RUGANTINO nota di Cielo Pessione Fabrizi
A Rugantino mi legano molti
ricordi. Era il 1962. Avevo tre anni ma ricordo l’aspetto smagliante del palco
del Sistina, i camerini corde/cipria/specchi e quell’aria di grande teatro che
permeava di sacro perfino il respiro. O almeno così io sentivo. Nonno in scena
negli azzimati panni del boja Mastro Titta.
Godevo a tutta quella romanità
colorata e sguaiata, impertinente e sostanziosa, le musiche e i canti
rimanevano dentro per giorni. Quel parlato comodo come la migliore scarpa, quel
romano graffiante e sincero che era tutt’uno con mio mio nonno tanto che,
atterrato a New York nel '64 per la tournée di Rugantino (in USA, Canada e
Argentina), ad un giornalista che gli chiedeva come avrebbe fatto in America se
non conosceva l'inglese lui rispose: "Io puro si fossi nato qua, sempre
romano avrei parlato”. Mio zio Alberto Nucci ricordava che al Mark Hellinger
Theatre ricevette un applauso in uscita di ben 5 minuti. E poi ancora
l’edizione del 1978, comicissimo con una parrucca sproporzionata. Trovajoli di
lui ricordava l’estrema duttilità canora e la commozione quando cantava “E’
bello ave ‘na donna dentro casa”. Ed è stato proprio con questa canzone che ha
salutato il pubblico nella sua ultima apparizione, nel 1987 (Gino Bramieri
Show). Non riuscì neanche a finire l’ultima strofa tanta era la commozione. Si
alzò con fatica dalla sedia in proscenio mentre benediva il pubblico e gli
lanciò il cuore prima di salutarlo con la mano, per sempre. Pochi anni prima
aveva perso mia nonna, Beatrice Rocchi, in arte Reginella, di Velletri, proprio
la città che ospita la Fondazione Museo
Luigi Magni e Lucia Mirisola. E questo sintetico cerchio di eventi ed affetti
così si chiude per introdurre il Rugantino di Luigi Magni. Peccato abbiano
condiviso insieme solo il set di Tosca. Ma attraverso lo scrivere l’uno e
l’interpretare l’altro mi piace immaginare che anche in questa opera, in
qualche modo abbiano collaborato assieme. Li accomunava un amore per Roma raro
e schietto perfino a quei tempi. Un amore sfrontato e paziente, candido e
visionario, potente e coraggioso. Nati entrambi nel cuore di Roma e cresciuti
là, in Campo de’ Fiori, sotto lo sguardo profondo della statua di Giordano
Bruno, sono stati interpreti appassionati dei valori umani e culturali della
città eterna, coltivando sguardo critico e pensiero autonomo.
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