOLO SETTE DELLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA” ancora una volta torna la condizione delle donne e delle imposizioni del potere temporale. Eufemio cerca di farla ragionare senza imporsi CRISTI’ PER FAVORE. Ed ecco venire fuori come le donne durante quegli anni fossero trattate come oggetti anche nella nobiltà “LO VEDETE … LO VEDETE CHE VOR DI’ LA REPUBBLICA? E’ L’ANARCHIA …  LA RIVOLUZIONE DENTRO CASA … UN MARITO CHE NON CIA’ PIU’ NEMMENO ER CORAGGIO DE RIMPROVERA’ LA MOGLIE … IO, LA MIA, BENDETT’ ANIMA INDOVE RIPOSA, L’AMMAZZAVO DE BOTTE … Cristina lo controbatte “ INFATTI, C’E’ RIMASTA e il vecchio marchese quasi commosso ricorda come la donna subisse con devozione i maltrattamenti, questo a testimoniare il ruolo di sudditanza delle donne che anche se nobili dovevano stare a loro posto, praticamente mi perdonino le donne presenti servivano solo per fare figli, quando non li si facevano con le serve.

Nel frattempo a Roma le cose stavano cambiando, le chiese vengono requisite per dare alloggio agli sfollati si preparano barricate per arginare l’attacco francese. In queste sequenze è centrale la figura di ANGELO BRUNETTI conosciuto dai romani d’allora e di oggi come Ciceruacchio interpretato da Nino Manfredi. Il grande attore ciociaro da al personaggio quel bellissimo sapore romano e romanesco che lo rende quasi la figura predominante dell’intera opera, si contrappone al corso degli eventi GIOACCHINO BELLI che nella sua casa, preso dalla paura della repubblica ordina quasi agonizzante sul letto al figlio di distruggere i suoi sonetti, quando il figlio preoccupato si rivolge al Dottore : “ MA VERAMENTE, DOTTORE … MIO PADRE MUORE? Si sente rispondere SI.. DI PAURA … NON TI PREOCCUPARE … APPENA ENTRANO I FRANCESI GUARISCE ….HA DETTO CHE LA REPUBBLICA E’ UN SINTOMO PREMONITORE DI VICINISSIMO COMUNISMO … continua il figlio del Belli : “MA COME E’ POSSIBILE? Il dottore: E’ SUCCESSO PURE A SILVIO PELLICO … APPENA E’ SCOPPIATA LA RIVOLUZIONE A MILANO E’ DIVENTATO AUSTRICANTE … BRUTTA GENIA I LETTERATI NON TI FIDARE MAI! .... 


Via di Sant'Angelo in Pescheria dove sono state girate alcune scene de "Nell'Anno del Signore"


L’amore aspetto che non manca mai nella filmografia di Magni lo si trova nella storia clandestina tra Cristina e Giovanni Livraghi con i suoi stessi ideali di libertà di pensiero. Pensiero che nella nobiltà papalina non poteva essere espresso se no dal capo famiglia, quindi no certamente da Eufemio, che Cristina si vide portare a casa dal padre quando era ancora adolescente. Con l’ingresso dei Francesi a Roma le cose cambiano e i protagonisti di questa storia fuggono nel Nord per seguire Garibaldi. Eufemio capisce di aver avuto convinzioni errate e si arruola nell’esercito piemontese, mentre gli altri vengono fucilati ma Ciceruacchio pronuncia prima di morire un monologo che è l’essenza di tutto il film:

Dice come te chiami Angelo Brunetti eccellenza detto Ciceruacchio, gonfaloniere de campo marzio de professione carrettiere se sente da come parlo, dice, allora perché te impicciato te cose che non te riguardano, dico perché io so carrettiere e a tempo perso omo e l’omo se impiccia eccellenza di fatti ve Garibaldi e dice famo l’Italia ed io che fo nun impiccio io so romano eccellenza ma ha tempo perso so italiano è colpa? Dice si   mo è colpa esse italiano no dice lui è colpa perché tu hai difeso l’anarchia e la rivoluzione ma no signore eccellenza io ho difeso Roma il paese mio e le ce lo sa mejo de me. Ma come i francesi me pieno a cannonate ed io nun me impiccio non me riguarda, insomma eccellenza se annamo a stringne che avemo fatto de male , sta creatura manco a dillo ma io co fatto ho voluto bene a Roma. E be quando in qua l’amor de patria è diventato un delitto però se ne la legge vostra è un delitto voler bene al paese proprio allora io so corpevole anzi so reo confesso e mo offenderebbe pure se me rimandasse assorto. Per cui eccellenza spero che lei si sia appersuasa e così che me sembrate… oh ma me state a sentì spero che pure voi…. 

Siamo ora al terzo capitolo di questa storia IN NOME DEL PAPA RE uscito nelle sale il 3 Dicembre 1977. Siamo sempre a Roma ma a tre anni dalla breccia di Porta Pia, Colombo da Priverno (Nino Manfredi) detta al suo perpetuo Serafino la lettera con cui si vuole dimettere dal suo incarico di giudice della Sacra Consulta perché in crisi con la sua coscienza dopo la strage compiuta dagli zuavi pontifici al Lanificio Ajani in Trastevere: “DAVANTI AL MASSACRO COMPIUTO DAGLI ZUAVI PONTIFICI NEL LANIFICIO AIANI IN TRASTEVERE, LA’ DOVE I TUOI EROI DA PRESEPIO HANNO SCANNATO SEDICI ROMANI” tra questi Giuditta Tavani Arquati: “MA COME … L’HANNO SCANNATA COME ‘NA CAPRA  J’HANNO INFIERITO A BAIONETTATE SUL CADAVERE, OH! UNA DONNA DI QUARANTADUE ANNI, GRAVIDA, CHE TE VIE’ INCONTRO COL FIGLIOLETTO AL COLLO …  






L'iscrizione posta sotto il busto della Tavani Arquati a Trastevere



Il busto di Giuditta Tavani Arquati a Trastevere


Don Colombo, va in crisi perché questa ultima strage conferma che il governo del Papa, ha dimenticato la sua vera missione quella spirituale e con la Croce in mano “stacca capocce e accende roghi”. Mentre con Serafino (Carlo Bagno) riflette su queste cose si rende conto che orami il potere temporale ha le ore contate, ma gli piomba in casa Flaminia una nobile romana pregandolo di intercedere per la salvezza di Cesare Costa che tutti credevano amante della Contessa arrestato con Monti e Tognetti per la rappresaglia in seguito ai fatti di Trastevere con la bomba alla casera Serristori. Ma la verità è un'altra Cesare Costa era il figlio della contessa e del Monsignore frutto di una notte d’amore durante la guerra del 48. Il prelato va ancora di più in crisi, rinuncia alle dimissioni e cerca di salvare il figlio, adottando qualche stratagemma ci riesce. Ma gli altri due no. Nonostante la sua arringa difensiva in Tribunale non riesce a salvarli dalla ghigliottina sullo sfondo il potere dei Gesuiti che già da tempo erano al corrente di tutto.

Don Colombo, viene fatto prelevare dal Papa nero (il generale dei Gesuiti) che gli chiede di convincere il Papa a non firmare la grazia per Monti e Tognetti per avere la certezza della sua redenzione. Don Colombo non può tirarsi indietro. Ma mentre celebra la Messa e il Papa nero (Salvo Randone) si mette in fila per la comunione con un lapidario: “NO A VOI NO!” gliela nega. La vittoria del potere spirituale sul temporale. Il quarto capitolo esce il 30 Ottobre del 1980 stiamo parlando de “ARRIVANO I BERSAGLIERI” con protagonista assoluto UGO TOGNAZZI di cui ricordiamo quest’anno il 30 anniversario della scomparsa.

Siamo a Roma nella giornata del 20 Settembre 1870. I Bersaglieri di La Marmora sfondano a Porta Pia, Pio IX ordina agli eserciti di non resistere, ma nonostante questo qualcuno ci prova e rimane ferito un ufficiale zuavo DON ALFONSO D’ARAGONA interpretato da Vittorio Mezzogiorno che trova ospitalità e cure nella residenza di DON PROSPERO (Ugo Tognazzi) convinto della difesa del trono e dell’altare fino alla fine. Inizia qui un intreccio di vicende che hanno sullo sfondo la fine del potere di Pio IX. Emblematica la scena dove La Marmora interpretato da Mariano Regillo chiede la sciabola allo Zuavo che si rifiuta rinfacciando al piemontese le stragi compiute nel sud d’Italia per arrivare all’annessione del Regno delle Due Sicilie (che interesserà Magni in due lavori di cui parleremo se pur brevemente tra poco). Don  Prospero non sa che l’unica vittima della battaglia di Porta Pia è URBANO ( Richy Tognazzi) suo figlio. 

Quando un tenente dei bersaglieri mandato ad avvertirlo riesce a farlo dopo non poche visiscitudini il nobile viene colto da malore. In preda ad un attacco cardiaco, confessa di essere stato anche lui dall’altra parte e di aver comandato in gioventù un plotone del Piemonte Cavalleria, rimanendo deluso proprio dalle strage e dalle nefandezze compiute per raggiungere il sogno di un Italia unita: ““  E se capisce… mò ve riconciliate pure… è naturale. Avete fatto l’Italia? Bravi … avete fatto un bel capolavoro…. Io vedo già cò l’occhi del trapassato e la vedo brutta pè st’ Italietta appena nata …. è nata male. E vedo guerre, persecuzioni di razza, imperi da burla … Roma ve darà alla testa …. Scambierete i corvi pè l’aquile e farete un disastro dopo l’altro …. dateme retta, buzzurri, finchè state in tempo … tornatevene a casa … e pure voi, fori … Ve piace l’Italia? Andate in Italia … fori da casa mia. Quello della Breccia di Porta Pia sarà un tema che toccherà ancora sul finire della carriera. Ma in appendice al racconto che abbiamo ripercorso per somme linee ci sono due lavori importanti che completando la visione del RISORGIMENTO SECONDO LUIGI MAGNI e mi riferisco al Generale uscito per la televisione nel 1987 e O Re uscito nelle sale il 3 FEBBRAIO 1989. Magni lascia Roma e si sposta al sud.

Racconta per immagini la storia degli ultimi anni del glorioso regno delle sue sicile, ne Il Generale siamo tra il 1860 e il 1861 anno della proclamazione del Regno d’Italia senza Roma capitale. Si inizia con l’ingresso a Napoli di Garibaldi con un treno preso armi in pugno e termina con la sconfitta politica del Generale che dopo aver dato uno stato al regno sabaudo si trova confinato a Caprera a meditare sul suo sogno unitario che mai vedrà a compimento. Nel film compare anche la figura del figlio Menotti che invece ha terminato i suoi giorni a Roma e riposa a Carano  ai confini tra i comuni di Velletri e Aprilia. Invece ne O Re narra le vicende legate all’esilio di Francesco II di Borbone (Franceschiello) e di Maria Sofia d’Austria nello stato della Chiesa.

Protagonisti Giancarlo Giannini nel ruolo del sovrano ed Ornella Muti nel ruolo di Maria Sofia d’Austria, la sorella dell’imperatrice Sissi. Un susseguirsi di amare riflessioni e di tradimenti che decretarono la fine del Regno delle Due Sicilie e infransero il sogno Borbonico in Italia. Magni lascia dire alla regina Maria Sofia: “IMMAGINA SE L’ITALIA L’AVREMMO FATTA NOI” Il discorso si chiude dopo la parentesi de “La Carbonara” nel 2003 con La Notte di Pasquino. Siamo di nuovo a Roma nella notte tra il 19 e il 20 Settembre del 1870. Mentre gli italiani si apprestano ad attaccare a Porta Pia, nel ghetto viene rapito un bambino per essere battezzato coattamente  pratica molto in uso all’epoca. Nella ricerca del piccolo compare un ambiguo personaggio interpretato da Nino Manfredi che con vari stratagemmi riesce a risolvere la cosa, di notte accompagnato dal fido Toto (Fiorenzo Fiorentini) gira a dare voce alle statue parlanti di Roma.

Gli danno la caccia le forze di polizia ma riesce a lasciare stavolta su un acquasantiera l’ultimo pigramma diretto al Papa: “Santità le regalo un ombrello lei mi dirà santo nembo a che mi vale e se viene giù il temporale”. All’alba del 20 Settembre dopo aver svelato la sua vera identità quella di un cardinale si fa portare da Toto dal papa : “vado a far compagnia al Santo Padre per lui oggi è una brutta giornata”. Questo è stato il racconto che Magni, ha lasciato ai posteri, quello di una Roma che non era certo allegra e goliardica come quella presentata in altri film ambientati nello stesso periodo, ma una Roma sottoposta al potere e che non era libera neanche di pensare. Una Roma espressa in musica da Trovajoli che nei commenti musicali ai film di Magni ha scritto brani come il Tema di Giuditta o Nu Je da retta Roma che oggi sono patrimonio della tradizione e fatta rivivere attraverso le straordinarie scenografie e i costumi di Lucia Mirisola, che dopo una profonda e dettagliata ricerca storica è riuscita ad animare quelle immagini che ci arrivano dai secoli, dalle stampe del Pinelli e dagli acquerelli di Franz. Tutto questo lavoro è stato premiato con cinque David di Donatello e tre Nastri d’argento.  Tre statuette vinte dal maestro rispettivamente nel 1978 per la sceneggiatura de In nome del Papa Re, nel 1995 per la sceneggiatura di Nemici d’Infanzia e nel 2008 il David speciale. Due dalla signora Mirisola la prima nel 1989 per i costumi de ‘ O Re, la seconda nel 1991 per i costumi de In nome del Popolo Sovrano mentre i Nastri due nel 1978 la scenografia e i costumi de In nome del papa re e il terzo per i costumi de O Re.

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